Lavoro: si può essere in malattia per stanchezza?

Assentarsi dal proprio posto di lavoro per stanchezza si può: ecco in quali casi

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Alessandra Di Bartolomeo

Giornalista di economia

Giornalista esperta di risparmio, ha maturato una vasta esperienza nella divulgazione di questioni economiche.

La fatica può influenzare molto il lavoro e il benessere dei dipendenti. In un ambiente lavorativo competitivo e dinamico, è importante quindi capire quando prendersi una pausa per affrontare la stanchezza persistente.
La stanchezza cronica, che continua anche dopo il riposo notturno, è un segnale importante che indica la necessità di una pausa. Quando la fatica diventa troppo pesante e influisce sulla concentrazione, sul lavoro e sulla salute, è dunque essenziale concedersi del tempo per recuperare.
Ci sono diverse situazioni in cui è opportuno considerare un’assenza dal lavoro per affrontare la stanchezza. Consultare un medico per una valutazione e ottenere un certificato medico può garantire un adeguato trattamento e il tempo necessario per riposare e recuperare.
Quali sono quindi i casi in cui è opportuno prendere in considerazione un’assenza dal lavoro per affrontare la stanchezza?

Malattia per stanchezza è possibile?

La routine lavorativa, come detto, può portare a livelli significativi di affaticamento, stress e stanchezza, che è cruciale monitorare attentamente per evitare un accumulo eccessivo. Periodi di stress intenso, spesso causati da un carico di lavoro elevato, possono infatti causare danni considerevoli alla salute dei lavoratori.

Quando ci si trova in un periodo di stanchezza fisica e mentale, diventa quindi fondamentale sapere come recuperare al meglio le energie. In queste situazioni, i lavoratori hanno il diritto di prendere ferie o giorni di riposo. Tali giorni possono essere organizzati e distribuiti durante l’anno in base alle esigenze individuali e previo accordo con il datore di lavoro. Questo permette ai lavoratori di rigenerarsi e mantenere un sano equilibrio tra vita professionale e personale.

La stanchezza cronica

In un contesto in cui l’affaticamento e lo stress da lavoro possono diventare parte della routine, è fondamentale comprendere la differenza tra la stanchezza comune e la sindrome della stanchezza cronica. Mentre la stanchezza occasionale può essere gestita con il riposo adeguato, la sindrome della stanchezza cronica è una condizione medica seria che richiede attenzione e cura. Questo disturbo, che colpisce un significativo numero di individui in Italia, circa 300 mila, si caratterizza per una spossatezza persistente e difficile da alleviare nonostante gli sforzi per recuperare le energie.

In situazioni in cui la sindrome della stanchezza cronica è causata da un’elevata mole di lavoro, potrebbe essere concesso al lavoratore di prendere un’assenza dal lavoro per motivi di malattia. Tuttavia, ci sono alcune procedure da seguire. È importante avvisare il datore di lavoro con adeguato preavviso, sottoporsi a una visita medica da parte del proprio medico di base, assicurarsi che il medico trasmetta il certificato di malattia all’INPS e rimanere a disposizione presso il domicilio indicato, in attesa di eventuali visite di verifica da parte delle autorità competenti.

Il lavoratore può assentarsi dal lavoro anche nel caso in cui gli venga diagnosticata la sindrome da fatica cronica. Perché ciò avvenga, devono essere presenti 4 dei seguenti sintomi, per almeno 6 mesi:

  • debolezza in seguito ad attività fisica;
  • forti disturbi nella concentrazione;
  • faringite;
  • dolori diffusi a livello articolare e muscolare, ma con assenza di infiammazione e gonfiore;
  • stanchezza dopo il riposo;
  • dolori alle ghiandole cervicali, ascellari, linfonodali;
  • cefalea che si manifesta in modo diverso dal consueto.