Intelligenza artificiale, per l’Italia +18% del Pil: i settori chiave

The European House – Ambrosetti e Microsoft afferma che un’adozione capillare da parte delle imprese può dare una spinta decisiva alla produttività

Foto di Giorgio Pirani

Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

Una massiccia iniezione di produttività è necessaria in Italia, poiché il Paese è afflitto da un persistente stagnamento economico durato decenni. Inoltre, è essenziale affrontare la riduzione della forza lavoro causata dal rapido invecchiamento della popolazione. Se le aziende e la pubblica amministrazione italiane adottassero diffusamente l’Intelligenza Artificiale, soprattutto nella sua forma “generativa”, potremmo assistere a un notevole aumento del Pil nazionale, che potrebbe incrementare fino a 312 miliardi di euro, equivalente al 18%. Questa cifra rappresenterebbe praticamente un Pil Nazionale di Ripresa e Resilienza e mezzo. Tuttavia, va sottolineato che questa previsione è condizionata da alcune sfide significative, come sottolineato in uno studio condotto da The European House – Ambrosetti e Microsoft, presentato oggi durante il forum di Cernobbio.

Perché questo scenario positivo si realizzi, è necessario superare alcune gravi lacune attualmente presenti nel tessuto produttivo italiano. Queste sfide includono la bassa digitalizzazione delle imprese, in particolare il settore costituito da piccole e micro aziende, e la carenza di lavoratori con competenze digitali, sia a livello base che avanzato.

Cosa dice il rapporto

Il rapporto “Ai 4 Italy” rappresenta un’audace iniziativa volta a esplorare in modo approfondito l’impatto potenziale degli algoritmi intelligenti sull’economia italiana, analizzando attentamente ciascun settore. Per cominciare, lo studio offre una panoramica esaustiva della situazione attuale attraverso un sondaggio condotto presso un campione di cento aziende. I risultati sono sorprendenti: il 78% di queste aziende ha già adottato o sperimentato applicazioni di Intelligenza Artificiale generativa, oppure ha programmi concreti di farlo nel prossimo futuro.

Questa percentuale è senza dubbio incoraggiante, poiché indica un interesse significativo da parte delle aziende italiane nell’abbracciare l’innovazione tecnologica offerta dall’Intelligenza Artificiale. Tuttavia, è fondamentale sottolineare che il campione coinvolto nel sondaggio è composto principalmente da imprese di dimensioni medie e grandi. Questo dato suggerisce che le aziende più propense all’innovazione sono in prima fila nell’adozione dell’Intelligenza Artificiale, mentre potrebbero sussistere sfide aggiuntive nel coinvolgere le piccole imprese e i settori tradizionalmente meno inclini alla digitalizzazione.

L’adozione della IA nelle aziende

Il prossimo passo consiste nell’analizzare come questa massiccia percentuale di adozione dell’Intelligenza Artificiale si diffonderebbe in tutto il panorama economico italiano e nel comprendere le trasformazioni che coinvolgerebbero le attività delle imprese. In questo contesto, è essenziale notare che tutti i settori subirebbero una trasformazione, e la domanda non è “se” ma “quanto” sarebbero influenzati.

Gli incrementi di produttività derivanti dall’adozione diffusa dell’Intelligenza Artificiale varieranno notevolmente a seconda del settore. Ad esempio, settori con una componente fisica più marcata, come l’agricoltura e le costruzioni, potrebbero registrare aumenti inferiori al 20%. Al contrario, settori come il commercio, l’educazione, la pubblica amministrazione e i servizi professionali potrebbero beneficiare di aumenti medi tra il 20 e il 25%. Le aziende digitali e finanziarie, invece, potrebbero sperimentare incrementi superiori al 25%. Questa variazione evidenzia come l’effetto dell’Intelligenza Artificiale sarà eterogeneo a livello settoriale.

