Assegno di maternità, cambiano i requisiti

Cambiano i requisiti Isee per l'accesso all'assegno di maternità concesso dai Comuni, il limite per l'anno 2023 è maggiore: chi sono gli esclusi e i beneficiari?

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Cambiano i requisiti Isee per l’accesso all’assegno di maternità concesso dai Comuni: lo ha confermato l’Inps, nella circolare n. 26 dell’8 marzo 2023, stabilimento un nuovo limite economico per l’anno 2023, maggiore rispetto al 2022. Ma quindi, chi sono gli esclusi e i beneficiari quest’anno?

Assegno di maternità: cambiano gli importi e il requisito Isee

La modifica dei requisiti economici non è l’unica introdotta quest’anno dall’Inps in merito agli assegni di maternità riconosciuti dai Comuni.

In particolare, tenendo conto degli effetti delle rivalutazioni Istat (ve ne avevamo parlato qui), le novità sono due:

  • l’importo dell’assegno mensile di maternità, spettante nella misura intera, per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento, avvenuti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, sarà pari a 383,46 euro per cinque mensilità e, quindi, a complessivi 1.917,30 euro (maggiore rispetto ai 354,73 per 5 mensilità dell’anno scorso, che complessivamente riconoscevano una somma pari a 1.773,65 euro);
  • Il valore Isee (qui come si calcola e come si richiederlo) da tenere presente per le nascite, gli affidamenti preadottivi e le adozioni senza affidamento, avvenuti dal 1° gennaio 2023 al 31 dicembre 2023, sarà invece pari a 19.185,13 euro (anche in questo caso maggiore rispetto ai 17.747,58 euro del 2022).

Aumentano gli importi dell’assegno di maternità: perché la platea dei beneficiari è stata estesa

La decisione di aumentare gli importi riconosciuti a chi percepisce l’assegno di maternità, così come quella di estendere la platea ammettendo un limite Isee maggiore, si inserisce nel quadro di interventi promossi dal governo per far fronte alla crescente inflazione (e al progressivo innalzamento dei prezzi: qui per gli ultimi aggiornamenti).

Come riportato nella circolare Inps, infatti, il Dipartimento delle politiche per la famiglia del Consiglio dei Ministri, ha reso noto che la variazione dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati è stata pari all‘8,1% (fonte comunicato ufficiale ISTAT del 17 gennaio 2023 e comunicato della Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per le politiche della famiglia, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 48 del 25 febbraio 2023).

Da qui la decisione di intervenire correggendo tutta una serie di sussidi destinati alle famiglia (ma anche alle imprese e ai lavoratori: qui tutti i bonus con Isee che si possono avere nel 2023).

Assegno maternità dello Stato e assegno maternità dei Comuni: le differenze

Quanto stabilito dalla circolare Inps dell’8 marzo, come ripetuto più volte, si riferisce all’assegno di maternità riconosciuto dai Comuni, diverso da quello dello Stato.

L’assegno di maternità di base, anche detto “assegno di maternità dei comuni“, è una prestazione assistenziale concessa dai comuni e pagata dall’Inps e spetta:

  • nei casi di parto, adozione o affidamento preadottivo;
  • a cittadini residenti italiani, comunitari o stranieri in possesso di titolo di soggiorno (per la specifica della tipologia di permesso di soggiorno utile per la concessione del beneficio è necessario rivolgersi al proprio comune di residenza);
  • entro determinati limiti di reddito.

I richiedenti non devono avere alcuna copertura previdenziale oppure devono averla entro un determinato importo fissato annualmente. Inoltre, non devono essere già beneficiari di altro assegno di maternità Inps. La domanda va presentata al comune di residenza entro sei mesi dalla nascita del bambino o dall’effettivo ingresso in famiglia del minore adottato o in affido preadottivo.

L’assegno di maternità dello Stato, invece, è l’assegno destinato ai lavori atipici e discontinui (qui invece per le p. Iva), ovvero una prestazione previdenziale a carico dello Stato, concessa ed erogata direttamente dall’Inps.

