La bella notizia è che anche i liberi professionisti e i lavoratori autonomi possono ottenere un mutuo. La brutta, è che per avere il via libera dalla banca la strada è più difficile rispetto ai dipendenti con regolare busta paga.
La difficoltà sta tutta nell’incertezza degli incassi, che possono variare molto nel corso dell’anno. A differenza del dipendente, infatti, il lavoratore autonomo non può dimostrare un reddito costante attraverso la busta paga. La banca, da parte sua, concedendo un mutuo si assumerebbe il rischio di prestare denaro che potrebbe non essere restituito. Quindi? Il punto di incontro si ha nel momento in cui chi richiede un prestito sia in possesso di determinati requisiti e abbia delle garanzie ulteriori rispetto ai soli profitti.
Vediamo, allora, quali sono innanzitutto le condizioni di base affinché un libero professionista possa accendere un mutuo e quali sono le garanzie esterne che devono essere presentate per ottenere il finanziamento.
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I requisiti che deve avere un libero professionista per ottenere un mutuo
Chiarito che lo scoglio principale per ottenere un mutuo dalle banche è dimostrare di essere finanziariamente affidabili, superando la condizione di incertezza dovuta ai possibili incassi altalenanti, esiste tutta una serie di requisiti basilari per poter richiedere un prestito.
Da una parte ci sono quelli anagrafici, ovvero:
- essere maggiorenni
- avere la cittadinanza italiana o, comunque, in uno dei Paesi dell’UE
- essere domiciliati in Italia.
Dall’altra è necessario dimostrare di avere le capacità economiche e reddituali per potersi accollare un mutuo, provando:
- di non avere debiti pendenti
- di poter contare su incassi frequenti e sufficienti
- di avere una liquidità di base pari almeno al 20% dell’importo del finanziamento richiesto.
Solamente se si possiedono i requisiti sopra elencati ci si potrà rivolgere a una banca oppure ad un istituito di credito con una certa sicurezza di poter ottenere il prestito.
Quali documenti deve presentare il lavoratore autonomo alla banca
I documenti iniziali richiesti dagli istituti di credito al libero professionista sono quelli anagrafici (carta d’identità, certificato di nascita, certificato di stato civile oppure estratto dell’atto di matrimonio) e quelli riguardanti l’immobile oggetto di compravendita (tipicamente la proposta di acquisto o il compromesso).
Ma è da tutta un’altra serie di informazioni che dipende la concessione del prestito, dalle quali emerge la situazione reddituale e patrimoniale del richiedente. La banca, infatti, richiederà di visionare e analizzare:
- il Modello Redditi PF degli ultimi due anni
- la copia dell’ultimo bilancio disponibile (nel caso di titolari di ditte individuali o soci) estratto dalla Camera di Commercio
- l’eventuale iscrizione a un ordine professionale.
La valutazione della banca, però, dipende non solo dalla documentazione sopra elencata, ma anche da altri elementi, come l’importo richiesto e, soprattutto, la presenza di garanzie accessorie e ulteriori ai profitti del professionista.
Mutui per i liberi professionisti, le garanzie esterne da fornire
Da un punto di vista strettamente finanziario, emergono immediatamente due differenze di trattamento tra lavoratori autonomi e percettori di busta paga (a svantaggio dei primi):
- il limite massimo concesso ai professionisti è pari all’80% del valore dell’immobile (al lordo di tasse e spese accessorie), mentre per i dipendenti può arrivare anche al 100% se ci si rivolge alle finanziarie
- in genere, la banca prevede per i lavoratori dipendenti un piano di ammortamento del mutuo in cui la rata mensile è in media del 30% dello stipendio; per quelli autonomi, la percentuale si assottiglia (in modo che la banca abbia maggior certezza sulla solvibilità dei singoli canoni) con la conseguenza negativa per il mutuatario di ottenere piani di rientro più lunghi e con un ammontare totale degli interessi maggiore.
A ciò si aggiunge un altro svantaggio per i lavoratori autonomi: non percependo neppure il TFR (Trattamento di Fine Rapporto), risultano ancor meno affidabili agli occhi degli istituti di credito, salvo che non vengano fornite delle garanzie supplementari.
La prima strada da battere è capire se, come liberi professionisti, si potrebbe avere diritto a garanzie accessorie fornite dagli ordini di riferimento. Se così non fosse si dovrebbe optare per altre soluzioni, come la fideiussione, in base alla quale un soggetto terzo (sia persona fisica che giuridica) si obbliga a versare il debito in caso di inadempimento del mutuatario.
Un’altra alternativa potrebbe essere la presenza di un cointestatario (non necessariamente un parente), che si assume in solido l’obbligazione nei confronti dell’istituto di credito.
Infine, si potrebbe ricorrere al Fondo Prima Casa, che concede una garanzia pubblica pari al 50% su un finanziamento di importo massimo di 250 mila euro, per l’acquisto della sola prima casa appunto. Va detto, però, che non tutti ne hanno diritto perché l’agevolazione riguarda esclusivamente:
- le giovani coppie coniugate o conviventi da almeno due anni
- i genitori single con figli minori conviventi
- gli inquilini di alloggi di proprietà degli IACP (Istituti Autonomi per le Case Popolari).
La strada appare ardua, dunque, per il lavoratore autonomo che vuole ottenere un mutuo, a meno che non si abbia già una liquidità considerevole. In mancanza, la chiave di volta è rappresentata dalla presenza di garanzie esterne sulle quali dover puntare per poter diventare proprietari di casa.