Nel corso degli ultimi giorni, un emendamento al decreto legge del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) ha catalizzato l’attenzione e scatenato un acceso dibattito all’interno del panorama politico italiano, e non solo. L’emendamento in questione ha aperto la possibilità di coinvolgere associazioni “pro vita” (e contrarie all’aborto) nei consultori femminili, suscitando reazioni contrastanti e accese polemiche da parte delle opposizioni e delle associazioni che operano in ambito di diritti civili.
Il governo ha deciso di porre la questione di fiducia sul decreto Pnrr, così è arrivata la decisione favorevole e l’approvazione della Camera dei Deputati – con 185 voti favorevoli, 115 contrari e 4 astenuti – anche per emendamento, presentato da Lorenzo Malagola di Fratelli d’Italia (FdI), incluso nel pacchetto al voto. Ma esattamente, cosa dice? E cosa prevede?
Emendamento decreto PNRR: cosa dice esattamente sulle associazioni pro vita nei consultori
Come emerge dal resoconto stenografico dell’Assemblea della IX Legislatura, relativo alla Seduta n. 279 del 15 aprile 2024, durante la quale si è discusso appunto della conversione in legge del decreto PNRR, l’emendamento sulle associazioni pro vita nei consultori, con l’articolo 44-quinquies, introdotto durante l’esame referente, dice esattamente che le Regioni possono organizzare “i servizi consultoriali nell’ambito della Missione 6, componente 1, del PNRR e possono avvalersi, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, anche della collaborazione di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel campo del sostegno alla maternità”.
Inizialmente proposto da Malagola con un testo che prevedeva l’ingresso automatico di tali associazioni nei consultori, l’emendamento è stato successivamente riformulato durante l’esame del provvedimento nella commissione Bilancio della Camera. La nuova versione, quindi, ha stabilito che le regioni non siano obbligate a collaborare con queste associazioni, ma possano “avvalersi” del loro aiuto.
In sintesi, l’emendamento offre alle Regioni la possibilità di coinvolgere organizzazioni del terzo settore, che hanno esperienza nel campo del sostegno alla maternità e alla gravidanza nei servizi consultoriali, purché queste organizzazioni abbiano dimostrato esperienza in questo settore. E proprio tra questi rientrano le associazioni “pro vita”. Si tratta di fatto di una disposizione di legge che non impone esplicitamente il coinvolgimento, ma apre la strada alla collaborazione con questi, criticata soprattutto perché non definisce nel merito gli ambiti e i programmi di intervento che verrebbero portati avanti.
Cosa cambia rispetto a quanto previsto dalla Legge 104
Sebbene l’emendamento non menzioni esplicitamente le associazioni antiabortiste, è chiaro che esse sono il suo principale obiettivo. Questi soggetti del terzo settore possono essere coinvolti senza che ciò comporti nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica ma attraverso diverse modalità definite di volta in volta dall’ente regionale insieme alle associazioni. C’è, quindi, ampio margine di discrezionalità.
L’emendamento ha una grande valenza politica perché fino ad ora l’ingresso delle associazioni pro life nei consultori è vero che avveniva, ma principalmente a livello locale e a discrezione delle amministrazioni regionali. Questo intervento quindi rende la pratica ufficialmente riconosciuta, confermandola e legittimandola. Conferisce cioè una base normativa a livello nazionale per l’ingresso delle associazioni antiabortiste nei consultori.
Di fatto, l’articolo 2 della legge 194/78 fornisce già un quadro normativo per l’assistenza alle donne in stato di gravidanza nei consultori familiari, destinando soldi pubblici a servizi di sostegno che – in alcune regioni – sono stati usati per far entrare le associazioni pro life nei consultori. Quindi qual è la differenza? Quello che cambia con l’emendamento al decreto Pnrr, in sostanza, è la platea di associazioni con cui i consultori potrebbero collaborare, tra le quali sono incluse quelle che potrebbero avere un orientamento antiabortista, dato che basta che si presentino come associazioni che offrono consulenza e “sostegno alla maternità”.
In definitiva, se prima dell’emendamento, le associazioni pro life potevano entrare nei consultori attraverso una serie di meccanismi già previsti dalla legge 194/78 ma molto limitati, ora diventa più facile in quanto viene esplicitamente menzionata la possibilità per le regioni di avvalersene senza pesare. Questo amplia il campo delle associazioni che potrebbero essere coinvolte, dando alle regioni una maggiore flessibilità nell’autorizzare l’ingresso di associazioni pro life nei consultori, purché non ci siano “nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.
Qual è il ruolo dei consultori nell’interruzione di gravidanza
Generalmente i consultori offrono consulenza e supporto alle donne in merito alla loro salute riproduttiva e alle opzioni disponibili, compresa l’interruzione della gravidanza. Il loro ruolo è quello di fornire informazioni complete e imparziali sulle opzioni disponibili per le donne incinte, nonché sulla salute fisica e mentale, sui rischi e sui benefici, nonché sulle alternative disponibili a chi sta valutando se portare avanti o meno la gestazione.
Le donne che prendono in considerazione l’aborto possono inoltre ricevere supporto emotivo e psicologico dai professionisti dei consultori, oltre che informazioni per comprendere meglio i procedimenti legali eventualmente necessari per procedere. Possono anche assistere le donne nel prenotare appuntamenti e accedere a cure mediche appropriate.
