Quasi tutta la terra è ormai una camera a gas

Una ricerca pubblicata su The Lancet ha attestato che solo lo 0,18 per cento della superficie globale non registra aria inquinata

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Alessandro Mariani

Giornalista green

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

Sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche ambientali e di promuovere azioni concrete per la tutela del nostro pianeta è l’obiettivo principale della Giornata della Terra. Questa ricorrenza è stata istituita il 22 aprile 1970 come una celebrazione annuale della natura e dell’ambiente in cui viviamo.

La Giornata della Terra è diventata un’importante occasione per riflettere sull’importanza della sostenibilità e della responsabilità ambientale. Questo evento si celebra in tutto il mondo e coinvolge milioni di persone che si impegnano a ridurre l’impatto delle loro azioni sull’ambiente e a promuovere pratiche sostenibili.

In una serie di articoli esploreremo alcuni dei rischi maggiori che riguardano il nostro pianeta, le azioni che possiamo intraprendere per contribuire alla salvaguardia della Terra e le iniziative in corso per proteggere l’ambiente e ridurre l’impatto del cambiamento climatico. Sperando possa essere d’ispirazione in modo da per proteggere il nostro pianeta e promuovere un futuro sostenibile per tutti.

L’inquinamento dell’aria riguarda ormai quasi tutta la Terra

Secondo una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet Planetary Health, solo lo 0,18% della superficie terrestre è esente dall’inquinamento atmosferico, e solo lo 0,001% della popolazione mondiale vive in zone dove i livelli di inquinamento atmosferico rispettano gli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

La ricerca è stata condotta da un team di scienziati dell’Università di Monash, guidati dal dottor Yuming Guo, e ha considerato la presenza di particelle fini (PM2,5), che rappresentano il principale fattore di rischio per la salute ambientale. Nonostante i livelli di esposizione siano diminuiti in Europa e Nord America, sono aumentati in altre parti del mondo, superando le soglie dell’OMS in oltre il 70% dei giorni. La mancanza di stazioni di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico in tutto il mondo ha comportato una carenza di dati relativi all’esposizione locale, regionale e nazionale, ma la ricerca ha utilizzato metodi innovativi per valutare più accuratamente le concentrazioni di PM2,5.

La Terra è vittima dell’inquinamento atmosferico

La ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet Planetary Health ha attestato che solo lo 0,18 per cento della superficie globale non registra aria inquinata. Inoltre, solo lo 0,001 per cento della popolazione mondiale vive in zone in cui i livelli di inquinamento atmosferico rispettano gli standard dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

Lo studio è stato condotto da un team di scienziati dell’Università di Monash, guidati dal dottor Yuming Guo. La ricerca ha considerato la presenza di particelle fini (PM2,5), che rappresentano il principale fattore di rischio per la salute ambientale. Secondo gli esperti, i livelli giornalieri di questo inquinante sono diminuiti in Europa e Nord America negli ultimi vent’anni, ma sono aumentati in Asia meridionale, Australia, Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi. In queste zone, la concentrazione di particelle supera le soglie indicate dall’OMS in oltre il 70 per cento dei giorni.

Per studiare l’inquinamento atmosferico c’è bisogno di una rete di stazioni di monitoraggio globale

La mancanza di stazioni di monitoraggio dell’inquinamento in tutto il mondo ha comportato una carenza di dati relativi all’esposizione locale, regionale e nazionale. Nel corso della ricerca, gli autori hanno realizzato una mappa dei cambiamenti di particolato osservati in tutto il mondo negli ultimi decenni, utilizzando osservazioni di monitoraggio della qualità dell’aria, rilevatori meteorologici e di inquinamento atmosferico satellitari, metodi statistici e di apprendimento automatico per valutare più accuratamente le concentrazioni di PM2,5.

Secondo il professor Guo, l’approccio innovativo utilizzato durante la ricerca ha integrato informazioni meteorologiche e geologiche con un’elevata risoluzione spaziale. Inoltre, i ricercatori si sono concentrati sulle aree in cui l’esposizione superava la soglia di 15 microgrammi per metro cubo (μg/m³), considerato il limite di sicurezza indicato dall’OMS. La ricerca ha dimostrato che, nonostante una leggera diminuzione dei giorni di esposizione ad alto PM2,5 a livello globale, nel 2019 oltre il 70 per cento dei giorni era associato a concentrazioni maggiori di 15 μg/m³. In particolare, in Asia meridionale e orientale, oltre il 90 per cento delle misurazioni giornaliere superava il limite di sicurezza. In Australia e Nuova Zelanda, invece, è stato riscontrato un aumento significativo del numero di giorni con alte concentrazioni di particolato.

Solo lo 0,001% della popolazione mondiale è fuori pericolo

Lo studio, dunque, ha rivelato che i livelli di inquinamento atmosferico rappresentano ancora una grave minaccia per la salute umana in tutto il mondo. Dal 2000 al 2019, la media annua di PM2,5 a livello globale è stata di 32,8 µg/m³, con valori più bassi registrati in Australia e Nuova Zelanda, pari a 8,5 μg/m³. Tuttavia, sulla base di questi dati, nel 2019 solo lo 0,001% della popolazione mondiale è stato esposto a livelli di particolato inferiore alle linee guida dell’OMS.

I ricercatori hanno evidenziato come negli ultimi decenni i livelli di PM2,5 siano diminuiti in Europa e Nord America, ma siano aumentati in Asia meridionale, Australia, Nuova Zelanda, America Latina e Caraibi. In queste regioni, la concentrazione di particolato supera il limite di sicurezza dell’OMS in oltre il 70% dei giorni.

C’è bisogno di maggiore attenzione da parte dei responsabili politici

Come abbiamo visto, la carenza di stazioni di monitoraggio dell’inquinamento atmosferico ha comportato una mancanza di dati affidabili sull’esposizione a livello locale, regionale e nazionale. Gli scienziati, però, hanno utilizzato osservazioni di monitoraggio della qualità dell’aria, rilevatori meteorologici e di inquinamento atmosferico satellitari, metodi statistici e di apprendimento automatico per valutare più accuratamente le concentrazioni di PM2,5.

Secondo il team di ricerca, queste informazioni sono fondamentali per valutare gli effetti sulla salute umana a breve e lungo termine dell’inquinamento atmosferico e sviluppare strategie di mitigazione efficaci. Gli autori dello studio hanno sottolineato la necessità di una maggiore attenzione da parte dei responsabili politici e dei funzionari della sanità pubblica, al fine di ridurre l’esposizione dell’umanità ai livelli pericolosi di inquinamento atmosferico.