Le politiche per l’inquinamento in Italia

Scopri qual è la situazione dell'inquinamento in Italia e quali sono le soluzioni previste

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

L’inquinamento atmosferico è un problema globale e l’Italia non fa certo eccezione. Per capirne la portata e valutare l’efficacia delle politiche e delle soluzioni messe in atto o previste per contrastarlo è necessario sapere con precisione cosa si intende per inquinamento dell’aria, quali sono i principali fattori responsabili di ciò e qual è con esattezza la situazione dell’inquinamento in Italia.

Inquinamento dell’aria, agenti inquinanti e principali fonti

Per inquinamento dell’aria si intende la contaminazione dell’ambiente da parte di agenti chimici, fisici o biologici che apportano delle modifiche alle condizioni naturali dell’atmosfera e che possono avere effetti dannosi sul già citato ambiente ma anche sulla salute umana. Questi agenti inquinanti si suddividono in due categorie: gli agenti inquinanti primari e gli agenti inquinanti secondari.

Quelli primari sono sostanze immesse direttamente nell’atmosfera da sorgenti naturali o come risultato diretto di attività di tipo antropico (cioè quelle attività che prevedono l’intervento dell’uomo). Gli inquinanti secondari, invece, sono il risultato della trasformazione degli inquinanti primari tramite processi chimico-fisici che avvengono nell’atmosfera. Spesso, questa seconda tipologia di agenti inquinanti è maggiormente tossica e copre un raggio d’azione più ampio rispetto ai composti originari.

Tra gli esempi di agenti inquinanti primari spiccano il monossido di carbonio emesso dagli scarichi delle automobili e il biossido di zolfo (o anidride solforosa) generato dalle fabbriche o dalla combustione di carbone. Sono esempi di agenti inquinanti secondari, invece, le piogge acide (risultato della reazione tra il biossido di zolfo o gli ossidi di azoto con l’acqua) e l’ozono (che si origina dalla combinazione in presenza di luce solare di idrocarburi e i già citati ossidi di azoto).

Tra le principali fonti di inquinamento spiccano:

  • la combustione di combustibili fossili (carbone, petrolio e gas naturali);
  • la combustione di biomasse (legna, pellet etc.) sia nei grandi impianti che nelle abitazioni;
  • le emissioni delle industrie e delle fabbriche, come le industrie manufatturiere;
  • le emissioni degli impianti chimici e petrolchimici;
  • l’incenerimento dei rifiuti negli inceneritori;
  • le emissioni degli impianti a biogas per il trattamento dei rifiuti organici;
  • le emissioni delle attività agricole (l’ammoniaca, tra i gas più pericolosi dell’atmosfera, è per esempio emessa dal letame o dal terreno in seguito all’applicazione del letame).

Principali responsabili dell’inquinamento in Italia e soluzioni

Uno studio realizzato da Greenpeace Italia in collaborazione con ISPRA (l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ha indagato i settori maggiormente responsabili del particolato in Italia. Per particolato si intende il mix di particelle solide o liquide sospese in aria, considerato uno degli inquinanti più frequenti nelle aree urbane. La capacità del particolato di causare danni alla salute è collegata alla sua composizione (solfati, nitrati, ione di ammonio, cloruro di sodio, particelle carboniose, polvere minerale e acqua) e alle dimensioni delle particelle (quelle di diametro superiore a 10 µm si bloccano nelle mucose rinofaringee, quelle con diametro compreso tra 5 e 10 µm possono raggiungere la trachea e i bronchi e quelle con diametro inferiore a 5 µm possono penetrare fino agli alveoli polmonari).

Nello studio di Greenpeace Italia e ISPRRA sulla situazione dell’inquinamento in Italia è preso in considerazione sia il particolato primario che quello secondario. L’analisi include una fotografia relativa all’inquinamento in Italia nel 2018, anno in cui i settori più inquinanti si sono confermati essere, nell’ordine: il riscaldamento residenziale e commerciale (36,9%), gli allevamenti (16,6%), i trasporti stradali intesi come veicoli leggeri e merci su strada (14%), l’industria (10%), gli altri trasporti (7,8%), altri settori come solventi e rifiuti (7,8%), l’agricoltura (4,4%) e le produzioni energetiche (2,5%).

Nello studio è proposta anche una serie storica sull’inquinamento atmosferico in Italia relativa al periodo compreso tra il 1990 e il 2018, che mostra la media dei settori che hanno maggiormente contribuito alla formazione dell’inquinamento da particolato PM2,5 (primario e secondario) nel nostro Paese nell’arco di quasi 30 anni. Lo studio ribadisce il ruolo primario giocato attualmente dal riscaldamento, che presenta valori tre volte superiori a quelli fatti registrare negli anni Novanta. Dall’analisi si evince, inoltre, che la percentuale del contributo degli allevamenti è cresciuta negli anni, passando dal 7% degli anni Novanta al 17% del 2018.

La produzione energetica, intesa come l’insieme dei processi di combustione per la produzione di energia e per la trasformazione dei prodotti energetici, è il settore maggiormente responsabile delle emissioni di gas a effetto serra. Ciò nonostante, questo ambito è passato, grazie all’innovazione tecnologica e ai nuovi standard più restrittivi per quanto riguarda le emissioni, dal 31% di emissioni di PM2,5 del 1990 al 2,5% fatto registrare nel 2018. Il settore dei trasporti stradali (che riveste un ruolo importante nelle già citate emissioni di gas serra) ha visto ridurre le sue emissioni di PM2,5 dal 20% del 1990 al 14% del 2018.