Infine, dopo un aborto, i consultori possono offrire supporto continuativo alle donne, compreso il monitoraggio della salute fisica e mentale o l’accesso a servizi di sostegno a lungo termine, se necessario.
Il coinvolgimento delle associazioni pro vita nei consultori ha quindi sollevato preoccupazioni riguardo principalmente alla neutralità e all’accessibilità a questi servizi stessi, facendo luce soprattutto sui potenziali ed evidenti conflitti di interesse. Si tratta di enti che solitamente sostengono programmi anti-aborto, tali quindi da influenzare la consulenza e il supporto forniti alle donne incinte, ma in grado soprattutto di mettere in una posizione scomoda chi sta valutando questa opzione e non ha bisogno di consigli ma di assistenza, oltre che di una serie di informazioni imparziali e scientifiche.
Preoccupazioni e punti critici dell’emendamento
L’emendamento proposto che permetterebbe alle associazioni pro vita di operare nei consultori sta sollevando una serie di preoccupazioni e interrogativi in Italia, in particolare tra coloro che si battono per i diritti delle donne e la salute riproduttiva. In particolare, l’idea di coinvolgere organizzazioni con un chiaro orientamento anti-aborto nei consultori, luoghi in cui le donne cercano consulenza e supporto per decisioni importanti legate alla loro salute, solleva interrogativi fondamentali sulla neutralità e sull’imparzialità dei servizi offerti.
I consultori dovrebbero essere luoghi in cui le donne possono ricevere informazioni complete, accurate e imparziali sulle loro opzioni, compresa l’interruzione della gravidanza, senza essere influenzate da pensieri, pratiche o approcci di natura politica o religiosa. Inoltre, le donne potrebbero sentirsi disincentivate a cercare aiuto nei consultori se credono che le informazioni e il supporto offerti siano influenzati da pareri contrari all’aborto.
Una delle principali preoccupazioni è anche legata al rispetto dei diritti e la qualità complessiva dei servizi offerti. Le donne dovrebbero essere libere di prendere decisioni informate sulla loro salute riproduttiva, senza essere soggette a pressioni o giudizi e le associazioni pro vita potrebbero non avere la formazione o l’esperienza necessarie per fornire consulenza e supporto imparziali e appropriati, soprattutto perché con un chiaro orientamento anti-aborto. Per questo motivi c’è tanta preoccupazione sull’efficacia complessiva stessa dei servizi di salute.
C’è infine un’altra questione, l’emendamento che prevede il coinvolgimento delle associazioni pro vita nei consultori rispetto alla Missione 6 del PNRR sembra forzare l’assegnazione delle risorse finanziarie destinate a specifici interventi nel settore della salute. All’interno del PNRR, la Missione 6 è infatti dedicata alla salute e contiene interventi chiave per migliorare l’assistenza sanitaria territoriale, promuovere l’innovazione e la digitalizzazione nel settore sanitario. E la modifica al decreto, per tutte le ragioni esposte fino ad ora, si pone senza ombra di dubbio in contrasto con l’obiettivo principale, che è quello di migliorare l’accesso e la qualità dell’assistenza sanitaria territoriale.
Da qui i diversi interrogativi sulla trasparenza e sull’efficienza nell’assegnazione delle risorse finanziarie del PNRR, che – considerati tutti i problemi che il sistema sanitario nazionale italiano ha oggi – sembrano essere state deviate da interventi più urgenti e necessari nel settore della salute.
Posizioni a confronto e la reazione delle opposizioni
Il tema del coinvolgimento delle associazioni “pro vita” nei consultori femminili è particolarmente delicato e ha acceso i riflettori su questioni fondamentali relative alla salute riproduttiva, alla libertà delle donne e alla tutela dei diritti individuali. Il dibattito intorno a questo emendamento ha visto schierarsi posizioni diametralmente opposte.
Da un lato, ci sono coloro che sostengono il coinvolgimento delle associazioni “pro vita” nei consultori come un modo per garantire una pluralità di punti di vista e offrire alle donne un supporto più ampio e diversificato durante situazioni di gravidanza difficile. Dall’altro lato, le opposizioni hanno sollevato gravi preoccupazioni riguardo a quello che può essere considerato n attacco ai diritti delle donne e compromettere la loro autodeterminazione.
Movimento 5 Stelle (M5s) e Partito Democratico (PD), hanno espresso ferme condanne nei confronti di questo emendamento. Elly Schlein del PD ha dichiarato che il coinvolgimento delle associazioni “pro vita” nei consultori rappresenta un attacco pesante alla libertà delle donne e ha promesso un’opposizione decisa a questa politica del governo. Allo stesso modo, il M5s ha criticato aspramente questa decisione, definendola un ulteriore passo indietro per l’Italia e promettendo di opporsi fermamente a questa “politica oscurantista”.
Le polemiche non si sono limitate al territorio nazionale. Le critiche sono giunte anche dall’estero, con l’attuale ed ex ministra delle Pari opportunità della Spagna che hanno sollevato dubbi sull’inserimento delle realtà anti-abortiste nei consultori italiani.
Intanto, però, l’ordine del giorno dei 5 Stelle che intendeva escludere dai consultori chi è “ideologicamente orientato” contro l’aborto è stato bocciato e la fiducia al decreto è stata votata.