Peste suina: cos’è, sintomi e come si trasmette. Quali rischi per l’uomo e i cani

La Peste suina africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali. Ecco come e quanto può essere pericolosa

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Come chiarito dal Ministero della Salute, dal 2014 un’importante epidemia di Peste Suina Africana sta interessando alcuni Paesi dell’Est Europa. La malattia è attualmente diffusa in Polonia, Germania, Estonia, Lettonia, Slovacchia, Grecia, Lituania, Romania, Ungheria, Bulgaria.

Dov’è diffusa la peste suina

A settembre 2018 il Belgio ha segnalato i primi casi di malattia nei cinghiali selvatici, facendo registrare un preoccupante balzo in avanti della PSA verso l’Europa occidentale. Grazie a un rigoroso piano di controllo, il Paese ha eradicato la malattia a fine 2020. A settembre dello stesso anno però il virus è arrivato in Germania, ed è stato rilevato in alcune carcasse di cinghiale nelle zone immediatamente a ridosso del confine con la Polonia.

Fuori dall’UE, la PSA sta interessando alcuni Paesi africani, Russia, Ucraina, Moldova, Cina, India, Filippine e diverse aree dell’Estremo Oriente.

Ad oggi sono stati registrati migliaia di focolai negli allevamenti di suini domestici e nei cinghiali selvatici. In Italia, fino al rilevamento del virus nel 2022 nelle carcasse rinvenute in Piemonte e in Liguria, la malattia era presente unicamente in Sardegna dal 1978. Il numero di focolai di malattia in Sardegna è sempre stato estremamente variabile nel corso degli anni, tra ondate epidemiche critiche e periodi di calma totale.

Il 7 gennaio 2022 il Centro di Referenza Nazionale per lo studio delle malattie da Pestivirus ed Asfivirus dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell’Umbria e Marche ha confermato la positività in un cinghiale trovato morto in Piemonte, nel Comune di Ovada, in provincia di Alessandria.

A maggio 2022 casi di malattia sono stati riscontrati nel Lazio, in provincia di Roma, incluso un focolaio in un piccolo allevamento sito in zona infetta, e maggio 2023 anche in Calabria e Campania sono state ritrovate alcune carcasse infette, rispettivamente in Provincia di Reggio Calabria e Salerno. Nella provincia di Reggio Calabria sono stai coinvolti dall’infezione anche due piccoli allevamenti domestici.

Cos’è la Peste Suina Africana

Ma di cosa si tratta esattamente? Proviamo a fare chiarezza. La Peste suina africana (PSA) è una malattia virale, altamente contagiosa e spesso letale, che colpisce suini e cinghiali, ma che – ed è fondamentale sottolinearlo – non è trasmissibile agli esseri umani.

La PSA è causata da un virus della famiglia Asfaviridae, genere Asfivirus, incapace di stimolare la formazione di anticorpi neutralizzanti, aspetto che rappresenta l’ostacolo più grande alla preparazione di un vaccino, che attualmente non è disponibile in commercio.

La presenza del virus nel sangue dura dai 4 ai 5 giorni e spesso conduce l’animale alla morte in tempi rapidissimi. Nel sangue prelevato è rilevabile fino a 18 mesi. Il virus è anche dotato di una buona resistenza in ambiente esterno e può rimanere in vita anche fino a 100 giorni, sopravvivendo all’interno dei salumi per alcuni mesi o resistendo alle alte temperature.

Come spiega il Ministero della Salute, è una malattia con un vasto potenziale di diffusione, ecco perché una eventuale epidemia di PSA sul territorio nazionale comporta pesanti ripercussioni sul patrimonio zootecnico suino, con danni ingenti sia per la salute animale, perché diventa necessario abbattere gli animali malati e sospetti tali, sia per il comparto produttivo e il commercio di animali vivi e dei loro prodotti (qui tutte le conseguenze su export, turismo e lavoro).

L’Organizzazione mondiale per la sanità animale d il Nuovo Regolamento di sanità animale della Commissione Europea annoverano la PSA nella lista delle malattie denunciabili: qualunque caso, anche sospetto, deve essere assolutamente denunciato all’autorità competente. Dai Paesi infetti scatta immediatamente il divieto di commercializzare suini vivi e prodotti derivati.

I sintomi

I sintomi principali negli animali colpiti sono:

  • febbre
  • perdita di appetito
  • debolezza del treno posteriore con conseguente andatura incerta
  • difficoltà respiratorie e secrezione oculo-nasale
  • costipazione
  • aborti spontanei
  • emorragie interne
  • emorragie evidenti su orecchie e fianchi.

