COP28: cosa si è deciso durante la prima settimana di negoziati

Si è chiusa tra luci e ombre la prima settimana della conferenza sul clima delle Nazioni unite, i negoziati riprenderanno domani dopo la giornata di riposo di oggi

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

La prima settimana di negoziati alla COP28 di Dubai si è conclusa con un bilancio in chiaroscuro. Da un lato, l’approvazione del Fondo Loss and Damage, che mira a sostenere i Paesi più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici, è un passo importante verso la giustizia climatica. Dall’altro, i dubbi sulla reale volontà di alcuni Paesi, tra cui gli Emirati Arabi Uniti, di ridurre l’uso dei combustibili fossili, pongono seri interrogativi sul futuro della conferenza.

La settimana è iniziata con la consueta passerella dei capi di Stato e di governo, che hanno lanciato importanti messaggi di impegno per il clima. Tuttavia, la definizione dei dettagli dei negoziati è stata lasciata agli sherpa, i rappresentanti dei governi che si occupano delle trattative.

La seconda settimana di negoziati, che inizierà domani, sarà cruciale per arrivare a un accordo finale. Il calendario prevede che il testo sia approvato entro martedì 12 dicembre, ma alcuni analisti prevedono che le trattative potrebbero durare molto più a lungo.

COP28: primi passi per la decarbonizzazione

I primi giorni della COP28 di Dubai hanno visto un’intensa attività diplomatica, con capi di Stato e ministri provenienti da tutto il mondo che hanno lanciato importanti messaggi di impegno per il clima.

Tra gli impegni più significativi, spicca quello sottoscritto da 118 Paesi per triplicare la capacità di energia rinnovabile e raddoppiare il tasso di efficienza energetica da qui al 2030. Questo impegno, che con buona probabilità finirà nel testo finale del negoziato come impegno ONU, è un passo importante verso la decarbonizzazione delle economie mondiali.

Meno applaudito è stato l’impegno per triplicare l’energia nucleare, che ha destato non poche perplessità nella comunità scientifica e civile. L’Italia non è tra i firmatari di questo impegno.

COP28: la finanza climatica, protagonista indiscussa

La COP28 di Dubai ha visto la finanza climatica come protagonista indiscussa. I Paesi hanno infatti discusso di come mobilitare risorse sufficienti per affrontare la crisi climatica, soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

L’IPCC definisce la finanza climatica come “le risorse finanziarie dedicate ad affrontare i cambiamenti climatici da parte di tutti gli attori pubblici e privati dalla scala globale a locale, inclusi i flussi finanziari internazionali ai paesi in via di sviluppo per assisterli nell’affrontare i cambiamenti climatici.”

Durante le COP passate sono stati istituiti dei fondi ad hoc per incanalare i flussi finanziari verso la decarbonizzazione, la mitigazione e l’adattamento. Alla COP15 di Copenaghen, nel 2009, i paesi sviluppati si sono impegnati a fornire e mobilitare collettivamente 100 miliardi di dollari di finanziamenti annui per il clima fino al 2025.

I Paesi in via di sviluppo hanno bisogno di adeguati flussi finanziari per lo sviluppo di energia da fonti rinnovabili, per formare le risorse umane e le dotarsi di capacità per portare avanti la transizione e affrontare i rischi del cambiamento climatico.

Finanza climatica, un puzzle da completare

La finanza climatica è uno degli aspetti più importanti dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici. Essa è finalizzata a fornire risorse finanziarie ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli a ridurre le loro emissioni di gas serra e ad adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici.

Nonostante gli importanti progressi compiuti negli ultimi anni, la finanza climatica è ancora un puzzle da completare. Molte sono le domande a cui è necessario rispondere, come ad esempio:

  • Chi deve essere il contribuente e quanto deve versare? I Paesi dell’OCSE sono certamente tra i contribuenti, ma la Cina si definisce ancora un Paese in via di sviluppo
  • Verso chi indirizzare i finanziamenti per garantire l’equità nella distribuzione? I Paesi più vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici dovrebbero essere i primi beneficiari dei finanziamenti
  • Quali forme di finanziamento sono da includere o da escludere? I finanziamenti pubblici e privati dovrebbero essere integrati per garantire un’adeguata copertura finanziaria
  • Come movimentare gli aiuti pubblici allo sviluppo green? È necessario migliorare l’efficienza e l’efficacia degli aiuti pubblici allo sviluppo green
  • E soprattutto, da quali fonti attingere? I finanziamenti possono provenire da diverse fonti, come le tasse sulle emissioni di gas serra, le tasse sull’estrazione di combustibili fossili, le tasse sui biglietti aerei, i carburanti per uso marittimo o una tassa sugli extra profitti

I negoziati sulla finanza climatica stanno proseguendo e si spera che possano portare a un accordo che risolva le questioni ancora aperte. Tuttavia, ci sarà bisogno di regole chiare, standardizzazione e trasparenza per implementare queste misure.

L’uscita dalle fonti fossili, il nodo cruciale di COP28

La COP28 di Dubai ha visto l’uscita dalle fonti fossili come uno dei temi più controversi. Nonostante le resistenze di alcuni Paesi, come l’Arabia Saudita, la Russia e l’Iran, nella bozza di testo sugli impegni globali di decarbonizzazione compare per la prima volta il termine “phase out”.

L’uscita dalle fonti fossili è un passaggio fondamentale per limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius. Tuttavia, rappresenta anche una sfida importante per i Paesi che dipendono fortemente da queste fonti di energia.

La bozza di testo della COP28 prevede che i Paesi si impegnino a ridurre le emissioni di gas serra del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010. Per raggiungere questo obiettivo, è necessario ridurre drasticamente la produzione e il consumo di combustibili fossili.

Le resistenze di alcuni Paesi alla bozza di testo sono comprensibili. L’Arabia Saudita, ad esempio, è il secondo produttore mondiale di petrolio. La Russia, invece, è il primo esportatore mondiale di gas naturale. Tuttavia, la pressione per l’uscita dalle fonti fossili sta crescendo. Sia la politica che il mondo finanziario stanno spingendo per un’azione più decisa.

A questo negoziato, si sono presentate un numero record di 2.456 persone affiliate al settore oil&gas. Questo dato dimostra che anche il mondo delle fossili è consapevole della necessità di una transizione verso le rinnovabili.

COP28, sette giorni per la svolta decisiva

La COP28 di Dubai si concluderà il 12 dicembre. Nei prossimi giorni, i Paesi del mondo dovranno decidere se vogliono salvare l’ultima possibilità di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi Celsius.

Per raggiungere questo obiettivo, è necessario ridurre drasticamente le emissioni di gas serra. Come detto, la bozza di testo della COP28 prevede che i Paesi si impegnino a ridurre le emissioni del 45% entro il 2030 rispetto ai livelli del 2010. Tuttavia, questa riduzione non sarà sufficiente se non si eliminano le fonti fossili. I combustibili fossili, infatti, sono responsabili di circa il 70% delle emissioni globali di gas serra.

Per questo motivo, è necessario che i Paesi si impegnino a eliminare gradualmente le fonti fossili. Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, ha affermato che le fonti fossili devono avere una data entro la quale non saranno più usate.