Cambiano gli importi in busta paga: chi ci guadagna di più

Cambiano le buste paga da aprile, dopo l’introduzione dell’Assegno Unico per i figli: ma chi ci guadagna veramente? Il report di approfondimento sui cedolini

Buste paga prima e dopo l’Assegno Unico universale: cambiano gli importi nei cedolini, già da marzo, con l’incorporazione delle misure in un unico sostegno economico per le famiglie. Ma quali sono i redditi Isee che ne trarranno maggiore vantaggio? Chi ci guadagna di più?

Nuovo Assegno Unico: gli effetti in busta paga

Su come è cambiato l’assetto delle buste paga già a marzo, a partire dall’erogazione del nuovo assegno unico, si è soffermata la Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, con un report pubblicato venerdì 8 aprile dove sono analizzati effetti e benefici in base alle varie tipologie di reddito.

“Ora che lo stipendio di marzo e il bonifico dell’Assegno Unico Universale, effettuato direttamente dall’Inps sul conto corrente del richiedente, sono stati accreditati, si possono trarre le prime conclusioni su questa misura, che di certo non soddisfa pienamente le aspettative – si legge nell’approfondimento -. La riforma, attuata con l’introduzione di un istituto unico e universale, il cui scopo, a detta del Legislatore, era quello di contrastare la denatalità e contestualmente favorire la conciliazione fra i tempi di vita e di lavoro, in particolare quelli femminili, ha in realtà soltanto riordinato i sussidi esistenti”.

E poi ancora: “Questa fase di prima applicazione dell’Assegno sta, infatti, generando confusione, false aspettative e delusione in capo a molti di quei nuclei familiari che avrebbero dovuto essere i principali beneficiari della nuova misura”.

La Fondazione Studi, a supporto della sua tesi, ha analizzato 5 casi concreti, una vera e propria simulazione che ha portato i Consulenti ad affermare che sarebbero solo due le categorie reddituali che – di fatto – traggono vantaggio da questa nuova misura previdenziale.

Cambiano gli importi in busta paga: le criticità emerse dopo l’introduzione dell’Assegno Unico

Nel report pubblicato (consultabile nella sua versione integrale qui), dopo che sono state esposte le criticità riscontrate nell’applicazione dell’Assegno e le differenze in busta paga prima e dopo la misura, i nuclei familiari oggetto di studio sono stati i seguenti:

  • Caso 1, genitori coniugati, un lavoratore dipendente, moglie a carico, 2 figli minori di 3 anni;
  • Caso 2, convivente con 1 figlio maggiore di 3 anni;
  • Caso 3, genitori coniugati, lavoratore dipendente, moglie a carico, 3 figli maggiori di 3 anni, 1 figlio minore di 3 anni;
  • Caso 4, madre separata con 2 figli maggiori di 3 anni
  • Caso 5, genitori coniugati, un lavoratore dipendente, moglie a carico, 2 figli maggiori di 3 anni.

Le conclusioni a cui sono arrivati i Consulenti del Lavoro sembrano tutte confermare le criticità conseguenti all’utilizzo dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) come punto di riferimento per il calcolo dell’Assegno Unico (qui quanto spetta).

L’importo, infatti, è modulato sulla base della condizione economico/patrimoniale del nucleo familiare, individuata attraverso l’ISEE (qui come cambia nel 2022) e tenendo conto dell’età dei figli a carico e dei possibili effetti di disincentivo al lavoro per il secondo percettore di reddito nel medesimo nucleo (per cui comunque possono valere condizioni particolari, come nuclei familiari con più di due figli o con figli disabili o costituiti da madri con meno di 21 anni, per le quali sono previste maggiorazioni).

Come sappiamo, però, l’ISEE tiene conto non solo della situazione reddituale che, sino ad oggi, ha caratterizzato tutte le forme di sostegno alla famiglia, ma anche della situazione patrimoniale (abitazioni, autovetture, giacenze medie dei conti correnti, assicurazioni ecc.) che non necessariamente, secondo la Fondazione, fotografa la ricchezza di un nucleo familiare.

Assegno Unico in busta paga: chi ci guadagna di più?

Le critiche mosse al nuovo sistema di assistenza familiare, partono dal presupposto che l’ISEE – anche in assenza di patrimoni elevati, di introiti ingenti da rendite o beni di lusso, almeno in fase di prima applicazione – non è in grado di sostituire/integrare correttamente i “vecchi” sussidi a favore delle famiglie.

Dalle simulazioni effettuate e dai dati emersi, infatti, gli unici a trarre benefici dalla nuova misura sarebbero i nuclei in possesso di un ISEE particolarmente basso (sotto la media) ma anche – paradossalmente – le famiglie che, avendo redditi significativamente alti, in passato non hanno mai beneficiato degli assegni familiari, mentre da marzo (anche se per un importo minimo) vedranno gli importi delle buste paga crescere. Infatti, in base a queste regole anche, anche chi si trova in questa agevolata condizione reddituale percepisce la misura minima di 50 euro al mese, cosa che ovviamente con le vecchie regole non sarebbe avvenuta.

“I correttivi che purtroppo arriveranno, senza modificare l’impianto di base, sotto forma di clausole di salvaguardia o detrazioni aggiuntive, non faranno altro che peggiorare ulteriormente la situazione – è stato scritto in conclusione del report -. Di positivo c’è che per la prima volta percepiscono assegno per figli minorenni i lavoratori autonomi, che ovviamente ne abbiano i requisiti ISEE. E questo è un ottimo segnale di attenzione, forse il primo, per i lavoratori indipendenti che stanno pagando a carissimo prezzo la doppia criticità di pandemia e aumenti incontrollati di energia e materie prime”.