Gli animali che superano la malattia possono restare portatori del virus per circa un anno, giocando dunque un ruolo fondamentale per la persistenza del virus nelle aree endemiche e per la sua trasmissione.

Come si trasmette

Spesso, quella che viene percepita come la fase di invasione, dopo il primissimo rilevamento di una carcassa infetta, rappresenta in realtà l’esordio, se non persino il picco, di un’epidemia silente con un gran numero di carcasse infette già presenti.

La peste suina si diffonde direttamente per contatto tra animali infetti oppure attraverso la puntura di vettori, come le zecche.

La trasmissione indiretta si verifica invece attraverso attrezzature e indumenti contaminati, che possono veicolare il virus, oppure con la somministrazione ai maiali di scarti di cucina contaminati, pratica vietata dai regolamenti europei dal 1980, o smaltendo rifiuti alimentari in modo non corretto, specie se contenenti carni suine.

Lo smaltimento efficace e sicuro delle carcasse infette di animali morti svolge un ruolo cruciale, vista l’estrema resistenza ambientale del virus che sopravvive, per esempio, nelle carni infette, fino a 4 anni.

Proprio per questo motivo, la presenza di carcasse sul territorio rappresenta una delle maggiori cause di mantenimento della malattia sul territorio, e il loro smaltimento è uno degli obiettivi più rilevanti per il contenimento della patologia.

È pericolosa per l’uomo?

Fortunatamente la peste suina non è pericolosa per l’uomo perché non è trasmissibile all’uomo né attraverso il contatto diretto con animali malati né tramite alimenti di origine suina.

L’uomo può però essere veicolo di trasmissione del virus attraverso la contaminazione di veicoli, indumenti, attrezzature, cibo di origine o contenente carne suina, anche stagionata.

I prodotti a base di carne suina possono essere consumati in sicurezza, perché come detto il virus della peste PSA non è trasmissibile all’uomo. Attenzione però ai rifiuti, che devono essere correttamente smaltiti.

È pericolosa per i cani?

Come spiega ENCI-Ente Nazionale Cinofila Italiana, nessun rischio esiste per i cani. Come per gli uomini, anche per i cani la malattia non può essere trasmessa e quindi non rappresenta un pericolo.

ENCI sottolinea anche che i rapporti dell’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) suggeriscono di impiegare cacciatori e silvicoltori, riconosciuti come i principali conoscitori delle aree di presenza del cinghiale, per la ricerca attiva delle carcasse.

Quali misure per sradicarla

Nei Paesi infetti il controllo si effettua attraverso l’abbattimento e la distruzione dei suini positivi e di tutti gli altri suini presenti all’interno dell’allevamento infetto.

Fondamentali sono non solo l’individuazione precoce dell’ingresso della malattia, ma anche la delimitazione tempestiva delle zone infette, il rintraccio e il controllo delle movimentazioni di suini vivi e dei prodotti derivati, le operazioni di pulizia e disinfezione dei locali e dei mezzi di trasporto degli allevamenti infetti, l’effettuazione delle indagini epidemiologiche volte ad individuare l’origine dell’infezione.

A causa del contagio provocato dalle carcasse, la semplice riduzione del numero di cinghiali non è risolutiva se le carcasse non vengono rinvenute e rimosse in modo sicuro. La presenza di carcasse infette consente la continua persistenza del virus nell’ambiente anche se la popolazione di cinghiali infetti viene gestita a densità estremamente bassa. Durante questa fase, le probabilità di eradicare la malattia sono estremamente basse a causa dell’elevato numero di cinghiali infetti presenti.

È solo nella successiva fase endemica che l’infezione ha una certa probabilità di essere eradicata, ma se e solo se, oltre ad una drastica riduzione degli animali vivi, viene effettuato anche una corretta rimozione delle carcasse.

Essere in grado di rilevare rapidamente le carcasse dei cinghiali risulta, pertanto, fondamentale, nell’ambito delle strategie di prevenzione e controllo della PSA. A questo proposito ENCI ha realizzato un progetto sperimentale per la preparazione di cani da detection, addestrati al rilevamento delle carcasse di cinghiale.

Purtroppo, al momento non esiste un vaccino efficace, così come non esistono trattamenti specifici né farmaci per la cura o la prevenzione della PSA nei suini colpiti.

Cosa fare se si trova una carcassa di cinghiale?

Se si trova in giro una carcassa di cinghiale è fondamentale informare il servizio veterinario dell’ASL competente sul territorio o della Polizia Provinciale o Municipale in modo che possano essere attivate le procedure diagnostiche ed allo smaltimento della carcassa in sicurezza.