I pensionati italiani hanno una data cui guardare con grande interesse, ovvero il prossimo 15 settembre. Proprio in quella data, infatti, è prevista la scadenza ultima per la ricostituzione della pensione resa necessaria dalla mancata comunicazione dei redditi del nucleo familiare da parte del titolare della prestazione.
Il rischio, per chi non dovesse adempiere ai propri obblighi comunicati all’Inps, è la revoca definitiva delle prestazioni pensionistiche. Tale misura, tuttavia, non interessa tutti i pensionati, ma solo alcune specifiche categorie.
Rischio revoca della pensione dal 15 settembre
Per comprendere chi rischia di vedersi revocata la pensione dal 15 settembre è necessario partire dal meccanismo che regola la ricostituzione per sospensione.
Per alcuni pensionati il pagamento delle somme da parte dell’Inps è collegato ai redditi del nucleo familiare del titolare della prestazione. Questi, infatti, devono essere comunicati nei tempi stabiliti all’Istituto nazionale di previdenza sociale, per evitare di incappare nella sospensione della pensione prevista dall’art. 35 comma 10 bis del DL numero 207 del 2008 (diventato poi Legge dello Stato numero 14 del 2009). Chi disattende gli obblighi comunicativi, subisce quindi la sospensione totale o parziale della propria pensione.
Per risolvere la situazione in precedenza descritta, i pensionati devono ricorrere alla ricostituzione della pensione presentando regolare domanda in cui andranno indicati i redditi dal 2020 al 2024 (questi ultimi naturalmente presunti). Per adempiere a tale pratica correttiva, i pensionati hanno a disposizione 60 giorni dalla scadenza pregressa. L’Istituto, da parte sua, in caso di risoluzione della controversia, provvede a ripristinare la prestazione totale e gli arretrati a partire dal mese successivo alla comunicazione corretta.
Vi è, tuttavia, un termine ultimo oltre il quale i pensionati cui è stata sospesa l’erogazione delle somme non possono andare, ovvero il 15 settembre di ogni anno. Superando questa data, infatti, la mancata comunicazione dei dati reddituali impone la revoca della prestazione.
I pensionati a rischio revoca
Come si diceva in precedenza, la data di scadenza per le comunicazione all’Inps del 15 settembre 2024 non interessa tutti i pensionati, ma solo quelli che hanno l’obbligo di riferire i propri redditi all’Istituto. Sono, quindi, esclusi tutti colori che presentano regolarmente la propria dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate, in quanto, in questo caso, l’Inps ha pieno accesso alle banche dati del Fisco. Volendo fare qualche esempio di pensionati chiamati a comunicare direttamente all’Inps la propria situazione reddituale troviamo:
- coloro che percepiscono pensioni integrate al minimo o che hanno pensioni collegate ai redditi. In tal caso è necessario che i soggetti interessati presentino all’Inps il modello RED;
- coloro che ricevono delle prestazioni pensionistiche legate all’invalidità. Tali soggetti devono presentare il modello AC;
- coloro che ricevono l’assegno sociale, la pensione sociale o l’assegno sociale sostitutivo, devono compilare il modello ACCAS/PS in caso di eventuali periodi di soggiorno fuori dal territorio italiano e lo stato di ricovero.
La revoca della pensione per mancata comunicazione
Volendo provare a sintetizzare quanto fin detto, le categorie di pensionati che non sono chiamate a presentare la dichiarazione dei redditi all’Agenzia delle Entrate devono provvedere a informare l’Inps della situazione reddituale del proprio nucleo familiare.
Il termine per farlo è fissato al 28 febbraio di ogni anno, ma ai pensionati viene comunque concessa la possibilità di risolvere la propria situazione con la ricostituzione della pensione. Se tale ulteriore pratica non viene svolta entro il 15 settembre di ogni anno, o comunque entro 60 giorni dalla sospensione dell’Inps, scatta la revoca delle prestazioni collegate al reddito nell’anno successivo a quello in cui la dichiarazione dei redditi avrebbe dovuto essere resa.