Tassa Superbonus, cosa cambia dal 2024: chi deve pagare

È importante sottolineare cosa cambierà, nel dettaglio, in merito alla Tassa Superbonus dal primo gennaio 2024, dopo la modifica in Manovra

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

Il governo dà e poi toglie, a seconda delle esigenze delle casse nazionali. L’ultima Manovra ha infatti strizzato l’occhio, non in maniera positiva, ai soggetti che hanno ristrutturato casa avvantaggiandosi dell’incentivo Superbonus 110%. Più che chiaro come ciò rientri tra gli strumenti per ottenere maggiore liquidità. Di seguito spieghiamo nel dettaglio chi dovrà pagare, quanto e che eccezioni sono state previste.

Tassa Superbonus: quanto si paga

Va da sé che l’allarme di una tassazione connessa al Superbonus 110% abbia generato un certo stato d’ansia in molti cittadini. L’incentivo ha spinto molti a cimentarsi in operazioni che, probabilmente, sarebbero state rinviate. Difficile però rinunciare a un tale vantaggio, che ora il governo di Giorgia Meloni rischia di trasformare in un gravoso peso fiscale.

Pare decisamente di questa idea la presidente Ance, Federica Brancaccio, che definisce così la misura dell’esecutivo: “L’aumento della tassazione sugli immobili appare ingiustificatamente punitivo”. Ciò che risulta evidente dalla Relazione Tecnica al ddl, è un aumento del prelievo fiscale sulla casa, per un totale di quasi 1,9 miliardi di euro nel triennio.

Brancaccio avvisa: “Tra le misure rientra anche l’aumento dall’8% all’11% della ritenuta a titolo di acconto, operata da Banche e Poste sui bonifici per le spese agevolabili con i bonus edilizi”. Il risultato, prevede la presidente, è un’incidenza immediata e chiara sulla liquidità delle imprese, considerando come si vada ad anticipare l’effetto di cassa delle imposte sui redditi.

In nessun modo, spiega, ciò andrà a risolvere il problema dei crediti incagliati, ma “si incide ulteriormente su quello che è l’equilibrio finanziario delle aziende che svolgono interventi di recupero e riqualificazione degli edifici”.

Piovono critiche sul governo Meloni anche per la scelta di introdurre una nuova forma di tassazione gravante sulle plusvalenze connesse alla vendita di immobili, a patto che abbiano subito interventi agevolati dal Superbonus. Un sistema che non volge lo sguardo all’immediato, tutt’altro. Tale tassa maggiorata sarà infatti valida per i primi 10 anni dalla fine dei lavori.

Lotta al Superbonus

Non solo il Reddito di Cittadinanza, il governo Meloni aveva posto nel mirino, da tempo, anche il Superbonus 110%. Bastano le parole del ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti a spiegare la visione dell’esecutivo in merito. Una misura definita “iniqua”. Stando alla visione della premier, invece, “ha causato debiti per 20 miliardi” sul 2024.

Tutto da rifare, dunque, e così sarà. L’incentivo sparirà dal prossimo anno, ma non prima che la Manovra abbia adottato misure per un ritorno delle finanze perdute. Si assisterà a un calo progressivo, dal 90% del 2023 al 70% del 2024. Per i lavori avviati entro il prossimo anno si potrà ancora accedere all’agevolazione, tenendo però conto di tale tassazione, senza cessione del credito e sconto in fattura.

Come detto, ristrutturare un immobile con il Superbonus 110% e venderlo prima dei 10 anni dalla fine dei lavori avrà un costo notevole. Una tassazione del 26% posta sull’intero guadagno realizzato rispetto al valore d’acquisto, ovvero un quarto della plusvalenza ottenuta grazie ai lavori eseguiti. Esistono però due eccezioni previste dalla Manovra. Si parla in questo caso di immobili ereditati, per successione o donazione. Al tempo stesso rientrano in questo novero anche i beni immobiliari adibiti ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.