Opzione donna, in migliaia senza pensione dopo le modifiche

Il Governo valuta il dietrofront sul meccanismo pensionistico ridotto dopo i paletti inseriti in Manovra, che hanno creato migliaia di "esodate"

Foto di Claudio Carollo

Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Sarebbero circa 20mila le lavoratrici lasciate in mezzo al guado e senza pensione per le limitazioni allo strumento Opzione donna, disposte dal Governo Meloni. La nuova schiera di “esodate” è formata da coloro che sono rimaste impigliate tra le maglie ristrette del trattamento previdenziale che fino all’anno scorso permetteva loro di uscire dal lavoro a 58 o 59 anni con 35 anni di contributi. Una possibilità non più percorribile per molte donne a causa dei nuovi paletti inseriti nella Legge di Bilancio.

Opzione donna, in migliaia senza pensione dopo le modifiche: lo scenario

Secondo quanto prevedono le nuove regole per accedere a Opzione donna a 59 o 58 anni è necessario avere rispettivamente uno o due figli ed essere disabile al 74%, oppure dimostrare di accudire in casa un familiare da almeno sei mesi. O ancora essere stata licenziata o dipendente di un’azienda in crisi con tavolo aperto al ministero delle Imprese, unico caso, quest’ultimo, in cui una lavoratrice può andare in pensione a 58 anni anche senza prole. In tutti gli altri, il meccanismo di Opzione donna prevede l’uscita dal lavoro a 60 anni.

Uno scenario che per le stime del Governo prevede una riduzione della platea interessata a solo 2.900 lavoratrici dalle 23.812 del 2022 o le 20.681 del 2021, come comunicato dall’Inps nelle scorse ore.

L’Ente di previdenza ha rilevato che, se le pensioni di vecchiaia delle donne sono già del 30% più basse rispetto a quelle degli uomini (in media 754 euro medi contro 1.440 euro) ancora peggiore è il divario sugli assegni di Opzione donna, ricalcolati col contributivo e dunque ridotti: oltre metà dei trattamenti del 2022 vale meno di 500 euro al mese e l’89% meno di mille euro.

Opzione donna, in migliaia senza pensione dopo le modifiche: le proteste

“Hanno fatto cassa con Opzione donna, senza spiegarci perché, pur sapendo che si tratta di un anticipo che le donne si pagano da sole, rinunciando fino a un terzo dell’assegno con il ricalcolo contributivo”, ha detto a Repubblica Orietta Armiliato, fondatrice del Comitato “Opzione Donna Social” che conta 11mila iscritte.

“La ministra del Lavoro Calderone ha promesso che ne avrebbe parlato in Consiglio dei ministri, dopo la nostra protesta. Le chiediamo che ci riceva quanto prima perché il nostro sistema previdenziale non ha misure a favore delle donne – ha aggiunto – E l’unica che c’era, seppur penalizzante, è come se fosse stata abolita”.

Le “esodate” scenderanno nuovamente in piazza l’8 febbraio per chiedere di ripristinare i vecchi criteri dello strumento pensionistico, ma intanto continuano a mantenere aperto il canale con il sottosegretario leghista al Lavoro Claudio Durigon che ha la delega alle pensioni, il quale ha assicurato che “il capitolo non è chiuso, ci stiamo lavorando con la ministra del Lavoro Marina Calderone“.

“La volontà c’è ed è quella di ripristinare la norma com’era – ha dichiarato a Repubblica – Ma stiamo cercando le risorse. E speriamo di trovare una soluzione entro l’8 febbraio. Non nel Milleproroghe, piuttosto nel decreto Lavoro che stiamo preparando”.

L’ipotesi emersa nelle ultime ore prevederebbe un dietrofront dell’Esecutivo verso la versione precedente di Opzione donna a metà 2023, ma rimane lo scoglio delle risorse: il Governo Meloni ha stanziato per il trattamento pensionistico 21 milioni di euro per il primo anno e 58 per il secondo, contro i 111 e 317 milioni destinati da Mario Draghi.