Vino in ristorante troppo caro, proposto il patto anti speculazione

Prezzi del vino al ristorante: Assoenologi e Fipe si confrontano sul ricarico delle bottiglie. Il dibattito nasconde una sfida più grande che coinvolge tutti

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

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Che il vino acquistato al ristorante costi di più che al supermercato non è solo un luogo comune, che ritorna ciclicamente, ma anche un argomento che in questi mesi ha alimentato il dibattito tra Assoenologi e Fipe (Federazione Italiana Pubblici Esercizi). Da una parte c’è chi accusa i ristoratori di praticare ricarichi eccessivi, dall’altra chi difende il diritto dei locali a determinare prezzi che tengano conto non solo della bottiglia in sé, ma del servizio complessivo.

Il punto, però, è più complesso. Per capirlo bisogna considerare diversi fattori, che spaziano dalle logiche di prezzo della ristorazione, alle dinamiche produttive delle cantine, fino ai cambiamenti nei consumi.

Perché il vino costa di più al ristorante?

Il prezzo del vino più alto al ristorante (rispetto a quello nei supermercati), sebbene possa sembrare elevato, è una strategia calcolata per mantenere in equilibrio i conti di un locale. Il vino, infatti, incide mediamente per una cifra tra il 20% e il 30% sullo scontrino finale.

Si tratta di una percentuale di non poco conto e che copre altri “costi nascosti“, tra cui l’acquisto e lo stoccaggio del vino, la gestione della cantina (che richiede un controllo costante di temperatura e umidità), i rischi legati alle bottiglie invendute.

Tutti fattori con i quali la grande distribuzione non deve fare i conti. Di conseguenza, se il ristoratore mantenesse il prezzo dei supermercati, sarebbe costretto ad alzare i prezzi di altre voci, come piatti o coperto, per compensare.

Si può quindi tranquillamente affermare che la principale differenza tra il vino al supermercato e quello al ristorante è l’esperienza. In un ristorante non si acquista solo il prodotto, ma si paga per l’intero contesto e servizio.

Patto di solidarietà tra produttori e ristoratori

Ad accendere il dibattito su questa specifica questione è stato Riccardo Cotarella, presidente di Assoenologi, che nel suo Manifesto per salvare il vino ha chiesto un patto di solidarietà tra ristoratori e produttori per contenere i ricarichi delle bottiglie, a volte eccessivi.

Secondo l’esperto, abbassare i prezzi favorirebbe un aumento dei consumi e garantirebbe più sostenibilità per tutta la filiera.

La risposta non si è fatta attendere e Luciano Sbraga, vicedirettore generale Fipe, ha respinto le accuse al mittente:

Sbagliato colpevolizzare i ristoratori agli occhi del consumatore: nessuno vuole speculare (…). Siamo sicuri che i prezzi delle cantine siano corretti?.

Il ruolo delle cantine: prezzi sempre giusti?

Il dibattito sui ricarichi del vino al ristorante solleva una questione complessa: i prezzi fissati dai produttori riflettono sempre e solo il valore intrinseco del prodotto? La realtà è che il costo di partenza di una bottiglia dipende da un insieme di fattori che vanno al di là dei semplici costi di produzione.

Certo, le cantine, come tutti i settori, devono fronteggiare l’aumento dei costi di materie prime, bottiglie, energia e trasporti. Tuttavia, in altri casi, i listini possono lievitare a causa di dinamiche di mercato come la scarsità (dovuta a un’annata con raccolti ridotti), il prestigio acquisito (si tratta in questo caso di quei vini premiati o che ottengono specifici riconoscimenti) o semplicemente una moda che spinge un’etichetta al centro dell’attenzione.

Alcuni vini rari o con un forte brand identity, partono per esempio con un prezzo già posizionato su una fascia alta, che si riflette poi sulla carta dei vini.

Il patto proposto da Cotarella non va archiviato, poiché una maggiore sinergia tra cantine e ristoranti potrebbe portare a iniziative comuni, dalla promozione di vini locali a carte più accessibili. Un gioco di squadra che favorirebbe tutti, soprattutto in un momento in cui consumi pro capite sono in costante calo, a causa di un profondo cambiamento per i consumatori.

La vera sfida non è ridurre i prezzi a prescindere, ma ricostruire un patto di fiducia con i consumatori. Questo passa dalla trasparenza, da carte dei vini più accessibili, dalla valorizzazione del vino al calice e da un dialogo costruttivo tra tutti gli attori della filiera, soprattutto se si vuole salvare un comparto così fondamentale per economia e lavoro in Italia.