Mancato pagamento dei contributi previdenziali: sanzioni e prescrizione

Il datore di lavoro non solo calcola e trattiene i contributi, ma ha l’onere di versarli. Cosa succede se non lo fa? Dal reato di omesso versamento alle sanzioni, quali sono le conseguenze

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Claudia Garretta

Consulente del lavoro

Laureata, ha collaborato con importanti studi di consulenza del lavoro dal 2004. Assiste aziende italiane e internazionali nella gestione delle risorse umane.

Nella busta paga troviamo alcuni importi che sono trattenuti al lavoratore a titolo di contributi previdenziali che si sommano a quelli a carico del datore di lavoro e che sono versati all’Istituto di previdenza ai fini pensionistici.
La normativa prevede un obbligo assicurativo che sorge dal momento in cui si instaura il rapporto di lavoro e coinvolge tre soggetti:

  • datore di lavoro
  • lavoratore
  • istituto previdenziale.

Il ruolo del datore di lavoro

Il datore di lavoro non solo calcola e trattiene i contributi, ma ha l’onere di versarli secondo quanto previsto dall’art. 2115 del codice civile.
In particolare, è civilmente e penalmente responsabile del pagamento sia della parte a suo carico sia della parte a carico del dipendente.

Quando vanno versati

Nella generalità dei casi i contributi devono essere versati entro il 16 del mese successivo a quello in cui gli stessi si riferiscono mediante il modello F24. In caso di scadenza in giorno festivo il termine è spostato al primo giorno lavorativo utile.

Quali sono le sanzioni

Essendo un obbligo previsto dalla normativa, in caso di mancato pagamento, il datore di lavoro commette il reato di omesso versamento.
Il Dlgs 8/2016 ha previsto la parziale depenalizzazione di tale reato prevedendo la reclusione solo per i casi più gravi o i recidivi.
Si considera pertanto come illecito amministrativo il comportamento del datore di lavoro che non provveda al versamento dei contributi entro tre mesi dalla notifica della contestazione o dell’accertamento della violazione purchè l’importo non superi 10.000 euro annui.
In questi casi si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 10.000 euro ad un massimo di 50.000 euro.

Con il messaggio 3516/2022, l’INPS ha specificato che non trova applicazione la regola della determinazione della misura ridotta della sanzione prevista.

Se l’omesso versamento è superiore a 10.000 euro annui, il datore di lavoro è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con una multa fino a 1.032 Euro. A norma dell’articolo 157 del Codice Penale, il reato si prescrive in sei anni dal momento della consumazione.
Per il 2023, nel caso di mancato o ritardato pagamento di contributi, la sanzione civile, in ragione d’anno, è pari al 9,00%, fermo restando che la stessa non può essere superiore al 40% dell’importo dei contributi non corrisposti entro la scadenza di legge.
La stessa % trova applicazione anche in altre due ipotesi:

  • evasione connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero, qualora la denuncia sia effettuata spontaneamente prima di contestazioni da parte degli enti impositori e comunque entro dodici mesi dal termine per il pagamento e purché il versamento sia effettuato entro trenta giorni dalla denuncia stessa;
  • mancato o ritardato pagamento di contributi derivanti da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell’obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, sempreché il versamento dei contributi sia effettuato entro il termine fissato dall’ente impositore, fermo restando che la sanzione civile non può essere superiore al 40% dell’importo dei contributi non corrisposti entro la scadenza di legge.

In caso di evasione (connessa a registrazioni o denunce obbligatorie omesse o non conformi al vero) la sanzione civile, in ragione d’anno, è pari al 30% nel limite del 60% dell’importo dei contributi non corrisposti entro la scadenza.
Nei confronti delle aziende sottoposte a procedure concorsuali, si applicano sanzioni civili in misura ridotta.

Prescrizione dei contributi non versati

I contributi previdenziali si prescrivono in cinque anni dal termine della scadenza del pagamento. Per il solo contributo IVS (invalidità, vecchiaia, superstiti) ai fini pensionistici, la prescrizione è decennale purché vi sia formale denuncia presentata dal lavoratore o dai suoi superstiti all’INPS entro i 5 anni dalla maturazione del diritto al versamento.
La denuncia è un atto idoneo ad interrompere, per i successivi 10 anni, il decorso della prescrizione. Se la stessa è effettuata oltre il predetto termine di 5 anni dalla scadenza dei contributi di cui si chiede il recupero, la contribuzione è prescritta e, l’eventuale versamento spontaneo da parte del datore di lavoro non viene riconosciuto dall’INPS che provvede al rimborso.
Il principio dell’automaticità delle prestazioni è una garanzia per il lavoratore in quanto, in caso di inadempienze contributive, la contribuzione dovuta e non pagata entro il periodo di prescrizione viene considerata comunque ai fini della sua posizione contributiva accreditandola figurativamente.
Oltre il periodo prescrizionale, per le omissioni contributive anche nel caso in cui l’Istituto non rilevi dai propri archivi la contribuzione che l’azienda ha versato regolarmente e la stessa non abbia documentazione di prova a supporto, a fronte di una azione risarcitoria da parte del lavoratore, l’impresa dovrà procedere con la costituzione a suo favore di una riserva matematica produttiva di una rendita vitalizia.
Gli atti interruttivi della prescrizione devono contenere la quantificazione del credito o, comunque, l’indicazione di tutti gli elementi per determinarlo. Qualsiasi atto interruttivo deve essere provenire dall’Istituto assicuratore e non sono idonei a tal fine gli atti provenienti da altri enti.
I verbali dell’Ispettorato del lavoro che contengono prescrizioni in materia di contributi previdenziali e assistenziali non interrompono la prescrizione.
I termini di prescrizione sono stati sospesi dal 31 dicembre 2020 al 30 giugno 2021, pertanto, se è iniziata in questo periodo, il decorso è posticipato alla fine del periodo di sospensione.
La contribuzione caduta in prescrizione non può essere versata e se viene comunque pagata, l’INPS provvede d’ufficio al suo rimborso.

Rimborso dei contributi versati e non dovuti

Nel caso di contributi indebitamente versati, il rimborso è ammesso entro 5 anni dal data di pagamento. Si devono aggiungere gli interessi legali da calcolarsi dalla data della domanda.
Se non vengono richiesti come rimborso da parte del datore di lavoro, i contributi pagati e non dovuti saranno restituiti al lavoratore d’ufficio all’atto di pensionamento.
Se l’indebito versamento riguarda contributi su retribuzioni eccedenti il massimale annuo, la contribuzione potrà essere rimborsata su domanda del datore di lavoro entro 10 anni.

Le informazioni hanno carattere generale e sono in riferimento al settore privato. Si consiglia sempre di verificare in base alla situazione specifica, al settore di appartenenza e al CCNL applicato.