I beneficiari sono:

  • la madre, anche adottante;
  • il padre, anche adottante;
  • gli affidatari preadottivi;
  • l’adottante non coniugato;
  • il coniuge della madre adottante o dell’affidataria preadottiva;
  • gli affidatari (non preadottivi) nel caso di non riconoscibilità o non riconoscimento da parte di entrambi i genitori.

I requisiti generali richiesti per il diritto all’assegno di maternità di Stato sono la residenza in Italia e la cittadinanza italiana o di uno Stato dell’Unione europea, ma ne hanno diritto anche i cittadini extracomunitari regolari.

Anche in questo caso la domanda deve essere presentata entro 6 mesi dalla nascita del bambino o dall’effettivo ingresso del minore in famiglia nel caso di adozione o affidamento, oppure in Italia in caso di adozione internazionale, mentre valgono requisiti diversi a seconda che si tratti di lavoratore padre o lavoratrice madre (qui le istruzioni Inps).

L’assegno di maternità dello Stato va richiesto alla sede Inps di competenza in via telematica, attraverso uno dei seguenti canali:

  • servizio online dedicato;
  • Contact Center al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164 164 da rete mobile;
  • patronati, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.

In sostanza, sono due forme di assistenza previdenziale che si affiancano, ma – nello specifico – l’assegno di maternità dei Comuni differisce da quello dello Stato perché questo viene riconosciuto ai lavoratori discontinui, mentre nel primo caso l’importo mensili è invece destinato ha chi ha un Isee basso.

Quando al genitore lavoratore spetta l’assegno Inps per i figli

Come già accennato sopra, l’assegno di maternità-paternità riconosciuto dallo Stato ai genitori lavoratori tiene conto di requisiti diversi a seconda che a richiederlo sia il padre o la madre.

In particolare, per la madre sono previsti i seguenti requisiti:

  • se lavoratrice, deve avere almeno tre mesi di contribuzione per maternità nel periodo compreso tra i 18 e i nove mesi precedenti il parto o l’effettivo ingresso del bambino in famiglia in caso di adozione nazionale, affidamento preadottivo, oppure in Italia in caso di adozione internazionale;
  • se ha lavorato almeno tre mesi e perso il diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali, il lasso di tempo compreso tra la data della perdita del diritto e la data del parto o dell’effettivo ingresso in famiglia del bambino, in caso di adozione o affidamento, non deve superare né il periodo delle prestazioni godute né i nove mesi;
  • se durante il periodo di gravidanza ha cessato di lavorare per recesso, anche volontario, dal rapporto di lavoro, deve poter far valere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai nove mesi antecedenti al parto.

Per il padre invece sono previsti i seguenti requisiti:

  • in caso di abbandono del figlio da parte della madre o di affidamento esclusivo del figlio al padre, al momento dell’abbandono o dell’affidamento esclusivo deve essere in possesso dei requisiti contributivi previsti per la madre;
  • se è affidatario preadottivo, in caso di separazione dei coniugi avvenuta durante la procedura di affidamento preadottivo, al momento dell’affidamento deve essere in possesso dei requisiti contributivi previsti per la madre;
  • se è padre adottante, nel caso di adozione senza affidamento durante la separazione dei coniugi, al momento dell’adozione deve essere in possesso dei requisiti contributivi previsti per la madre;
  • se è padre adottante non coniugato, in caso di adozione pronunciata solo nei suoi confronti, al momento dell’adozione deve essere in possesso dei requisiti contributivi previsti per la madre;
  • se ha riconosciuto il neonato o è coniuge della donna adottante o affidataria preadottiva, in caso di decesso della madre naturale o di quella adottiva o affidataria preadottiva, al momento della domanda, sono necessari il regolare soggiorno e residenza in Italia del padre o del coniuge della deceduta, la presenza del minore presso la sua famiglia anagrafica, la potestà sul minore, il non affidamento del minore presso terzi e che la donna deceduta non abbia già usufruito dell’assegno.