Cosa succede se non si aderisce al concordato preventivo biennale: le sanzioni

I contribuenti che non dovessero accettare la proposta di concordato preventivo biennale rischiano alcune sanzioni. Quando e come vengono applicate

Pubblicato: 14 Ottobre 2024 06:00

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Privilegi e vantaggi per chi dovesse decidere di accedere al concordato preventivo biennale. Ma enormi problemi per quanti dovessero decidere di rimanerne fuori. In un certo senso il legislatore ha voluto applicare la filosofia del bastone e della carota.

Ma cosa succede ai contribuenti che non dovessero aderire al concordato preventivo biennale? Quali sono i rischi a cui vanno incontro? La conversione in legge del Decreto Omnibus ha introdotto – oltre al ravvedimento speciale – un inasprimento del rischio di sanzioni in caso di mancata adesione. Il legislatore, in estrema sintesi, è andato a ripescare una previsione che era contenuta all’interno di una delle prime versioni del decreto di riforma delle sanzioni tributarie.

Viene introdotto – almeno di fatto – un sistema più punitivo nel caso in cui i titolari di partita Iva non dovessero aderire al concordato preventivo biennale. Ad introdurre questa novità sono stati Senatori Fausto Orsomarso, Massimo Garavaglia e Dario Damiani, ossia gli stessi firmatari dell’emendamento sul ravvedimento speciale per gli anni dal 2018 al 2023. L’obiettivo è quello di introdurre un doppio binario di premi e penalizzazione, in modo da dare un ulteriore sprint al concordato preventivo biennale.

Ma entriamo nel dettaglio e cerchiamo di capire quali novità sono state introdotte.

Concordato preventivo biennale, si può anche non aderire

È possibile non aderire al concordato preventivo biennale. Ma è una scelta che è necessario prendere in modo molto oculato. Alcune novità introdotte attraverso la conversione in legge del decreto Omnibus sono state studiate appositamente per risollevare le sorti dello strumento, che non sta riscontrando il successo auspicato da parte del governo.

Il testo di legge approvato definitivamente lo scorso 3 ottobre 2024 non prevede unicamente la possibilità di sanare il pregresso, ma ha introdotto un nuovo meccanismo di sanzioni per chi dovesse decidere di non aderire al nuovo strumento. Particolarmente importante, in questo senso, è la previsione di soglie al ribasso per l’applicazione delle sanzioni accessorie sulle imposte dirette e sull’Iva, che sono previste dall’articolo 12 del Decreto Legislativo n. 471/1997.

L’emendamento firmato da Orsomarso, Garavaglia, Damiani ha introdotto l’articolo 2-ter della legge di conversione del Dl Omnibus: questa norma prevede che nel caso in cui debbano essere irrogate delle sanzioni amministrative per delle violazioni relative a dei periodi d’imposta e tributi oggetto di proposta di concordato preventivo biennale che il contribuente non ha accolto, vengano ridotte della metà le soglie per l’applicazione delle sanzioni accessorie.

Quanti aderiranno al concordato preventivo biennale, ma non si avvarranno della possibilità di ravvedere gli anni compresi dal 2018 al 2022, non si vedranno applicare questa novità. Lo stesso vale per i contribuenti che aderiscono, ma poi rientrano in una delle varie ipotesi di decadenza.

Le sanzioni per incentivare le adesioni

Ad ogni modo non siamo davanti ad una novità assoluta. Non è la prima volta, infatti, che si parla di meccanismi penalizzanti nel caso in cui un contribuente non abbia intenzione di aderire al concordato preventivo biennale.

Nella fase di messa a punto della riforma del sistema sanzionatorio tributario era stata avanzata una proposta di intervento in tal senso. Il tentativo, successivamente, è stato ripescato e adesso è diventato ufficiale. Ma, sostanzialmente, a livello pratico cosa cambia per i contribuenti? La norma va ad impattare direttamente sul limite dei 50.000 euro, che è stato previsto dall’articolo 12 al comma 1:

Quando è irrogata una sanzione amministrativa superiore a euro 50.000 si applica, secondo i casi, una delle sanzioni accessorie previste nel decreto legislativo recante i principi generali per le sanzioni amministrative in materia tributaria, per un periodo da tre a sei mesi. La durata delle sanzioni accessorie può essere elevata fino a dodici mesi, se la sanzione irrogata è superiore a euro 100.000.

Nel caso in cui i contribuenti non dovessero accettare la proposta di concordato preventivo biennale, la soglia, a questo punto, passerebbe da 50.000 euro a 25.000 euro.

Le sanzioni amministrative accessorie

Il contribuente deve prestare la massima attenzione a quelle che sono, a tutti gli effetti, delle sanzioni amministrative accessorie. L’articolo 21, comma 1 del Decreto Legislativo n. 472/1997 fa rientrare in questo novero:

  • l’eventuale interdizione dalle cariche di sindaco, amministratore o revisore di società di capitali e degli enti con personalità giuridica, siano essi pubblici o privati;
  • l’interdizione dalla partecipazione alle gare, che possono determinare l’affidamento di pubblici appalti o forniture;
  • l’interdizione dal conseguimento di concessioni, licenze o di eventuali autorizzazioni amministrative per l’esercizio dell’attività di lavoro autonomo o di impresa;
  • la sospensione dell’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo.

Le obiezioni sollevate

Alcune perplessità relative al ritocco dei limiti delle sanzioni erano giunte dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili: nel corso dell’audizione dello scorso 27 marzo 2024 si era dichiarato contrario all’introduzione di un meccanismo penalizzante. Il dimezzamento delle soglie per applicare le sanzioni accessorie, in estrema sintesi, rappresenterebbe una pressione indebita sui contribuenti per far accettare loro il concordato preventivo biennale.

Concordato preventivo biennale e controlli fiscali

Non sono previste unicamente delle sanzioni a soglie ridotte per quanti non dovessero aderire al concordato preventivo biennale. I contribuenti vanno incontro anche al rischio di maggiori controlli fiscali.

La Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate, infatti, avranno la possibilità di intensificare i controlli verso i titolari di partita Iva che non dovessero accettare la proposta di concordato. Questa particolare disposizione è stata prevista dall’articolo 34 del Decreto Legislativo n. 13/2024.

Questo aspetto era stato messo in evidenza dalla stessa AdE nel cosiddetto tachimetro fiscale, che è stato consegnato ai contribuenti all’interno del Cassetto fiscale. Quanti non dovessero aderire al concordato preventivo biennale verrà inserito nelle liste selettive, anche se non ci sarà alcun effetto negativo nel caso in cui i redditi e l’Iva siano stati dichiarati in maniera corretta.

In sintesi

A quali rischi vanno incontro i contribuenti che non dovessero aderire al concordato preventivo biennale? Si abbassano le soglie per l’applicazione delle sanzioni e possono essere sottoposti a dei controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate e della Guardia di Finanza. Ma chi dichiara tutto correttamente non corre alcun rischio.