È morto Alexey Navalny il più grande oppositore del presidente russo Vladimir Putin. Attivista e blogger anti corruzione, Navalny aveva 47 anni ed era stato recentemente trasferito in un carcere remoto nel nord della Russia, oltre il Circolo polare artico.
Dopo anni di attivismo contro Putin, Navalny aveva rischiato la vita a causa di un avvelenamento escogitato dai servizi segreti russi. Salvato grazie al trasferimento in un ospedale tedesco, tornò in patria per essere quasi immediatamente arrestato. Secondo i media di Stato, avrebbe avuto un malore causato dal distacco di un coagulo di sangue.
Alexey Navalny è morto in carcere
Secondo quanto diffuso da un comunicato del servizio penitenziario russo, l’oppositore politico del presidente Putin Alexey Navalny è morto nel carcere di massima sicurezza IK-3, dove era stato trasferito nel dicembre scorso. Poco prima di questo spostamento si erano perse le tracce del 47enne per diverse settimane, tanto da far sospettare i suoi collaboratori che le sue condizioni di salute potessero essere già allora compromesse.
Il comunicato ufficiale dice che Navalny avrebbe avuto un malore poco dopo essersi alzato per una passeggiata. Il personale medico del carcere avrebbe chiamato un ambulanza ma ogni tentativo di rianimarlo sarebbe stato inutile. I media di stato controllati dal Governo russo, tra cui RT, hanno riportato che la causa della morte sarebbe il distaccamento di un coagulo di sangue.
Chi era il più grande oppositore di Putin
Navalny nasce in Russia nel 1976, e fino al 2011 è attivo nella politica russa in diversi partiti e movimenti di destra. Diventa però famoso a livello internazionale nel 2011, quando inizia a dimostrare tramite il suo blog alcuni casi di corruzione in Russia. Il suo metodo consiste nell’acquistare piccole quote di società gestite dallo Stato per ottenere informazioni sull’utilizzo effettivo del capitale di queste aziende.
In questo modo, Navalny riesce ad accumulare una serie di prove sulla gestione illecita di questi fondi. Le sue inchieste lo rendono uno dei punti di riferimento dell’opposizione contro il presidente autoritario della Russia Vladimir Putin, che in quegli anni sta consolidando il proprio potere. Nel 2014 si oppone all’annessione della Crimea da parte della Russia. Nel 2016 prova a candidarsi alle elezioni presidenziali contro Putin, ma la sua candidatura viene bloccata a causa di una condanna per appropriazione indebita. Amnesty International sostenne che i processi furono motivati dall’interesse politico di eliminare dalla competizione elettorale gli oppositori più popolari di Putin.
Navalny continua la sua opera di attivismo e opposizione in Russia fino a quando, nel 2020, mentre si trova su un volo diretto a Mosca e proveniente da Tomsk, comincia a manifestare segni di avvelenamento. Ricoverato nell’ospedale di Omsk, viene poi trasferito in condizioni critiche a Berlino grazie all’intervento della cancelliera tedesca Angela Merkel. Sopravvissuto, sarà lui stesso nei mesi successivi ad aiutare il sito di giornalismo investigativo Bellingcat a dimostrare che i suoi avvelenatori fossero agenti del FSB, servizio segreto russo erede del KGB.
Tornato in Russia nel 2021, viene immediatamente arrestato e poi condannato in varie sentenze successive a decine di anni di carcere. Anche in questo caso, le condanne sono ritenute politicamente motivate da associazioni e governi occidentali. Questi arresti causano in Russia proteste di massa e il Parlamento europeo assegna a Navalny il premio Sacharov per i diritti umani. Poco dopo il presidente russo Putin definirà l’attivista un terrorista.
Nell’autunno del 2023, dopo più di due anni di prigionia, i collaboratori di Navalny fanno sapere di aver completamente perso i contatti con lui e che l’attivista non risulta più nel carcere dove avrebbe dovuto essere detenuto. A dicembre il sistema carcerario russo comunica che l’oppositore di Putin si trova nel carcere di massima sicurezza IK-3, a 2mila chilometri dalla capitale Mosca.