Carlo Rubbia: perché ha ricevuto il premio Nobel

Qual è stato il contributo al mondo della scienza dato da Carlo Rubbia, tale da meritare il premio Nobel per la fisica: cosa sono i bosoni W e Z

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Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Nato a Gorizia nel 1934, Carlo Rubbia è un celebre fisico, senatore a vita della Repubblica italiana da 2013. Il suo enorme lavoro è stato riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale nel 1984, quando ha vinto il premio Nobel per la fisica. Di seguito proviamo a spiegare quale sia stato, di fatto, il suo contributo alla ricerca.

Il Nobel a Carlo Rubbia

Nel corso degli anni ’50 decide di lasciarsi alle spalle l’Italia e trasferirsi negli Stati Uniti. Diventa poi ricercatore presso il CERN e in seguito professore ad Harvard. È il 1970, l’anno in cui accetta la cattedra, ma ciò non vuol dire che si è lasciato alle spalle le sue ricerche, tutt’altro.

In questo periodo matura l’idea per riuscire a rilevare i “bosoni intermedi”. Questi sono previsti dalla teoria elettrodebole di Glashow, Salam e Weinberg. Suggerisce così di tentare di trasformare l’SPS, un acceleratore esistente, in quello che viene definito un “collisionatore” di particelle e antiparticelle. Non è solo in queste sperimentazioni, avendo al suo fianco David Cline e Peter McIntire.

Ciò che avviene, semplificando il tutto, è lo scontro tra protoni e antiprotoni. Non la prima applicazione in tal campo, dal momento che la stessa idea era stata messa in pratica in Italia, a Frascati per la precisione, da Bruno Touschek.

Il gruppo di Carlo Rubbia, però, è riuscito a fronteggiare e risolvere il problema della produzione di antiprotoni, con relativo confinamento in un fascio ben concentrato. Il progetto, però, non sarebbe andato a buon fine senza la collaborazione di Simon van der Meer, che di fatto ne consente la realizzazione. Trascorrono dieci anni dalle prime teorizzazioni alle effettive collisioni.

Nel 1981 si passa all’atto pratico e nel 1983 Rubbia è già in grado di annunciare la scoperta dei bosoni vettoriali Z+, Z- e W0. Un risultato a dir poco eclatante, che porta alla consegna del premio Nobel per la fisica già l’anno dopo.

Cosa sono i bosoni W e Z

Per apprezzare l’impatto di tale ricerca e sperimentazione, è bene provare a capire cosa siano i bosoni W e Z. Per quanto possa essere comprensibile, si tratta di un gruppo di particelle elementari, con spin di 0 o 1. W e Z sono responsabili di una forza nota come “forza debole”, definita così perché non forte come la “forza forte”. Esistono due bosoni W, con cariche diverse, + e -, mentre i bosoni Z sono la loro antiparticella.

Ottenuto il Nobel, Carlo Rubbia ha preso parte alla realizzazione del LEP, nuovo acceleratore di grande rilevanza. A spiegare l’importanza del lavoro del fisico italiano ci ha pensato Emilio Picasso, fisico e compianto direttore della Scuola normale superiore di Pisa. In un suo ben noto virgolettato si legge come le ricerche di Rubbia abbiano aperto a nuove prospettive. Un’evidenza sottolineata anche da Espong della Reale Accademia delle Scienze di Svezia: “La scoperta di W e Z non è la conclusione, è l’inizio”.

Il LEP è stato in funzione per dieci anni e in questo lasso di tempo ha prodotto 17 milioni di Z e centinaia di migliaia di W. Tutto ciò ha permesso una migliore comprensione del Modello Standard della teoria elettrodebole, verificandone la validità.