A proposito degli interventi che potrebbero aiutare la riduzione del particolato in Italia, ISPRA ha segnalato che è necessario “abbattere il riscaldamento”, specificando poi che “chi si riscalda a legna dovrà fare un salto tecnologico”. Per quanto riguarda gli allevamenti, ISPRA ha evidenziato che “la copertura delle vasche delle deiezioni sarebbe in grado di abbattere di molto le emissioni di ammoniaca” e che “lo Stato potrebbe prevedere ulteriori incentivi per permettere agli allevatori di comprare tecnologie che consentano spandimenti di fertilizzante sia chimico che organico in maniera meno emissiva”.

Sempre secondo ISPRA, inoltre, è necessaria “una riduzione dei capi in un territorio ambientalmente fragile come il Bacino Padano”. L’Istituto ha posto l’attenzione anche su quello che è stato definito “un problema di cultura ed educazione ambientale”, chiarendo che “si deve spiegare l’importanza di queste misure”.

La situazione dell’inquinamento atmosferico nelle città Italiane

Con il suo report annuale Mal’aria di città 2021, Legambiente ha tracciato un doppio bilancio sulla qualità dell’aria nei capoluoghi di provincia italiani nel 2020. Nell’analisi sull’inquinamento in Italia sono indicate le città che hanno superato i limiti giornalieri previsti per le polveri sottili (Pm10) e quelle che hanno oltrepassato il valore medio annuale per le Pm10 suggerito dalle Linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, cioè 20 microgrammi per metro cubo (contro la soglia di 40 µg/mc prevista dalla legislazione europea).

Per quanto riguarda la prima classifica sull’inquinamento in Italia, è emerso che nel 2020, su 96 capoluoghi di provincia presi in esame, 35 hanno superato almeno con una centralina il limite previsto per le Pm10 (35 giorni nell’arco dell’anno solare con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo). I dati peggiori si sono registrati, nell’ordine, a Torino (98 giorni di sforamenti nella centralina Grassi), Venezia (88, via Tagliamento), Padova (84, Arcella), Rovigo (83, Largo Martiri), Treviso (80, via Lancieri), Milano (79, Marche), Avellino (78, scuola Alighieri), Cremona (78, via Fatebenefratelli), Frosinone (77, scalo), Modena (75, Giardini) e Vicenza (75, San Felice).

In relazione alle Linee Guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono risultate essere 60 (il 62% del totale analizzato) le città italiane che hanno superato i valori indicati dall’OMS per le polveri sottili. Anche in questo caso la classifica è guidata da Torino con 35 µg/mc, seguita da Milano, Padova e Rovigo (34µg/mc), Treviso e Venezia (33 µg/mc), Cremona, Lodi, Modena, Verona e Vicenza (32 µg/mc). Tra le città italiane con una media annuale superiore al limite dei 20 µg/mc c’è anche Roma (26 µg/mc).

Le politiche antinquinamento in Italia

Come contributo italiano agli obiettivi europei sull’efficienza energetica e sulle fonti rinnovabili in vista del 2030, a gennaio 2020 il Ministero dello Sviluppo Economico ha pubblicato il testo definitivo del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC) per il 2030, contenente anche alcune integrazioni relative alle novità normative italiane più recenti e alle indicazioni ricevute dalla Commissione dell’Unione Europea.

Il Piano italiano prevede che le energie green contribuiscano al soddisfacimento dei consumi finali lordi totali nel 2030 con una quota del 30%. La percentuale di energie rinnovabili nei consumi elettrici è fissata al 55%, mentre per il settore del riscaldamento (e raffrescamento) la quota è pari al 33,9% (in aumento di uno 0.9% rispetto alla prima bozza del documento). La percentuale di rinnovabili nei consumi dei trasporti è fissata al 22% (+0,4% rispetto alla bozza).

A proposito di quest’ultimo aspetto, l’Italia ha rivisto al rialzo le sue previsioni in tema di veicoli elettrici e ibridi elettrici plug-in, ipotizzando “una diffusione complessiva di quasi 6 milioni di veicoli ad alimentazione elettrica al 2030, di cui circa 4 milioni di veicoli elettrici puri”. Per quanto concerne le emissioni di gas serra, l’obiettivo italiano per il 2030 prevede una riduzione del 33% nei settori trasporti (aviazione esclusa), residenziale, terziario, industria non energivora, agricoltura e rifiuti.

Il recente Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR), cioè il programma di investimenti dell’Italia nell’ambito del Next Generation EU, prevede lo stanziamento di complessivi 68,6 miliardi di euro per la missione denominata “Rivoluzione Verde e Transizione Ecologica”, che include diverse aree d’intervento, dalla produzione energetica alla mobilità sostenibile. Il PNRR, più nello specifico, prevede procedure semplificate per le autorizzazioni nel settore delle fonti di energia rinnovabili, al quale sono anche destinati importanti investimenti.

Tra i vari investimenti previsti dal PNRR per migliorare la situazione dell’inquinamento in Italia, figurano anche risorse per il rinnovamento della flotta destinata al trasporto pubblico locale, con l’acquisto di bus a bassa emissione, e per il rinnovo di parte della flotta di treni per il trasporto regionale, con l’acquisto di mezzi a propulsione alternativa.