VI Rapporto sull’economia circolare, l’Italia si conferma leader in Europa

A un mese dalle europee, sono dati importanti perché l'economia circolare è una delle poste in gioco: il futuro del Green Deal passa attraverso la circolarità

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

In Italia, il concetto di risparmio si estende ben oltre il contesto familiare. Quasi un quinto della nostra produzione proviene dal riciclo, posizionandoci al secondo posto, dopo la Francia, per quanto riguarda il tasso di utilizzo circolare delle risorse. Tra le cinque principali economie dell’Unione Europea, l’Italia si distingue come leader nella capacità di sfruttare al meglio le risorse materiali: la produttività delle risorse nel nostro Paese ammonta in media a 3,7 euro per chilo, nettamente superiore alla media dell’Ue, pari a 2,5 euro per chilo. Il nostro sistema economico e produttivo mostra una spiccata propensione per la circolarità, un’attitudine che coinvolge anche le piccole e medie imprese: il 65% di esse afferma di adottare pratiche di economia circolare, oltre il doppio rispetto al 2021.

Questi dati assumono una rilevanza particolare in un momento cruciale, a un mese esatto dalle elezioni europee, dove l’economia circolare emerge come una delle tematiche centrali: il futuro del Green Deal europeo dipende in larga misura dalla promozione della circolarità. L’Italia, da sempre, riveste un ruolo di primissimo piano in Europa su questo fronte. A confermare questo scenario, sono stati presentati oggi i dati del sesto Rapporto sull’economia circolare in Italia, elaborato dal Circular Economy Network (Cen) e da Enea, durante la conferenza annuale sull’economia circolare, tenutasi presso l’Acquario Romano, nella Capitale.

Un modello da esportare

L’Italia rappresenta un esempio virtuoso da seguire per gli altri Paesi europei. Il nostro modello di economia circolare, basato su riciclo, efficienza e innovazione, può essere replicato con successo anche in altri contesti.

L’impegno del nostro Paese in materia di economia circolare è stato riconosciuto anche a livello internazionale. Nel 2023, l’Italia è stata infatti inserita nella Top 10 Circular Economy Hotspot dal Circular Economy Network, un network globale che riunisce esperti e stakeholder del settore.

Italia leader in Europa per economia circolare: confermato il primato

Per la prima volta, il Rapporto sull’economia circolare in Italia, realizzato dal Circular Economy Network e da Enea, ha confrontato le performance di circolarità delle cinque principali economie dell’Unione Europea (Italia, Francia, Germania, Spagna e Polonia) utilizzando gli indicatori della Commissione Europea.

Questi indicatori, che includono la produzione e il consumo, la gestione dei rifiuti, le materie prime seconde, la competitività e l’innovazione, la sostenibilità ecologica e la resilienza, offrono una panoramica più completa del quadro circolare di ogni Paese.

Nonostante l’adozione di questi nuovi parametri di valutazione, l’Italia si conferma leader in Europa per economia circolare, con un punteggio di 45 punti. Seguono la Germania (38 punti), la Francia (30 punti), la Polonia (26 punti) e la Spagna (26 punti).

Il risultato positivo dell’Italia deriva principalmente dall’efficienza nella gestione dei rifiuti, un settore in cui il nostro Paese eccelle da tempo. Tuttavia, rimangono ancora ampi margini di miglioramento in altri ambiti, come la produzione e il consumo di risorse.

L’analisi del Cen e Enea evidenzia l’impegno dell’Italia nel percorso verso un’economia più sostenibile. L’adozione di strategie mirate e l’innovazione continua saranno fondamentali per consolidare il primato italiano e per affrontare le sfide future in materia di ambiente e risorse.

Eccellenza Italiana nel Riciclo dei Rifiuti

L’Italia si colloca al primo posto per il tasso di riciclo dei rifiuti, con un’impressionante percentuale del 71,7% nel riciclo dei rifiuti di imballaggio nel 2021, superando dell’8% la media dell’UE27 che si attesta al 64%. Tra il 2017 e il 2022, abbiamo visto un incremento del 3,4% nel riciclo dei rifiuti urbani, raggiungendo il 49,2%, cifra che si avvicina alla media Ue del 48,6% e segue la Germania, che guida con il 69,1%.

Per quanto riguarda il riciclo dei Raee (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), l’Italia si distingue nuovamente con un tasso del 87,1% nel 2021, sebbene ciò rappresenti una leggera diminuzione rispetto al 2017. Questo risultato è notevolmente superiore alla media Ue dell’81,3%. Inoltre, la produzione media di rifiuti urbani pro capite nell’Ue è stata di 513 kg nel 2022, mentre in Italia si è registrata una riduzione da 504 kg per abitante nel 2018 a 494 kg per abitante nel 2022, dimostrando un impegno costante verso la riduzione dei rifiuti.

