Non è solo la Russia a “esportare” la guerra fuori dai propri confini. Anche l’Ucraina lo fa, seppur per motivi molto diversi e con esiti decisamente più contenuti. Quella di Mosca è proiezione imperiale, mentre il principio strategico di Kiev è meramente anti-russo, cioè combattere il suo nemico esistenziale in tutti i modi possibili.
Uno di questi modi è schierarsi militarmente nei teatri africani in cui la Russia è attiva e presente. Gli ucraini, cioè, inviano una parte dei loro soldati a combattere i russi in Africa, nello specifico in Sudan. Una scelta che potrebbe apparire “folle”, vista l’estrema difficoltà in cui il Paese versa nella sua guerra nazionale contro Mosca, ma che sicuramente ha il concreto obiettivo di aprire (o, meglio, complicare) un altro fronte bellico per il nemico.
Cosa ci fanno i soldati ucraini in Africa
A confermare la presenza dei reparti speciali ucraini in terra africana è il Wall Street Journal, che in un’inchiesta recente ha confermato il ruolo attivo dei militari di Kiev nell’ambito della guerra civile del Sudan, al fianco dell’esercito regolare. E, dunque, contro i ribelli delle Forze di supporto rapido (Rsf) supportati, com’è ovvio, dalle compagnie paramilitari russe. Già a inizio 2024 a darne notizia era stato il Kyiv Post, che aveva pubblicato il video di quello che sembrava un interrogatorio in piena regola compiuto da ufficiali ucraini nei confronti di un miliziano russo, appartenente al celebre Gruppo Wagner. Ma perché i soldati ucraini sono arrivati fino in Africa per combattere i russi? Non ne avevano maggiore bisogno nel loro Paese?
Ormai l’abbiamo imparato, la realtà della guerra è assai complicata. Le “purghe” operate da Volodymyr Zelensky e il cambio dei vertici militari (sopra tutti il comandante dell’esercito Zaluzhny) e di arruolamento, uniti ai successi offensivi di Mosca nel Donetsk e al malcontento popolare per la mobilitazione forzata, hanno messo il presidente ucraino quasi con le spalle al muro. Sempre coadiuvato dai funzionari Nato e dalle intelligence occidentali, Kiev ha capito che “diversificare” il fronte è una tattica che potrebbe scalzare lo strapotere avversario. Da qui la decisione di colpire le regioni russe di confine Belgorod e Kursk con i droni (anche durante le elezioni presidenziali che confermeranno Vladimir Putin al potere) e di proseguire la guerra navale nel Mar Nero al largo della Crimea che, per il momento, vede Mosca in difficoltà. Un’ultima svolta tattica approvata dallo Stato maggiore ucraino riguarda per l’appunto l’invio di reparti speciali in Sudan, che risponde a un duplice obiettivo.
Il primo è quello di dare un “grattacapo” in più alla Russia, costringendola a spendere più risorse e a difendersi su un altro fronte già aperto, ma giudicato “sotto controllo” dal Cremlino. Il secondo è colpire la rete paramilitare di sodalizi con le milizie tribali e basi che la Russia ha messo su nel corso di decenni nel Paese africano, prendendo di mira quegli Africa Corps che proprio in Sudan hanno rimpiazzato i prima onnipresente mercenari Wagner. E che, dopo la morte del loro leader Yevgeny Prigozhin, sulla carta sono stati dissolti in altre formazioni paramilitari, ma che in realtà continuano a operare per “l’orchestra” protagonista della fallita marcia su Mosca del giugno 2023. I miliziani wagneriti sono infatti tuttora i maggiori alleati sul campo del generale sudanese Hemedti nella guerra civile scatenata contro la giunta militare che detiene il potere a Khartoum.
L’accordo tra Zelensky e il capo dell’esercito del Sudan
I primi report sulla presenza ucraina in Sudan risalgono addirittura al settembre 2023. All’epoca fui la CNN a riferire che ad attaccare i miliziani Wagner erano stati con ogni probabilità i reparti speciali di Kiev, proprio nei giorni in cui Mosca aveva assicurato ai ribelli sudanesi un notevole carico di armi. Si parlò subito dell’azione bellica di “militari non sudanesi” e della “responsabilità dei servizi segreti ucraini”. Questo perché in alcuni video gli analisi occidentali avevano scorto un modo di attaccare il nemico utilizzando i droni che è tipico degli ucraini, e cioè il lancio dei dispositivi direttamente sul bersaglio. Un frame del display del controller mostrava addirittura testo e interfaccia in lingua ucraina.
Due indizi non fanno una prova, ma insomma ci si avvicinano. E proprio il mese settembre 2023 ci offre un secondo indizio della presenza militare ucraina in Sudan: l’incontro tra Zelensky e il capo dell’esercito sudanese, Abdel Fattah al-Burhan, all’aeroporto irlandese di Shannon. “Abbiamo discusso delle nostre sfide comuni nell’ambito della sicurezza, vale a dire delle attività dei gruppi armati illegali finanziati dalla Russia”, aveva dichiarato senza mezzi termini il presidente ucraino. Che poi ha stretto un accordo con al-Burhan, bisognoso di assistenza militare mentre i suoi uomini si trovavano assediati dalle forze ribelli nella capitale del Paese durante l’estate. Perché il tenente generale sudanese ha chiesto aiuto militare proprio a un Paese impegnato in una guerra che non sta andando bene? Perché innanzitutto per uno “scambio di favori”: al-Burhan aveva fornito “in gran segreto” armi a Kiev poco dopo che l’invasione russa del febbraio 2022, come poi rivelato da funzionari militari ucraini e sudanesi. L’altro motivo principale riguarda proprio la contesa tra Kiev e Mosca: al-Burhan sapeva che Zelensky non si sarebbe lasciato sfuggire la possibilità di colpire e forse umiliare Mosca su un altro terreno di conflitto.
Perché il Sudan è importante per la Russia
Controllare con le armi, con l’economia e col soft power il Sudan è fondamentale per la Russia per tre ragioni principali:
- perché il Sudan rappresenta uno snodo privilegiato per il traffico di armi ed esseri umani;
- perché, dopo la deposizione di al-Bashir (sostenuto dal Cremlino), Hemedti ha consentito a Mosca l’accesso alle riserve minerarie di oro e altre materie prime di cui il Paese africano è ricco, in cambio di armi e addestramento militare tramite la Wagner;
- perché in Sudan il Cremlino ha di fatto ottenuto il controllo di Port Sudan, installando una base navale logistica della Marina russa, garantendo il solito supporto militare e la cooperazione economica.
Su quest’ultimo punto va tuttavia precisato che, come riferito da funzionari militari sudanesi, la ratifica e l’attivazione dell’accordo per Port Sudan avverranno soltanto dopo la formazione di un governo politico e di un Parlamento nel Paese. In altre parole: quando le Rsf vinceranno la guerra civile, con (o grazie a) l’aiuto della Russia.