Come l’Intelligenza artificiale cambierà il marketing (e quanto vale il mercato)

Anche il lavoro nel marketing sta cambiando, e cambierà sempre di nuovo, grazie all'IA: quali scenari e quali vantaggi per le aziende

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

L’Intelligenza artificiale inizia a cambiarci, palpabile, le vite. Tutti i settori, in misura diversa, ne sono e ne saranno sempre più travolti. Quanto questa grande rivoluzione impatterà positivamente o negativamente sul nostro lavoro dipenderà, essenzialmente, da noi. Una “nuova elettricità, ma che non basterà” come l’ha definita in una intervista a QuiFinanza Oriana Cok, ceo di Gruppo Pragma, società leader in Italia nel coaching online. Anche il mercato del marketing non è immune al “contagio” e sarà sempre più coinvolto da questa straordinaria trasformazione digitale, con i brand leader del settore che iniziano già ad abbracciare le opportunità offerte dalla nuova tecnologia.

I marketer raccolgono e analizzano dati sul comportamento dei propri clienti e competitor: di fatto, estrapolano modelli e prevedono quali prodotti e servizi saranno più apprezzati da un determinato pubblico. Da questi dati, i professionisti del marketing identificano i canali per raggiungere i propri clienti target. E continueranno a farlo. Ciò che cambia, ora, è come lo faranno.

Intelligenza artificiale applicata al marketing: quali vantaggi

Uno dei principali vantaggi dati dall’Intelligenza artificiale applicata al marketing è e sarà proprio la possibilità di ottenere una migliore comprensione della user experience dei propri clienti. L’Intelligenza artificiale offre ai marketer un vantaggio determinante in questa ricerca. Questa tecnologia digitale in rapida evoluzione può analizzare infatti più dati in modo più accurato di quanto possano fare gli esseri umani. L’IA, così come i suoi sottosettori come il Machine Learning, cioè l’apprendimento automatico, sono dunque in grado di identificare modelli comportamentali esistenti e prevedere il comportamento futuro.

L’apprendimento automatico consente ai sistemi informatici di apprendere dai dati e utilizzare queste informazioni per migliorare determinate prestazioni. Si parla in gergo di targeting predittivo, che implica proprio l’utilizzo di algoritmi di apprendimento automatico per prevedere in che modo i clienti prenderanno decisioni sulla base di dati storici, come visite al sito web e modelli di comportamento. I dati possono aiutare a prevedere se un determinato gruppo di persone intraprenderà un’azione desiderata, come l’acquisto di un prodotto ad esempio.

Gli esperti di marketing e i marchi che rappresentano potranno trarre vantaggio da un migliore targeting di segmenti di pubblico specifici con messaggi personalizzati. Di conseguenza, le conversioni cresceranno e la pubblicità sarà enormemente più efficace. Altro vantaggio è che, per fare tutto questo, non è necessario un ulteriore intervento umano. L’algoritmo impara senza ulteriori input, semplicemente analizzando i risultati e ripetendo il suo approccio.

La forza dei modelli di IA è che possono non solo calcolare dati sul comportamento degli utenti, analisi dei siti e informazioni demografiche. Ma anche immaginare tendenze e modelli prima che possano farlo gli umani. I professionisti del marketing possono quindi utilizzare queste informazioni per rendere i loro contenuti più pertinenti, aumentando la probabilità di engagement degli utenti. Inoltre, gli algoritmi possono ottimizzare il posizionamento degli annunci e il prezzo delle offerte.

L’IA e l’apprendimento automatico renderanno molto più semplice offrire esperienze personalizzate, perché la tecnologia può monitorare il comportamento dei clienti, apprendere ciò che piace loro e mostrare come cambiano le preferenze in base a fattori come età, cultura, interessi. Con questi dati, i brand possono creare annunci e offerte personalizzati che coinvolgono di più e meglio i clienti. I dati mostrano che il 91% dei consumatori preferisce acquistare da brand che ricordano le loro preferenze e forniscono consigli e offerte pertinenti alle loro esigenze e ai loro interessi.

Quanto vale il mercato dell’IA nel marketing

Ma di mercato stiamo parlando? Nel 2020, il mercato delle tecnologie collegate all’Intelligenza artificiale nel marketing è stato valutato in poco più di 12 miliardi di dollari, pari a circa 11 miliardi di euro. Una cifra impressionante, che però è lontanissima dal mercato globale dell’AI, che è stato valutato in oltre 325 miliardi di dollari nel 2021 (circa 298 miliardi di euro).

Tuttavia, secondo gli esperti, l’attuale dimensione del mercato non rivela il vero potenziale dell’IA applicata al marketing. Si prevede che il mercato globale dell’AI nel marketing crescerà fino a superare i 126 miliardi di dollari entro il 2025 (poco più di 115 miliardi di euro). Dopo ChatGPT e OpenAI, l’IA aiuterà gli esperti di marketing sempre di più a consolidare gli strumenti di automazione diventando una necessità per qualsiasi strategia di marketing, Per dare un numero, nel 2016 gli strumenti di chatbot (cioè software progettati per simulare una conversazione con un essere umano) avevano una dimensione di mercato di oltre 190 milioni di dollari (174 milioni di euro): si prevede che raggiungeranno circa 1,25 miliardi nel 2025, cioè circa 1,14 miliardi di euro.

