Non sprechiamo questa crisi, presente e futuro secondo Mariana Mazzucato

Il libro dell'economista italiana Mariana Mazzucato parte dal Covid e si concentra sull'impatto economico, sociale e politico avuto, indicando la strada per ripartire nel mondo giusto

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Dallo tsunami economico causato dal Covid-19 abbiamo riportato gravi danni, evidenziando così la vulnerabilità del sistema capitalistico. Pertanto, sperare di semplicemente tornare alla normalità non è sufficiente; è essenziale sfruttare questa crisi per riconsiderare il nostro modello di sviluppo. Nel libro “Non sprechiamo questa crisi”, Mariana Mazzucato, docente presso l’University College London, indica la strada: gli Stati devono tornare ad essere i pilastri dell’interesse pubblico.

Ripartire dal Covid-19

I governi di tutto il mondo affrontano un’enorme sfida: devono implementare misure di sostegno al reddito dei cittadini e fornire aiuti alle aziende in difficoltà. Inoltre, è necessario rafforzare le prestazioni sanitarie dirette agli utenti e promuovere una collaborazione senza precedenti tra le nazioni, dalla ricerca e sviluppo dei vaccini alla gestione dei tamponi e del tracciamento dei contagi.

Purtroppo, negli ultimi cinquant’anni, molti paesi hanno seguito un messaggio politico prevalente secondo cui i governi non possono, e quindi non dovrebbero, essere coinvolti in governare attivamente. Questa mentalità ha spinto politici, dirigenti di imprese ed esperti a concentrarsi ossessivamente su misure statiche di efficienza per giustificare tagli alla spesa pubblica, privatizzazioni ed esternalizzazioni.

Questo atteggiamento ha portato a una riduzione dei mezzi a disposizione dei governi per affrontare la crisi attuale. Il Covid-19 ci ha insegnato che la capacità di uno Stato di gestire una crisi di tale portata dipende da quanto è stato investito nella capacità di governare, operare e gestire. In altre parole, è fondamentale creare e plasmare mercati che producano una crescita sostenibile e inclusiva, tenendo sempre presente l’interesse pubblico come obiettivo prioritario.

Nel capitolo introduttivo “La crisi del Covid-19 è un’occasione per cambiare il capitalismo,” Mariana Mazzucato ci fa notare che a partire dagli anni Ottanta, con le politiche di Reagan e Thatcher, e successivamente negli anni Novanta con Clinton e Blair, si è diffusa l’idea che gli Stati dovessero fare un passo indietro nell’economia e lasciare alle imprese il compito di guidare il sistema economico e creare ricchezza. Questa prospettiva ha minato l’immagine e il ruolo dello Stato, relegando il suo intervento nell’economia solo durante periodi di crisi acuta come l’attuale pandemia o quando si verificano cosiddetti “fallimenti di mercato”.

Tuttavia, se il ruolo lasciato agli Stati è solo quello di intervenire come una sorta di “ancora di salvataggio” in situazioni di emergenza, allora essi saranno sempre impreparati. Questo approccio ridimensiona la capacità dello Stato di avere un ruolo proattivo nella guida dell’economia e di contribuire attivamente al benessere della società. Mazzucato sostiene che gli Stati devono recuperare la loro centralità e responsabilità come attori attivi e lungimiranti nella costruzione di un’economia più resiliente e inclusiva.

La pandemia del Covid-19 ha messo in luce le carenze di questo approccio, evidenziando la necessità di riconsiderare il ruolo dello Stato nell’economia e di adottare politiche più robuste e proattive per affrontare le sfide attuali e future.

La crisi del capitalismo secondo Mariana Mazzucato

Nel secondo capitolo, “La triplice crisi del capitalismo” Mariana Mazzucato definisce i tre aspetti della crisi del capitalismo: sanitario, economico e climatico. L’autrice mette in guardia contro il pericolo di ripetere l’errore commesso dai politici durante la crisi del 2007/2008, quando si è inondato il sistema di liquidità senza controllare attentamente dove questa liquidità fosse destinata e si è avuto troppa fiducia nel sistema bancario, che ha spesso causato danni alle società nel corso della storia. In quel periodo, la liquidità non è stata utilizzata per investimenti utili a far crescere l’economia, ma è finita principalmente nel settore finanziario, aggravando ulteriormente la crisi.

Il Covid-19 ha rivelato i problemi della gig economy, mettendo in luce forme di sfruttamento ai limiti della schiavitù, come evidenziato anche dalla Procura della Repubblica di Milano e da libri come “Candido” curato da Guido Brera insieme al collettivo I diavoli. Inoltre, un altro grave errore è stato il perseguimento delle politiche di austerity da parte dei governi, che hanno trattato il debito pubblico come “il” problema principale. Questo ha indebolito le istituzioni pubbliche, incluso il sistema sanitario e quello scolastico, con esiti negativi evidenti: l’Italia ha registrato il maggior numero di morti per Covid-19 di tutta l’Unione Europea, indipendentemente da chi fosse al governo.

I prestiti alle imprese hanno aggravato la situazione: la finanziarizzazione delle aziende ha favorito l‘acquisto di azioni proprie per soddisfare gli azionisti, a scapito dei salari dei lavoratori, della formazione e degli investimenti in ricerca e sviluppo. Questo approccio ha contribuito a creare un’economia squilibrata e ha impedito lo sviluppo di un’economia sostenibile e inclusiva.