Materie prime critiche: l’Italia verso la riapertura delle miniere

Gli obiettivi europei e il piano del Governo. Nel nostro Paese vi sono 16 dei 34 elementi strategici per l'UE

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Redazione

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La serie di crisi che l’Europa ha attraversato dal 2020 ha mostrato l’urgente necessità di ripensare la posizione dell’Unione europea nelle catene del valore globali, in particolare per i minerali e i metalli critici (litio, nichel, elementi delle terre rare, gallio, tungsteno, ecc.) da cui dipendiamo per costruire qualsiasi apparecchiatura, dalle celle fotovoltaiche alle turbine eoliche e alle attrezzature elettroniche.

La transizione verde e digitale – come rileva il ministero delle Imprese e del Made in Italy – determinerà una domanda esponenziale di questi materiali mentre la scarsa offerta intensificherà la competizione globale. Ecco perché le materie critiche sono state elencate all’interno dei sei settori prioritari per ridurre le dipendenze strategiche dell’UE, come sviluppato nell’Agenda di Versailles nel 2022. In tale scenario il ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, pochi giorni fa, ha annunciato l’intenzione di riaprire le miniere italiane ormai abbandonate da trent’anni. (Vedi qui anche altre proposte per il riutilizzo delle miniere abbandonate)

Gli obiettivi europei

Le 34 materie prime critiche indicate dall’UE sono necessarie – ha spiegato Urso – per la produzione delle batterie per auto elettriche e centrali elettriche, tra fonti rinnovabili, pannelli solari, semiconduttori e dovranno affrancarsi dalla dipendenza estera. Tra gli obiettivi della proposta di regolamento europeo – ha proseguito il Ministro – figurano: rafforzare la catena di valore delle materie prime critiche europee tutte le fasi estrazione, raffinazione, trasformazione, riciclaggio, diversificazione delle importazioni materie prime, per ridurre le dipendenze strategiche assicurando al contempo un livello elevato di protezione dell’ambiente, attraverso il miglioramento del loro circolarità e sostenibilità al fine di garantire che entro il 2030 e questo è il primo obiettivo, le capacità dell’unione per ciascuna materia prima strategica.

L’Unione Europea, tra gli obiettivi del regolamento, al 2030 – ha detto Urso – “non dovrebbe dipendere per oltre il 65% da un unico paese terzo per quanto riguarda l’approvvigionamento di qualsiasi materia prima strategica”, Ma, per non dipendere per oltre 65%, – precisa Urso –  servono misure per rafforzare la catena del valore del materie prime critiche, “sostegno per l’accesso ai finanziamenti e tempi di autorizzazione più brevi: quando vi è un progetto strategico, vi è una corsia accelerata che dovrebbe portare a una tempistica di 24 mesi per estrazione e 12 mesi per i permessi di trattamento e riciclaggio. Un obiettivo molto importante se si pensa che oggi in Cina le autorizzazioni sono in tre mesi, in Europa ci vogliono 15 anni”.

Le 16 materie prime critiche presenti in Italia

“L’Unione Europea ha definito 34 materie prime critiche, di cui 16 considerate anche strategiche per la loro rilevanza nella transizione ecologica e digitale, destinate all’aerospazio e alla difesa, alla produzione di batterie elettriche e pannelli solari, ma anche importanti per il divario fra offerta globale e domanda prevista” ha affermato giovedì scorso Urso in audizione al Senato. Possediamo nel nostro Paese  16 di queste 34 materie prime critiche indicate” ma queste – ha spiegato il Ministro – “si trovano in miniere che sono state chiuse 30 anni fa. Occorre, dunque, investire e riattivare queste potenzialità, riaprendo le miniere”. Nel dettaglio le 16 delle 34 materie prime critiche indicate dall’Unione europea presenti in Italia sono: bismuto, boro (grado metallurgico), cobalto, rame, gallio, germanio, litio (grado batteria), magnesio metallico, manganese (grado batteria), grafite naturale (grado batteria), nichel (grado batteria), metalli del gruppo del platino, elementi delle terre rare per magneti (Nd, Pr, Tb, Dy, Gd, Sm, e Ce), silicio metallico, titanio metallico, tungsteno.