Secondo gli esperti, il mercato dell’Intelligenza artificiale nel marketing supererà i 35 miliardi di dollari già nel 2024 (32 miliardi di euro), quasi triplicando in soli 4 anni. Altri 4 anni dopo, cioè nel 2028, gli addetti ai lavori ritengono che quest’area dell’industria del marketing sarà ulteriormente triplicata. Gli analisti prevedono che i professionisti del marketing utilizzeranno l’Intelligenza artificiale per un valore di quasi 108 milioni di dollari entro la fine di questo decennio, pari a circa 99 milioni di euro.

C’è da dire che, già oggi, 4 esperti del settore del marketing su 5 a livello internazionale hanno affermato di aver incluso una qualche forma di tecnologia IA nel loro lavoro. Quando è stato chiesto loro di identificare le aree in cui l’IA e il Machine Learning stavano già migliorando le loro campagne, hanno indicato vantaggi in diverse aree: tra queste, in particolare, automazione di attività ripetitive, analisi di grandi quantitativi di dati, personalizzazione delle campagne pubblicitarie, previsione dei tassi di conversione, ottimizzazione delle tempistiche dell’email marketing.

Chiaramente, tutto questo si traduce in un enorme potenziale per la pubblicità programmatica. Un recente sondaggio ha rilevato che il 50% dei professionisti del marketing ha indicato, come uno dei principali vantaggi dell’integrazione di IA e Machine Learning nel proprio approccio, proprio una pubblicità più mirata. E dunque, campagne più efficaci, cioè più profitti. 3 aziende su 4 che utilizzano già l’Intelligenza artificiale hanno registrato un incremento del 10% nella vendita dei loro nuovi prodotti e servizi.

Come l’Intelligenza artificiale cambierà il marketing in Italia

E in Italia? Siamo indietro, come spesso accade quando si parla di tecnologia. Scenari che negli Usa e altrove sono già chiari, qui da noi appaiono ancora offuscati e incerti. Prepariamoci ad attendere i canonici 5 anni di scarto che ci separano dagli Usa, come ci aveva raccontato in una intervista il “business futurist” Alberto Mattiello, ma presto anche da noi cambieranno paradigmi – lavorativi, sociali ed economici – fortemente radicati.

Come si sta muovendo intanto il marketing italiano in questo senso? Che approccio sta avendo nei confronti dell’Intelligenza artificiale? I marketer nazionali sono entusiasti o spaventati dall’apparente minaccioso arrivo dei “robot”? “Per noi questa è una fase di grande ripensamento e di rinascita in qualche modo” spiega a QuiFinanza Christian Zegna, ad di BTREES, new media agency della premiata holding Ebano, prima startup accelerata da Sellalab, polo di innovazione di Banca Sella, e oggi leader nel segmento Social&Web, SEO&Digital Analysis e Cross-Media.

Zegna, si sono da poco chiusi i Torino Digital Days a cui avete partecipato come BTREES: quali suggestioni si porta a casa rispetto al futuro del digitale in Italia?

Abbiamo partecipato intervenendo in diversi momenti sia come relatori che come partecipanti. Per noi è un momento di grande opportunità per formarci, per aggiornarci sul nostro mondo. Una cosa che penso emerga come indiscutibile è che il grande trend di quest’anno è quello dato appunto dal tema dell’Intelligenza artificiale, grazie a una forte accelerata che ha avuto questo strumento rispetto ai processi di lavoro. Questa democratizzazione dell’accesso all’IA, portata da alcuni siti come ChatGPT, hanno reso questi strumenti disponibili a tutti.

Voi vi occupate prevalentemente di comunicazione digital e social. L’Ai offre all’industria creativa l’opportunità di integrare all’interno dei propri processi una nuova “intelligenza collaborativa” tra ingegno umano e tecnologia… Cosa pensa cambierà nel vostro lavoro con l’IA. Quali possono essere i vantaggi e quali i rischi?

In questo momento parlare di rischi per noi è complicato, perché immaginatevi di aver di fianco a voi un collega di lavoro che è sempre disponibile e sempre pronto a darvi un supporto in tempi molto rapidi e con risultati soddisfacenti, se si è bravi ad interpellarlo in modo adeguato. Il nostro lavoro sicuramente cambierà, ma cambierà nel senso che evolverà. Questo è un passaggio produttivo importante: sono convinto che migliorerà i nostri processi, ci porterà ad essere più competitivi, ad avere degli output più interessanti per i nostri clienti.

