Il 2 agosto 2027 ci sarà la più lunga eclissi solare totale del secolo. La Nasa ha confermato oltre 6 minuti di buio durante il giorno e sarà visibile in diversi continenti, tra cui l’Europa e una parte dell’Italia. Ma oltre all’eccezionale evento astronomico, si può pensare a come una durata così lunga possa avere un impatto sulla produzione energetica tramite pannelli solari e non solo. Infatti, secondo gli esperti, l’assenza di sole influenza anche l’energia eolica.
Si tratta di un evento raro per il nostro secolo e che mette per la prima volta davvero alla prova l’energia sostenibile. Su carta i pannelli solari e i sistemi di accumulo dovrebbero reggere, ma sarà la prima volta e resta l’incognita. Come per il caso del 2017 negli Stati Uniti, quando l’eclissi solare attraversò tutto il Texas causando un impatto sulla produzione energetica, così nel 2027 potremmo avere un nuovo caso di studio per mettere alla prova l’energia solare.
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In arrivo l’eclissi solare del secolo
Il 2 agosto 2027 il giorno si farà notte per oltre sei minuti. È la durata record della prossima eclissi solare totale, la più lunga del XXI secolo. Secondo la Nasa, il fenomeno inizierà sull’Atlantico, attraverserà l’Africa settentrionale e raggiungerà il Medio Oriente, con il massimo oscuramento previsto in Egitto, nei pressi di Luxor. Qui la durata sarà di 6 minuti e 23 secondi di buio completo. In Italia sarà visibile in forma parziale, ma con copertura elevata al Sud e nelle isole.
Un evento astronomico di portata eccezionale, ma anche un banco di prova per i sistemi energetici globali. In un mondo dove la produzione solare cresce di anno in anno, il passaggio improvviso dell’ombra lunare può trasformarsi in un esperimento sulla resilienza delle reti elettriche e sul costo della transizione ecologica.
Cosa succede all’energia solare: i precedenti
Gli Stati Uniti hanno già affrontato questo scenario. L’eclissi dell’agosto 2017, la prima da costa a costa in quasi un secolo, fu studiata dal Dipartimento dell’Energia (DOE) e dal National Renewable Energy Laboratory (NREL) come test operativo sulla rete elettrica nazionale. Il risultato fu una riduzione della produzione solare tra 4 e 6,5 gigawatt e una perdita complessiva tra 5,5 e 11 gigawattora. L’impatto fu contenuto grazie all’intervento immediato di centrali a gas naturale e idroelettriche, che bilanciarono la rete evitando blackout.

Nel 2024, una nuova eclissi ha attraversato il Nord America in un contesto molto diverso, infatti negli Usa il solare rappresentava ormai oltre 5% dell’energia prodotta (contro l’1% del 2014). In Texas, dove si concentra una parte significativa della capacità fotovoltaica, il calo stimato fu del 7,6% durante il picco di oscuramento.
Un dato inferiore a quello di un giorno nuvoloso, ma che ha richiesto una gestione complessa delle linee e un temporaneo aumento della produzione fossile per garantire stabilità.
I precedenti mostrano come le eclissi solari non mettano a rischio la rete, per il momento, ma ne mettono comunque in luce i punti deboli. Non si parla solo di dipendenza dal sole, ma anche della necessità di stoccaggio e di sostituzione con fonti fossili. Fortunatamente il fatto che le eclissi sono eventi prevedibili, si può evitare il blackout come accaduto invece in Spagna.
Come si comporta un pannello solare?
Facciamo un passo indietro per capire come si comporta un pannello solare durante un’eclissi. Questa infatti non “spegne” gli impianti fotovoltaici, ma ne riduce la potenza in modo repentino. Gli studi mostrano che la produzione di un impianto può dimezzarsi durante un’eclissi parziale e azzerarsi quasi del tutto solo nella fascia di totalità. La resa dipende da vari fattori: la posizione geografica, il tipo di pannello (a film sottile o in silicio cristallino) e la rapidità del passaggio dell’ombra.
Nei moderni impianti, la riduzione è temporanea e non provoca danni. Però l’impatto cumulativo su grandi reti elettriche può essere significativo come abbiamo visto.
Per i gestori di rete, il problema non è tanto la perdita di energia, ma la rapidità del calo e della successiva risalita della potenza, che può creare squilibri tra domanda e offerta. Da qui la corsa verso batterie di accumulo, idrogeno verde e sistemi di pompaggio idroelettrico, indispensabili per compensare fluttuazioni sempre più frequenti dovute a fenomeni naturali o climatici.
Cosa aspettarci nel 2027 con 6 minuti di buio
L’eclissi del 2027 offrirà quindi un nuovo stress test per l’intera economia solare del Mediterraneo, un’area che oggi concentra alcuni dei più grandi investimenti europei nel fotovoltaico. L’Italia, con oltre 30 gigawatt di potenza installata, è tra i primi cinque Paesi Ue per capacità solare e il Sud rappresenta il cuore della produzione. Proprio dove, secondo le simulazioni Nasa, la copertura dell’eclissi sarà più ampia.
Un oscuramento di pochi minuti non causerà certo blackout, ma potrà generare un picco di compensazione in rete, con aumento temporaneo dei costi energetici e maggiore pressione sui sistemi di bilanciamento.
Le centrali a gas e le interconnessioni europee avranno un ruolo chiave per assorbire la fluttuazione, ma il vero banco di prova sarà la capacità di accumulo. Se le batterie industriali e residenziali raggiungeranno i livelli previsti dai piani europei, l’impatto economico resterà contenuto.
Il “buio del secolo” insomma non minaccia il fotovoltaico, ma ci ricorda quanto la transizione energetica resti dipendente in un modo o nell’altro da fattori esterni. L’eclissi del 2027 sarà un evento unico, sia astronomico che economico. Si parla già di turismo astronomico, ovvero dell’impatto di chi viaggerà verso i luoghi dove il sole resterà “spento” più a lungo.