Pensioni, giovani poveri e penalizzati. Come e quando usciranno dal lavoro: le simulazioni

Sulla pensione anticipata i giovani possono metterci una pietra sopra: il ritardo nell'ingresso del mercato del lavoro, gli stipendi bassi e i contratti atipici allontanano l'età pensionabile. Pesa, accusa Cgil, anche la riforma previdenziale del governo Meloni

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Giovani e pensione, in Italia, sembrano essere diventati due concetti autoescludenti: i giovani andranno in pensione con un assegno risicato e dopo lunghi anni passati a barcamenarsi fra precariato e stipendi bassi. L’ultimo rapporto dell’Ufficio previdenza della Cgil traccia un affresco a tinte fosche. E il governo Meloni, accusa il sindacato, ha peggiorato la situazione.

Salari e pensioni: crescita diseguale

La Cgil evidenzia che secondo i dati Istat i salari nel biennio sono cresciuti del +4,4%. Ma nello stesso periodo la soglia minima per l’accesso alla pensione nel sistema contributivo è cresciuta del +13,5%, segnando dunque una differenza del +9,1%. Questo, tra le altre cose, “si traduce in una perdita secca sia di potere di acquisto“, sottolinea Ezio Cigna, responsabile Previdenza della Confederazione.

Poi l’affondo contro il governo Meloni che, puntualizza Cigna, “ha deciso di portare il requisito di accesso alla pensione anticipata con 64 anni di età e almeno 20 di contributi, a 3 volte l’importo dell’assegno sociale“. Ma dall’1 gennaio 2024 i requisiti sono cambiati: “Se nel 2022 bastavano 1.309,42 euro per accedere al pensionamento anticipato, adesso ne serviranno 1.603,23“. Si tratta di una notevole differenza, pari a +293,81 euro (+22,4%).

Per andare in pari e compensare tale aumento di +293,81 euro, Cgil stima che “sarebbero necessari 74.000 euro di contributi” e “per accantonare tale importo di contributi bisognerebbe avere retribuzioni per 224.500 euro“.

Pensioni, simulazioni in base allo stipendio

Cgil fa alcune simulazioni per spiegare la situazione. Si prenda il caso di un cosiddetto “lavoratore povero”, cioè di una persona che ha un lavoro, magari anche a tempo indeterminato, ma che percepisce uno stipendio basso.

Una donna delle pulizie che abbia una retribuzione lorda di 600 euro al mese guadagna 7.800 su base annua, maturando una pensione di 440 euro lorde. Per questa persona sarà impossibile accedere alla pensione anticipata a 64 anni.
Ma non potrà neppure accedere alla pensione di vecchiaia a 67 anni e 20 anni di contribuzione, dal momento che non raggiunge la soglia prevista nell’ultima legge di Bilancio (534 euro).
Questa persona non potrà nemmeno accedere al pensionamento anticipato per l’anzianità contributiva (41 anni e 10 mesi) perché ha una retribuzione inferiore a 12.451 euro, che rappresenta il minimale annuo.
Questa lavoratrice andrà in pensione a 71 anni, sempre che nel frattempo non venga rivisto al rialzo il requisito anagrafico.

Ora si prenda il caso di un lavoratore a stipendio alto, magari un professionista o un quadro che per 20 anni ha guadagnato 60.000 euro annui. Costui ha accantonato una pensione a 64 anni pari a 1.620 euro e quindi può andare in pensione anticipata.

Giovani e pensione

In futuro l’accesso alla pensione anticipata per i giovani sarà una chimera: precariato e stipendi bassi renderanno virtualmente impossibile andare in pensione prima del tempo.

“I giovani rischiano di essere i più penalizzati – evidenzia la segretaria confederale della Cgil Lara Ghiglione – non solo perché gli under 35 fanno più fatica ad entrare nel mercato del lavoro e quando lo fanno hanno contratti atipici o a tempo determinato con retribuzioni basse, ma anche sul fronte previdenziale pagheranno un prezzo più alto. Infatti per tutti coloro che hanno iniziato a versare i contributi dopo il 1 gennaio 1996 il nostro sistema previdenziale contributivo prevede un accesso al pensionamento anticipato solo laddove si perfezioni un importo minimo di pensione, e il combinato disposto dell’andamento di crescita dei salari, che nel nostro Paese aumentano sempre meno, e delle scelte dell’Esecutivo sull’innalzamento dell’asticella per la pensione anticipata a 3 volte l’importo dell’assegno sociale, ha come effetto di rendere quest’ultima praticamente impossibile per i giovani“.

Ma il futuro potrebbe riservare sorprese ancora peggiori: la tenuta del sistema pensionistico è a rischio, considerato l’inverno demografico attualmente sperimentato dall’Italia: oggi per ogni bambino ci sono 5 anziani.

Governo Meloni e riforma delle pensioni

La dirigente Cgil boccia senza appello l’operato del governo in tema di lavoro e pensioni: “È incredibile come questo Governo, nonostante slogan e promesse, sia riuscito a penalizzare tutte e tutti: anche i giovani, come le donne, sono poveri al lavoro e saranno sempre più poveri in pensione, e di fatto per loro sarà impossibile accedere a quella anticipata”.

Le donne, in particolare, sono la categoria maggiormente penalizzata: secondo i dati Inps oggi le donne hanno una pensione più bassa del 30% rispetto agli uomini.