Pensioni, la Lega rilancia Quota 41 per tutti: probabile arrivo nel 2025, i nuovi requisiti

Secondo Claudio Durigon ci sono i requisiti per una riforma previdenziale. La chiave sarebbe il ricalcolo contributivo degli assegni

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Cavallo di battaglia della Lega è la creazione di una nuova riforma pensionistica, con l’obiettivo di accantonare la discussa riforma Fornero. Per questo, il partito sta rilanciando l’estensione di Quota 41, il meccanismo che consentirebbe ai lavoratori di accedere alla pensione dopo aver accumulato 41 anni di contributi, indipendentemente dall’età.

Ne ha parlato Claudio Durigon, sottosegretario al Lavoro e figura di spicco del partito, che ha proposto di includere questa misura nella prossima legge di bilancio.

Perchè ora sarebbe possibile

Di Quota 41 se n’era già parlato ad inizio anno con l’obiettivo di introdurla entro la fine della legislatura nel 2027, ma la cosa non aveva avuto un proseguo. Ora non solo se ne ritorna a parlare, ma si sta pensando di fissare il traguardo al 2025. “Studieremo bene tutte le fasi per far entrare la proposta nella legge di bilancio per il prossimo anno – afferma Durigon – Siccome ormai il sistema contributivo è predominante sul sistema retributivo Quota 41 è anche sostenibile a livello finanziario”.

Quello che aveva sempre frenato l’estensione di Quota 41 era appunto la sua sostenibilità finanziaria: secondo una simulazione dell’Inps nel 2022, la riforma sarebbe costata oltre 4 miliardi nel primo anno per arrivare a più di 9 miliardi alla fine di un decennio.

Cos’è che la renderebbe ora sostenibile? Secondo Durigon, il “trucco” è il calcolo contributivo. Questo sistema determina l’importo della pensione in base alla quantità di contributi versati, anziché agli ultimi stipendi percepiti come avveniva con il sistema retributivo. Con il sistema contributivo, l’assegno pensionistico risulterà notevolmente inferiore. La proposta sarebbe quindi quella di adottare Quota 41, ma coloro che scelgono questa opzione dovrebbero accettare una pensione ridotta.

Cos’è Quota 41 e come potrebbe diventare in futuro

Oggi, Quota 41 è indirizzata a specifiche categorie di lavoratori precoci, coloro che a 19 anni avevano già accumulato 12 mesi di contributi. Ma per accedere alla Quota 41 bisogna soddisfare ulteriori requisiti come appartenere a una delle categorie di lavoratori vulnerabili, che vanno dai disoccupati agli invalidi, passando per caregiver e lavoratori con mansioni gravose.

Inoltre, è richiesto di avere almeno un contributo settimanale versato nel sistema retributivo (prima di gennaio 1996). Coloro che rientrano in queste condizioni possono accedere alla pensione anticipata con soli 41 anni di contributi (invece dei 42 anni e 10 mesi per gli uomini e dei 41 anni e 10 mesi per le donne).

La Lega da tempo ha identificato nella Quota 41 lo strumento per la pensione del futuro, rappresentando gli interessi dei lavoratori che ritengono che 41 anni di contributi siano adeguati per accedere alla pensione.

Le difficoltà

Ma se gli altri tentativi della Lega di introdurre una nuova riforma pensionistica sono sempre andati a vuoto, anche questa volta molti non pensano che Quota 41 vedrà la luce. Le difficoltà incontrate durante la lavorazione delle ultime due leggi di Bilancio hanno portato il governo a virare verso Quota 103, introducendo un requisito anagrafico per limitarne l’impatto finanziario. È quindi difficile ipotizzare un’inclusione di Quota 41 nella prossima legge di Bilancio, considerando le risorse limitate a disposizione, ancor più vincolate dai parametri del Patto di stabilità dell’Unione Europea.

La stessa Quota 103 è stata “peggiorata” introducendo una penalizzazione in uscita e prevedendo un ricalcolo contributivo dell’assegno. La creazione di una nuova riforma della pensione è sempre stata complessa, con lo stesso ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha già spiegato in passato che, alle attuali condizioni sfavorevoli, comprese quelle legate al basso tasso di natalità, “non esistono riforme delle pensioni sostenibili per il nostro Paese”.