Economia circolare, l’Italia traina l’Europa in termini di produttività e occupazione

Nel corso del 2022, l’Italia ha dimostrato un’efficace gestione delle risorse, producendo un valore di 3,7 euro di Prodotto Interno Lordo (Pil) per ogni chilogrammo di materiale consumato, registrando un incremento del 2,7% rispetto al 2018. Questo risultato supera la media dell’Unione Europea, che si attesta a 2,5 euro/kg nel 2022, e prevale anche sui dati degli altri quattro maggiori paesi europei.

In termini di economia circolare, l’Italia ha mantenuto una solida posizione nel 2022, con un tasso di utilizzo circolare di materia del 18,7%. Questo indice misura la proporzione di materie prime secondarie, ottenute dal riciclo, rispetto al consumo totale di materiali.

Per quanto riguarda gli investimenti nelle attività di economia circolare nell’UE27, nel 2021 si sono attestati a 121,6 miliardi di euro, pari allo 0,8% del Pil. L’Italia, con un investimento di 12,4 miliardi di euro (0,7% del Pil), si è classificata al terzo posto dopo Germania e Francia, evidenziando un aumento del 14,5% rispetto al 2017.

L’economia circolare ha inoltre un impatto positivo sull’occupazione. Nel 2021, gli occupati in settori correlati all’economia circolare nell’UE27 ammontavano a 4,3 milioni, il 2,1% del totale. In Italia, il numero di occupati era di 613.000, rappresentando il 2,4% del totale e segnando un aumento del 4% rispetto al 2017. L’Italia si posiziona al secondo posto, subito dopo la Germania, che conta 785.000 lavoratori in questi settori (1,7% del totale).

Infine, il valore aggiunto generato dalle attività dell’economia circolare nell’intera Ue nel 2021 ha raggiunto i 299,5 miliardi di euro, il 2,1% del totale economico. In Italia, tale valore è stato di 43,6 miliardi di euro, il 2,5% del totale, in crescita rispetto al 2,1% del 2017. La Spagna e la Germania hanno registrato incrementi, mentre la Francia e la Polonia hanno mostrato una diminuzione.

Sfide nell’economia circolare italiana

Se da un lato l’Italia si conferma leader in Europa per tasso di riciclo dei rifiuti, produttività delle risorse e occupazione nel settore, dall’altro persistono alcune criticità che richiedono un impegno maggiore per consolidare la nostra posizione di eccellenza.

  • Consumo di materiali: nel 2022 il consumo di materiali in Italia è stato di 12,8 tonnellate/abitante, inferiore alla media europea (14,9 t/ab) ma in crescita dell’8,5% rispetto al 2018. Questo dato evidenzia la necessità di ridurre il consumo di risorse e promuovere modelli di consumo più sostenibili.
  • Dipendenza dalle importazioni di materiali: l’Italia dipende ancora in larga misura dalle importazioni di materiali, con un tasso del 46,8% nel 2022, più del doppio della media europea (22,4%). Sebbene in calo rispetto al 2018 (-3,8%), questo dato indica la necessità di rafforzare l’autonomia del nostro Paese nella gestione delle risorse.
  • Brevetti per la gestione dei rifiuti e il riciclo: nel 2020 l’Italia ha depositato solo 21 brevetti relativi alla gestione dei rifiuti e al riciclo, pari a 0,36 per milione di abitanti. Un dato nettamente inferiore alla media europea di 0,46 brevetti per milione di abitanti e in calo del 25% rispetto al 2016. Questo dato evidenzia la necessità di investire maggiormente in ricerca e innovazione in questi settori.
  • Indicatori di trend della circolarità: gli indicatori di trend della circolarità, basati sulla dinamica degli ultimi cinque anni, segnalano una certa difficoltà dell’Italia a mantenere la sua posizione di leadership. Se non verranno intraprese azioni concrete per affrontare le criticità sopracitate, il rischio è di perdere il terreno guadagnato negli ultimi anni.

In conclusione, l’Italia ha raggiunto risultati importanti in materia di economia circolare, ma è necessario un impegno maggiore per consolidare la leadership e affrontare le sfide future. Investire in ricerca e innovazione, promuovere modelli di consumo sostenibili e ridurre la dipendenza dalle importazioni di materiali sono solo alcune delle azioni chiave per un futuro più circolare e sostenibile per il nostro Paese.

La circolarità come motore di competitività e sostenibilità

Edo Ronchi, presidente del Circular Economy Network, ha sottolineato che “puntare sulla circolarità deve essere la via maestra per accelerare la transizione ecologica e climatica e aumentare la competitività delle nostre imprese”. Ha inoltre evidenziato che, in un contesto caratterizzato da una bassa crescita e dai vincoli stringenti del rientro del debito pubblico, l’Italia può e deve fare di più per promuovere e migliorare la circolarità dell’economia. Questo può avvenire attraverso misure a monte dell’uso dei prodotti per contrastare sprechi, consumismo e aumentare efficienza e risparmio di risorse nelle produzioni, nell’uso dei prodotti promuovendo l’uso prolungato, il riutilizzo, la riparazione e l’uso condiviso, e a fine uso potenziando e migliorando la qualità del riciclo e l’utilizzo delle materie prime seconde.

