Una lettura parziale della trasformazione tecnologica da tempo ormai sta veicolando l’idea che l’Intelligenza artificiale “ci ruberà il lavoro”, tanto che l’Unione europea è intervenuta con l’AI Act per regolamentarla. La preoccupazione è senz’altro concreta per tutta una serie di settori, ma per un’analisi accurata ed efficace non è possibile ignorare il fatto che l’IA in tutte le sue forme ci darà una mano incredibile nell’assolvere compiti e funzioni, negli ambiti più disparati. Già oggi, grazie alla IA generativa, esistono assistenti virtuali smart e “friendly”, in grado di rivoluzionare il lavoro in azienda.
L’AI può far crescere il Pil italiano del 18%
I dati dicono che entro il 2040, per via dell’invecchiamento della popolazione e del fisiologico ricambio generazionale, le imprese italiane avranno bisogno di 3,7 milioni di nuovi assunti per colmare il gap occupazionale. Proprio in questo contesto, l’Intelligenza artificiale, e ancor più quella generativa, cioè quella in grado di generare risposte a fronte di richieste specifiche, può supportare le aziende affiancando ai lavoratori team di assistenti virtuali.
Già oggi, l’IA generativa ha superato quella umana, per esempio nei giochi di strategia e nella ricerca di nuove proteine. Secondo Goldman Sachs, i progressi dell’Intelligenza artificiale raggiunti ad oggi consentirebbero di automatizzare 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Anche l’Inps ha annunciato che sfrutterà l’IA per trovare posti di lavoro per i disoccupati. Uno studio di Ambrosetti-The European House ha stimato che un’adozione diffusa dell’Intelligenza artificiale generativa in Italia potrebbe creare 312 miliardi di ore lavorate di valore aggiunto, cioè liberare 5,4 miliardi di ore lavorate ogni anno, pari al 18% del Pil.
Affinché l’AI possa davvero essere una risorsa, però, serve che questi assistenti siano in grado di rispondere con efficienza, intelligenza ed empatia alle necessità delle aziende e dei loro clienti. Un limite all’IA generativa è proprio che generalmente le risposte degli assistenti virtuali sono pensate in base alle potenziali domande che l’utente potrebbe porre. Per questo c’è una realtà tutta italiana che ha lavorato a lungo per creare la nuova “metodologia ad agenti”, un rivoluzionario sistema che, invece di reagire alle singole domande o topic, è in grado di costruire un agente specializzato per ogni funzione aziendale: insomma, assistenti virtuali ancora più intelligenti, specializzati, e persino empatici.
indigo.ai aiuta le aziende a migliorare la customer experience con l’IA
indigo.ai, nata nel 2016 al Politecnico di Milano da un’idea di cinque giovani – Gianluca Maruzzella, Enrico Bertino, Marco Falcone, Andrea Tangredi e Denis Peroni – e dal 2022 parte del Gruppo Vedrai, oggi applica la sua piattaforma a qualsiasi settore, rendendo accessibile l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale conversazionale anche ai meno esperti.
indigo.ai aiuta le aziende più innovative a migliorare la propria customer experience grazie all’Intelligenza artificiale, ai più avanzati modelli linguistici e a tecnologie di AI generativa. Ad esempio, grazie alla sua piattaforma “no-code” permette a chiunque in azienda, e non solo ai data scientist, di sfruttare i modelli più potenti di deep learning e conversational AI per progettare assistenti virtuali di ultima generazione, come chatbot e voicebot, per aumentare le vendite, migliorare la relazione con gli utenti, efficientare processi, ottenere insight sulla propria base clienti.
“Nel contesto degli assistenti virtuali, la knowledge base rappresenta un elemento fondamentale per depositare informazioni che l’assistente virtuale può utilizzare per rispondere alle domande degli utenti. Con l’approccio ad agenti, ognuno di essi avrà una knowledge base specifica alla sua funzione” spiega a QuiFinanza il Chief Product Officer & co-founder di indigo.ai Andrea Tangredi. Questo permette di ottenere risposte più specializzate e contestuali, adattate alle esigenze specifiche dell’utente e in grado di gestire al meglio la complessità delle informazioni.
“Inoltre, gli agenti collaborano tra di loro indirizzando le richieste al miglior agente specializzato per gestire la singola domanda e rispondere con maggiore efficienza e precisione anche quando viene interrogato su richieste ‘sensibili’. La metodologia ad agenti, inoltre, rende più rapida per indigo.ai l’istruzione dell’assistente virtuale e questo per le aziende si traduce in tempi di integrazione più brevi sulle loro piattaforme”.
Come funzionano gli assistenti virtuali con la “metodologia ad agenti”
La metodologia messa a punto da indigo.ai stabilisce quindi un nuovo standard per la costruzione degli assistenti virtuali: ogni agente è accuratamente progettato per specializzarsi in un dominio specifico o una funzione aziendale. Gli agenti sono, infatti, esperti nei rispettivi campi e dotati di una comprensione approfondita delle sfumature e delle complessità dei compiti loro assegnati.
Una delle prime realtà a cui la nuova metodologia è stata applicata è Unobravo, startup innovativa che offre sostegno psicologico a distanza: è stato così possibile integrare nell’area riservata del sito di Unobravo, un chatbot di customer service, empatico e sensibile, in grado di assistere gli utenti nell’utilizzo ottimale della piattaforma e offrire supporto in caso di eventuali anomalie tecniche.
L’Intelligenza artificiale è quindi addestrata ricevendo indicazioni specifiche in merito al ruolo da rivestire durante tutto il processo di assistenza al cliente: per esempio può fornire informazioni sulla spedizione o delucidazioni su regolamenti e normative, istruzioni su come prenotare appuntamenti oppure contattare un operatore umano. Infine, viene stabilito il tono di voce con cui deve rispondere, rendendo ogni agente empatico, preciso nelle risposte e adatto alla propria mansione. indigo.ai è riuscita insomma a definire una nuova era per la customer experience, che grazie a questi nuovi assistenti virtuali è ora in grado di potenziare il lavoro umano.
Contenuto offerto da indigo.ai