In termini di mansioni, l’impatto sarà massimo per gli impiegati che svolgono attività di routine automatizzabili, poiché l’IA può prendersi carico di compiti ripetitivi e ben definiti. Tuttavia, è importante sottolineare che anche professionisti, manager, ricercatori e creativi subiranno un impatto significativo. Questo dimostra che l’Intelligenza Artificiale “generativa” non si limiterà a trasformare solo lavori di base, ma avrà un’influenza considerevole su figure altamente qualificate, sottolineando come la trasformazione sarà generalizzata e coinvolgerà una vasta gamma di professionisti e settori dell’economia italiana.

Come l’intelligenza artificiale può cambiare il mondo del lavoro

L’introduzione di un assistente universale in azienda, in grado di collaborare con gli esseri umani in varie attività, rappresenta una svolta fondamentale nell’evoluzione del mondo del lavoro e dell’economia. La valutazione dell’impatto di questa trasformazione può essere affrontata da due prospettive significative.

In primo luogo, se consideriamo un numero fisso di ore lavorate, l’adozione di questo assistente potrebbe innescare un notevole impulso al Pil nazionale, portandolo a incrementare di 312 miliardi di euro, equivalente al 18%. Questo risultato sottolinea il potenziale dell’Intelligenza Artificiale nel migliorare l’efficienza e la produttività delle aziende, generando un aumento significativo della produzione economica complessiva.

In alternativa, se consideriamo un valore aggiunto costante, l’adozione dell’assistente universale potrebbe “liberare” circa 5,7 miliardi di ore di lavoro umano ogni anno. Questo aspetto mette in evidenza la possibilità di riassegnare il lavoro umano da attività ripetitive e routinarie a compiti più creativi e ad alto valore aggiunto, contribuendo a migliorare la qualità del lavoro e a stimolare l’innovazione.

Tuttavia, è fondamentale comprendere che l’impatto complessivo sarà una combinazione di entrambi questi approcci. Alcune aziende potrebbero decidere di utilizzare la produttività aggiuntiva per aumentare la produzione, creando un incremento tangibile nel Pil. Allo stesso tempo, altre potrebbero preferire mantenere la stessa produzione ma ridurre il lavoro necessario, migliorando l’efficienza operativa e consentendo ai dipendenti di concentrarsi su attività più creative e strategiche.

L’IA farà davvero perdere posti di lavoro? Cosa dice il rapporto

La questione dibattuta sull’Intelligenza Artificiale riguardo alla perdita di posti di lavoro per gli esseri umani è ancora oggetto di intense discussioni e preoccupazioni. Tuttavia, lo studio in esame fornisce un’importante prospettiva: nel complesso, l’IA non dovrebbe rappresentare la principale causa di disoccupazione. È incoraggiante notare che aziende leader come Microsoft, forti della loro esperienza nello sviluppo di algoritmi avanzati, non hanno alcun interesse a diffondere paure infondate.

Ciò detto, l’Italia si trova di fronte a sfide più immediate e pressanti. La mancanza di innovazione, la crescita economica limitata e la carenza di lavoro di qualità rappresentano ostacoli significativi che devono essere affrontati. Lo studio solleva pertanto un campanello d’allarme in merito a questioni cruciali. In primo luogo, sottolinea l’importanza di garantire che lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale avvenga in modo etico. Questo implica la necessità di stabilire un dialogo ben definito tra governi e aziende, al fine di definire normative e direttive che promuovano una tecnologia basata sull’IA responsabile e centrata sull’umanità.

In secondo luogo, il contesto italiano richiede una profonda trasformazione. Per rendere diffusa l’adozione dell’Intelligenza Artificiale, è necessario affrontare la sfida di digitalizzare circa 113.000 piccole imprese, che costituiscono un pilastro fondamentale dell’ecosistema economico italiano. Inoltre, è cruciale aumentare il numero di laureati nelle discipline tecnologiche, attualmente tra i più bassi in Europa, di 130.000 unità. Questo è essenziale per garantire che l’Italia sia in grado di sfruttare appieno le opportunità offerte dall’IA e rimanere competitiva a livello globale.