Il ruolo chiave delle Pmi nella transizione circolare

Tra i focus di questo anno le piccole e medie imprese, colonna portante del sistema produttivo italiano. Con un’indagine realizzata tra dicembre 2023 e gennaio 2024, in collaborazione con Cna, presentata oggi alla Conferenza del Cen, è stato chiesto a 800 piccoli imprenditori (il 49% nei servizi, la restante metà nell’industria e in particolare il 35,5% nella manifattura e il 14,1% nelle costruzioni) cosa pensano e soprattutto come agiscono rispetto alle politiche green.

Il 65% del campione delle piccole imprese intervistate dichiara di mettere in atto pratiche di economia circolare: oltre il doppio rispetto a quanto rilevato nel 2021. Inoltre, il 10% delle imprese ha intenzione di avvicinarsi all’economia circolare nel prossimo futuro. Gli interventi realizzati più spesso riguardano l’uso di materiali riciclati (68,2%), la riduzione degli imballaggi (64%), interventi per la durabilità e la riparabilità del prodotto (53,2%).

Rispetto ai principali vantaggi dell’adozione di misure di economia circolare, il 70,4% delle imprese indica la maggiore sostenibilità ambientale, la riduzione dei costi di produzione (61%), la maggiore efficienza (35,6%) e l’impulso all’innovazione (34,2%). Per il 61% delle imprese coinvolte nel sondaggio le misure di economia circolare generano benefici in termini di riduzione dei costi.

L’indagine conferma che le piccole imprese possono svolgere un ruolo di primo piano nella transizione verso un’economia circolare. Ma è necessario che le politiche pubbliche siano maggiormente orientate in questa direzione.

Materie prime critiche, l’economia circolare come chiave per l’indipendenza

Nel 2023 la Commissione europea ha identificato 34 “materie prime critiche” cruciali per la nostra economia. Ne sono state classificate come strategiche 17: il rame è una di queste. E si stima che entro il 2050 la sua domanda potrebbe raddoppiare. Il problema è che l’Europa ha solo il 3% delle riserve globali, mentre la maggior concentrazione di riserve si trova in Cile (31%), Perù (11%), Repubblica Democratica del Congo (9%).

Di qui l’uso del “rame secondario”: il rame è ampiamente riciclabile e già oggi riciclato in quantità significative che vanno ulteriormente aumentate. Stesso discorso per un’altra categoria di materie prime critiche, le ‘terre rare’, alcune delle quali, usate nei magneti permanenti, sono anche strategiche per le rinnovabili, la mobilità elettrica e l’elettronica. A livello mondiale, l’85% circa delle terre rare leggere e tutte le terre rare pesanti impiegate dipendono dalla Cina. Anche in questo caso, la richiesta di terre rare potrebbe aumentare sensibilmente, addirittura decuplicare entro il 2050.

Le riserve mondiali di terre rare sono concentrate, ancora una volta, in Cina (44 Mt), Vietnam (22 Mt), Brasile (21 Mt) e Russia (12 Mt). Il principale fornitore – circa l’80 % – di materia raffinata per l’Europa? Sempre la Cina. Vale lo stesso discorso del rame: è possibile recuperare le terre rare dal riciclo di materiali a fine vita, una pratica meno inquinante di quella primaria che consente anche di accedere a fonti con concentrazioni maggiori di terre rare rispetto a quelle in natura.

Non è un tema di poco conto: le attività economiche che impiegano le terre rare sono responsabili dell’11,4% del fatturato dell’intero manifatturiero italiano. Rendersi dunque indipendenti dalle importazioni attraverso l’economia circolare è più che un auspicio, una necessità.

Verso un’economia circolare, le sfide e le opportunità in Italia

“Gli indicatori sulla circolarità del nostro Paese confermano le ottime prestazioni dell’Italia su vari aspetti, tra cui ad esempio le percentuali di riciclo e di tasso di utilizzo circolare di materia. L’aumento significativo di consumo di risorse evidenzia tuttavia che urge un cambio di paradigma nel modello economico e negli stili di vita che punti sul grande potenziale dell’economia circolare in termini di uso e gestione più efficiente delle risorse nelle filiere produttive, nelle città e nei territori”, ha dichiara Claudia Brunori, direttrice del Dipartimento Enea Sostenibilità, circolarità e adattamento al cambiamento climatico dei sistemi produttivi e territoriali.

“Per avere risultati vincenti e duraturi – ha concluso Brunori – è necessario rivoluzionare il modo in cui i prodotti vengono progettati e realizzati, integrando criteri di circolarità nei processi produttivi. Occorre progettare e produrre oggetti più durevoli e facili da riutilizzare e riciclare, ma anche da aggiornare e riparare. Per una transizione ecologica ‘completa’ occorre informare e rendere consapevoli quanto più possibile anche i consumatori, ai quali vanno offerti strumenti di conoscenza adeguati a comprendere l’impatto del proprio stile di vita sull’ambiente”.