Stipendi, dopo i 35mila arriva la batosta: quanto si perde

Il "paradosso" del taglio del cuneo fiscale, confermato dal Governo, è servito: se si supera di un solo euro la fascia di reddito dei 35mila euro, si annulla del tutto il vantaggio della misura. Ecco perché

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Il corollario di norme che fa capo alla Manovra nasconde lati bui. Uno di questi riguarda le conseguenze dell’innalzamento del taglio del cuneo fiscale previsto per il 2024, che sta preparando un’autentica batosta per gli stipendi sopra i 35mila euro.

A segnalarlo è l’Upb (Ufficio parlamentare di bilancio), durante l’audizione davanti alle Commissioni Bilancio di Senato e Camera, parlando di “paradosso”. E questo perché ogni beneficio della misura “cessa” oltre la soglia di retribuzione lorda di 35mila euro. Ecco perché.

Intanto Bankitalia lancia l’allarme sulla Manovra: “Effetti negativi per l’intera economia”.

Cos’è e come funziona il taglio del cuneo fiscale

Per cuneo fiscale, lo ricordiamo, si intende la differenza tra lo stipendio lordo versato dal datore di lavoro e la busta paga netta ricevuta dal lavoratore. Ne consegue che, se si abbassa il cuneo fiscale e si ha quindi una tassazione minore del costo del lavoro, aumenta automaticamente lo stipendio netto del lavoratore. Una sorta di “bonus” per i dipendenti, in sostanza.

Il taglio del cuneo procede per fasce. Il Governo Meloni ha previsto un taglio per l’anno entrante al 7% per i redditi fino a 25mila euro e al 6% per i redditi fino a 35mila euro lordi. Facendo i calcoli, si parla di 75 euro in più all’anno per i redditi da lavoro dipendente tra 8mila e 15mila, mentre per la fascia da 15mila fino a 28mila euro si arriva fino a un aumento di 260 euro. Oltre i 50mila euro di stipendio, rileva l’Upb, il beneficio si azzera “per effetto del taglio delle detrazioni per oneri e spese non sanitarie” (qui abbiamo parlato di fringe benefit: tutte le novità del 2024).

Gli effetti sugli stipendi: perché non conviene più un aumento

Secondo gli esperti, la misura intrapresa dall’Esecutivo non porterebbe nulla di nuovo sul fronte della busta paga, perché si proroga quanto stabilito dal Decreto Lavoro per il periodo luglio-dicembre 2023. Per qualcuno si profilano addirittura soltanto svantaggi. Se si supera la soglia dei 35mila euro lordi, anche di un solo euro, se ne perdono infatti 1.100 all’anno. Lo sgravio raggiunge un massimo di circa 1.600 euro in corrispondenza del limite superiore della prima fascia di reddito e di poco più di 1.900 euro in corrispondenza di quello della seconda fascia. Il sistema è però “viziato”: eccedere la prima fascia di reddito implica una riduzione dello sconto di circa 150 euro, che però aumenta di quasi mille euro se si eccede la soglia dell’altra fascia (35mila euro, per l’appunto).

Secondo la presidente dell’Upb, Livia Cavallari, tale paradosso “assumerebbe rilevanza sostanziale qualora la decontribuzione dovesse essere trasformata da intervento temporaneo a permanente”, perché “da un lato indurrebbe un forte disincentivo al lavoro e, dall’altro, renderebbe più complesso il raggiungimento degli accordi di rinnovo contrattuale, questione che assume particolare importanza dopo l’erosione del potere d’acquisto prodotta dall’inflazione“. Tradotto: a fronte di un aumento dello stipendio anche di 2mila euro, il lavoratore si ritrova con meno soldi in tasca di quanti ne avrebbe avuti se il suo reddito lordo non avesse raggiunto quota 35mila euro (ecco un nuovo bonus da 550 euro: chi ne ha diritto e come ottenerlo).

Dall’altro lato, ricorda ancora Livia Cavallari, la conferma del taglio del cuneo fiscale “garantisce un importante supporto ai redditi da lavoro bassi e medi“. Soprattutto per quanto riguarda la retribuzione degli operai. Restano tuttavia molti dubbi e punti spinosi nel provvedimento.