La morte di Alexei Navalny è ancora avvolta nel mistero, ma la mossa di Vladimir Putin di promuovere alcuni funzionari del carcere dov’è deceduto il dissidente fa parecchio rumore. Il leader del Cremlino, infatti, a tre giorni dalla morte del 47enne ha deciso di elargire delle promozioni ricche di interrogativi, per la stampa internazionale, nei confronti di alcuni funzionari della colonia russa in Siberia dove era detenuto Navalny. Una decisione, quella di Putin, che non è passata inosservata ai collaboratori del defunto oppositore che hanno subito puntato il dito contro il presidente russo con l’accusa di aver “premiato” gli uomini dopo la morte dello stesso Navalny.
Putin promuove i funzionari del carcere
A denunciare quanto avvenuto presso la colonia penale artica della regione autonoma di Yamalo-Nenets, in Siberia, è stato uno dei collaboratori di Navalny, Ivan Zhdanov. L’uomo, direttore della Fondazione anticorruzione, fondata dallo stesso Navalny, ha infatti svelato che alcuni dei funzionari del carcere hanno ricevuto delle promozioni proprio pochi giorni dopo la morte dell’oppositore.
A essere promossi, ha svelato Zhdanov, il vice capo dell’autorità carceraria Valery Boyarinev e il collega Alexander Rozin, nonché uno degli addetti al personale del carcere Alexander Fedorov, e il vice capo del dipartimento degli affari del servizio penitenziario federale, Dmitry Sharovatov.
Boyarinev sarebbe stato promosso a colonnello generale del Ministero degli Affari Interni, Rozin invece sarebbe stato promosso a tenente generale. Fedorov e Sharovatov, invece, sono stati promossi a maggiori generali.
“Questa deve essere intesa come un’aperta ricompensa di Putin per le torture”, ha detto Ivan Zhdanov su Telegram. Le cariche sono state ufficializzate tramite decreto presidenziale del Cremlino, pubblicato online poche ore dopo la morte di Navalny.
La battaglia di Yulia Navalnaya
Intanto gli interrogati sulla morte di Alexei Navalny sono numerosi, ma la certezza è che la morte del dissidente non farà fermare i suoi collaboratori più stretti. Tra questi c’è anche la moglie Yulia che si è subito portata in prima linea per richiamare tutti all’ordine dopo la morte del marito dal quale ha raccolto il testimone della protesta.
La donna, infatti, diventa di fatto l’oppositrice numero uno di Putin contro il quale, sin da subito, non ha avuto alcun timore di alzare la voce. Yulia Navalnaya, infatti, ha accusato il presidente russo di aver “ucciso” il marito col “nuovo Novichok di Putin”, un’allusione a un nuovo avvelenamento e all’agente nervino Novichok già usato per attentare alla vita di Navalny nel 2000.
Navalnaya ha ricordato anche le parole del marito in un lungo intervento su YouTube: “Non è una colpa fare poco, è una colpa non fare nulla, è una colpa lasciarsi spaventare”. Da qui l’invito a unirsi “per colpire in un colpo solo Putin, i suoi amici, i delinquenti con le spalline, i cortigiani e gli assassini che vogliono paralizzare il nostro Paese”.
“Putin ed i suoi uomini verranno puniti per quello che hanno fatto al nostro Paese, alla nostra famiglia e a mio marito” ha detto Yulia, promettendo a Putin l’opposizione massima, come aveva fatto in vita il marito. La donna, infatti, ha mandato un chiaro messaggio al presidente russo: “Continuerò il lavoro di Alexei e continuerò a lottare per il nostro Paese. Scopriremo certamente chi di preciso e in quale preciso modo ha eseguito il crimine, faremo i nomi e faremo vedere le facce”.