Dove si trovano i giacimenti

Tali materie prime sono presenti, in particolare, nelle regioni dell’arco alpino, dal Friuli al Piemonte, ma anche in Liguria, Toscana, Nord del Lazio, Abruzzo e Sardegna. Il cobalto si trova in Friuli, Trentino, in Lombardia, e nel nord del Lazio e sotto le Alpi piemontesi. La barite in Trentino, Lombardia, Liguria, nord del Lazio, Sardegna e Calabria. Il manganese in Trentino, sotto le Alpi piemontesi, Liguria, Toscana, nord del Lazio, sull’Appennino abruzzese, Calabria e Sicilia. Il rame in Veneto, Trentino, Lombardia, Liguria, Toscana e Sardegna. Il magnesio in Veneto, Trentino e Toscana. L’antimonio in Toscana e in Sicilia. La bauxite sull’Appennino abruzzese, nel nord della Campania e in varie zone della Puglia. La grafite sotto le Alpi piemontesi, in Liguria e in Calabria. Il berillio è presente in Lombardia mentre in Liguria, sui monti del parco del Beigua, fra Genova e Savona, c’è maggior giacimento italiano di titanio. (Per approfondire il tema della distribuzione delle materie prime critiche leggi qui).

Verso la riapertura delle miniere italiane

Al momento l’Italia non ha attività mineraria, non c’è attività mineraria nel nostro paese” e sul regolamento europeo sulle materie prime critiche “non abbiamo appoggiato l’aumento del target della raffinazione dal 40% al 50%. La raffinazione è in altri paesi sopratutto in Cina, perché ha un alto impatto ambientale. Ora l’Europa ci chiede di riaprire le miniere” ha affermato Urso, in audizione al Senato sull’approvvigionamento sicuro e sostenibile di materie prime critiche. La riapertura delle miniere – ha evidenziato il Ministro – richiede  di compiere uno sforzo interno di investimenti, con il recupero di capacità tecnologica. “Si tratta – ha detto Urso – di una sfida e al tempo stesso di un’opportunità, di una grande opportunità per il nostro paese, d’altra parte in questo campo come in tutti i campi ovviamente la tecnologia ha fatto passi in avanti rispetto a trent’anni fa”. Secondo le stime del Ministro “entro la fine dell’anno tutto il quadro (sull’estrazione e lavorazione delle materie prime critiche in Europa, ndr) sarà chiaro: la normativa europea, quella italiana e le potenzialità del nostro territorio. A quel punto le imprese potranno presentare i loro progetti. Verosimilmente entro la fine di quest’anno si concluderà il percorso legislativo in Europa sulle materie prime critiche, con l’approvazione da parte del Trilogo di questo regolamento che la Commissione ci ha presentato – ha spiegato Urso –. Noi avremo compiuto un nostro percorso di riforma legislativa, per consentire a chi vuole operare in Italia di farlo in un contesto di certezza. Per questo, insieme al ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin stiamo già aggiornando le mappe minerarie del Paese. Trent’anni fa eravamo un grande paese minerario – ha proseguito Urso – poi abbiamo chiuso tutte le miniere. Ora dobbiamo riaprirle, e magari altre ancora”.

Per il ministro “sarà la Commissione a certificare i progetti delle imprese come importanti per l’autonomia strategica dell’Europa. A quel punto, su quei progetti vi sarà un limite di 2 anni per le autorizzazioni all’estrazione e di 1 anno per la raffinazione. Oggi ci vogliono 15 anni in Europa per avere l’autorizzazione a estrarre da una miniera, a fronte di 7 anni negli Stati Uniti, 2 in Canada e 3 mesi in Cina. Abbiamo un obiettivo che la Commissione ci pone e che noi condividiamo – ha concluso Urso –, che è quello di raggiungere almeno il 10% di materie prime critiche estratte nel nostro continente al 2030. Altri obiettivi al 2030 saranno il 50% di raffinazione in Europa e il 20% del riciclo. Su quest’ultimo siamo già il paese leader, e vogliamo migliorare ancora”.

L’Italia leader del riciclo materie prime critiche

“Il nostro obiettivo è fare l’Italia primo Paese, il Paese leader in Europa nel riciclo di materie prime critiche, possiamo farlo raggiungendo l’obiettivo del 20% di riciclo entro 2030” ha  affermato Urso. Secondo il ministro in Italia “nel 2040 il riciclo potrebbe arrivare a soddisfare quasi un terzo del fabbisogno italiano di materie prime critiche”. L’Italia è “leader, con un’importante capacità di recupero di materie prime critiche, ma – ha detto il Ministro – è necessario aumentare i tassi di raccolta e sviluppare la filiera industriale. Il riciclo è la chiave per ridurre, almeno nel breve termine, la dipendenza da paesi terzi e premia in termini di performance ambientale. Ovviamente – continua il ministro – a seconda degli investimenti che saranno effettuati in impianti di riciclo in Italia nel 2040, noi dobbiamo avere una visione strategica che va oltre la nostra legislatura, il riciclo potrebbe arrivare a soddisfare fino a quasi un terzo, il 32% del fabbisogno annuo italiano di materie prime strategiche”.