L’inflazione, la politica sui tassi messa in atto dalla Banca Centrale europea e le guerre che stanno caratterizzando il contesto geopolitico mondiale stanno mettendo gli italiani con le spalle al muro. La crisi economica che ha messo a dura prova le tasche di milioni di cittadini. Gli aumenti che hanno condizionato negli ultimi dodici mesi le bollette di luce e gas e il prezzo della benzina alle stelle non stanno aiutando a migliorare la situazione. Il Governo ha quindi previsto di mettere mano agli stipendi, con un decreto ad hoc che possa venire incontro alle esigenze degli italiani prevedendo un taglio al cuneo fiscale.
Ma in cosa consiste il cuneo fiscale e perché la politica da anni cerca di arrivare a un taglio? A risentirne in maniera particolare è lo stipendio che ogni mese viene incassato dagli italiani e lo “sconto” potrebbe presto portare a pagare meno tasse per avere in tasca qualche soldo in più.
Indice
Cuneo fiscale, che cos’è
Il cuneo fiscale non è altro che la misura della differenza fra il costo totale sostenuto dal datore di lavoro e la paga netta percepita dai lavoratori dipendenti. Questo indicatore si calcola come il rapporto percentuale fra le trattenute totali e il costo totale del lavoro. In poche parole i valori del cuneo fiscale non fanno altro che permettere di determinare la differenza tra lo stipendio loro e quello netto percepito dal lavoratore, considerando quindi il totale delle somme a carico dell’azienda e quelle per il dipendente stesso.
Il calcolo del cuneo fiscale, come evidenziato da un’analisi dell’Osservatorio CPI, si basa su quattro fattori:
- imposte personali sul reddito a carico del lavoratore, incassate dallo stato centrale o dalle amministrazioni locali (in Italia si tratta dell’IRPEF e delle sue addizionali regionali o comunali);
- contributi previdenziali a carico del lavoratore ((ovvero i contributi pensionistici obbligatori incassati dall’INPS);
- contributi previdenziali a carico del datore di lavoro;
- trasferimenti in denaro dallo stato in base al reddito complessivo e alla composizione del cuneo familiare.
Sommando le prime tre componenti espresse in percentuale rispetto al costo del lavoro si ottiene il cuneo fiscale e sottraendo l’ammontare di quest’ultimo si ottiene la paga netta percepita dai lavoratori dipendenti. L’Italia, secondo quanto riferito dall’analisi dell’Osservatorio CPI redatta il 1° luglio 2022, è al quinto posto tra i Paesi OCSE per livello di cuneo fiscale, con ben il 46,5%.
Quanto incide sugli stipendi
L’esempio pratico riportato nell’analisi dell’Osservatorio CPI aiuta a comprendere meglio come il cuneo fiscale incide nella vita pratica di imprese e famiglie. Il costo del lavoro per un lavoratore dipendente senza figli, con stipendio medio di 34.032 euro annui, è pari a 44.779 euro. Il cuneo fiscale, applicando la percentuale del 46,5%, è di 20.831 euro, e il netto in busta paga è quindi pari a 23.984 euro.
Del totale del cuneo fiscale, il 24% del costo del lavoro è rappresentato dai contributi a carico del datore di lavoro (10.747 euro), mentre il restante 22,5% è a carico del lavoratore, tenuto a versare l’IRPEF (circa il 15,3%) e i contributi (7,2%).
La situazione in Europa
A fare il punto della situazione su quanto sta accadendo a livello europeo ci ha pensato l’Ocse, che ha diffuso il Taxing wages 2023, che è riferito all’anno 2022. Da questa analisi si riesce a capire quali siano le differenze che emergono tra i 48 paesi che fanno parte dell’organizzazione.
A collocarsi tra le prime posizioni è il nostro paese: in Italia un lavoratore single e senza figli a carico subisce un carico fiscale pari al 45,9%. A comporre questa percentuale sono:
- il 15,3% di imposte personali sul reddito;
- il 30,6% di contributi previdenziali che ricadono per il 6,6% sul lavoratore e per il 24% sul datore di lavoro.
In Europa l’Italia è, sostanzialmente al quinto posto. Al quarto c’à la Francia (47%) e al terzo c’è la Germania (47,8%).