Come ogni rivoluzione tecnologica e culturale, anche l’IA è destinata a trasformare radicalmente i processi produttivi e l’intero mondo del lavoro. Goldman Sachs stima che possano essere a rischio 300 milioni di posizioni in tutto il mondo, da un lato, ma dall’altro sappiamo che ci sono settori che ne beneficeranno, come l’ingegneria, la medicina, l’edilizia, la manifattura e anche il marketing. Nel marketing ad esempio si dice che la semplificazione nell’accesso alla creatività comporterà “un’accelerazione nelle attività intellettuali e della conoscenza”. È d’accordo? Come cambierà secondo lei il marketing con i “robot”?

È fuori discussione che tutto questo avrà un impatto sul nostro lavoro, lo sta già avendo. Io sono anche dell’idea che sì, qualche posto di lavoro scomparirà, ma non scomparirà per non venire sostituito, scomparirà nel senso che si trasformerà. Così come, per fare un esempio, quando è nata l’automobile molti cocchieri sono rimasti senza lavoro ma non per questo è stato necessario fermare l’industria automobilistica. Il tema vero però è quanto l’Intelligenza artificiale impatterà sulla qualità dell’output che poi noi agenzie potremo produrre. Io sono convinto che l’output aumenterà di qualità e questo sarà un ulteriore strumento e uno stimolo per fare meglio. Ci sono già esperimenti, ci sono già strumenti che provano a sostituirsi alla parte creativa, alla parte umana, ma io non credo che questo sia possibile o sarà mai possibile su alcune funzioni. Lo sarà su alcune e non su altre, ma senza dubbio noi viviamo questo periodo di grande impatto dell’Intelligenza artificiale sull’operatività quotidiana come un grande stimolo a migliorare e a fare meglio, anche grazie all’uso di questi robot.

Google ha annunciato che userà l’Intelligenza artificiale per creare le campagne pubblicitarie. Si rischia un’omologazione generale secondo lei, o piuttosto uno slancio di creatività?

Senza dubbio siamo di fronte a un periodo di slancio di grande creatività. Non penso ci sia un rischio di omologazione. O meglio, probabilmente c’è quando non si hanno altri strumenti oltre all’Intelligenza artificiale, allora sì c’è il rischio, ma comunque non sono così sicuro che lasciare la parte creativa in mano a Google significhi portare appiattimento. Non lo sappiamo ancora, ma vi garantisco che di piatto c’è davvero poco. Dobbiamo imparare ad usare bene questi strumenti. Il non appiattimento sarà dato dalla capacità dell’operatore di dare alla macchina, ai robot, input adeguati per poter avere output qualitativamente soddisfacenti.

Si parla sempre poco di quanto sia necessaria l’innovazione nelle imprese. Lei è anche nel Consiglio generale di Confindustria, oltre ad aver appena chiuso il suo triennio come Vicepresidente di Confindustria Biella. Ha certamente un osservatorio privilegiato sulle aziende italiane: cosa accadrà secondo lei a quelle che non abbracceranno l’IA e in generale a quelle che non stanno al passo con lo sviluppo tecnologico?

Il panorama della digitalizzazione in Italia come sappiamo non è dei più rosei, soprattutto nel mondo manifatturiero. Le aziende che non si approcceranno a questo strumento in modo organico, che non vi si avvicineranno a breve, correranno a mio avviso due rischi principali. Il primo è una forte perdita di attrattività verso le persone che si rivolgono al mercato, perché l’utilizzo di tecnologie, anche dell’Intelligenza artificiale, permette di essere sempre aggiornati e anche di dare l’immagine di un’azienda moderna e sul pezzo. L’altro rischio, che forse è la controparte, è la perdita di efficienza e di efficacia sul mercato. Perché questi strumenti aumentano le performance aziendali. Dobbiamo avere presente che sono strumenti che permettono a un’azienda di ottenere i risultati migliori in termini di mercato, di efficienza e di efficacia, e che permettono anche di analizzare tutta una serie di informazioni e dati delle aziende che portano a un progressivo miglioramento e a una progressiva crescita della produzione, e quindi dei risultati aziendali.

Secondo gli esperti di IA, anche nelle strategie di upskilling e reskilling delle risorse umane, l’Intelligenza Artificiale potrà essere non solo uno stimolo ad acquisire nuove competenze, ma anche la modalità attraverso cui farlo. Come valuta questa opportunità?

Una parola chiave nell’anno di questo processo di grande cambiamento, come spesso accade, è la parola formazione. La macchina e i robot vanno interpellati, si deve saper porre le giuste domande alla macchina per poter avere le risposte soddisfacenti, quindi l’upskilling delle persone che stanno già lavorando nel nostro settore, per portarle ad essere più brave a utilizzare questi strumenti, è un passaggio fondamentale. Formazione è una parola chiave di tutto questo cambiamento e sicuramente dovremo attrezzarci per lavorare su questo aspetto: poter permettere ai nostri colleghi di essere pronti a sfruttare al meglio questo momento di grande trasformazione digitale.