Normativa, durata e retribuzione della pausa pranzo

Cos'è la pausa pranzo, quanto tempo deve durare e soprattutto a chi spetta? C'è una Legge ben definita in base ad ogni singola situazione lavorativa.

Foto di Claudio Garau

Claudio Garau

Editor esperto in materie giuridiche

Laureato in Giurisprudenza, con esperienza legale, ora redattore web per giornali online. Ha una passione per la scrittura e la tecnologia, con un focus particolare sull'informazione giuridica.

Pubblicato: 23 Settembre 2019 15:06Aggiornato: 6 Maggio 2024 18:54

Il lavoratore durante l’esercizio della propria attività lavorativa, e dunque nel corso dell’orario di lavoro stabilito nel contratto, ha diritto alla fruizione di un periodo di un riposo intermedio, che viene concesso attraverso la pausa pranzo.

Essa è nel caso in cui si lavori con orario non continuativo, mentre nel caso in cui l’orario di lavoro superi le 6 ore giornaliere, diventa obbligatoria per legge.

Posto che anche la pausa pranzo fa parte dei diritti riconosciuti dalla legge ai lavoratori, al pari di ferie, permessi o TFR, vediamo insieme le regole chiave in materia e come funziona in concreto.

Pausa pranzo, normativa e durata

La pausa pranzo è un diritto previsto dal dlgs n. 66/2003 e diventa obbligatoria dopo le 6 ore di lavoro nei contratti che prevedono un orario lavorativo giornaliero di oltre 6 ore consecutive.

In particolare, all’art. 8 dell’appena citato decreto in materia di attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE relative a taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, si dispone quanto segue:

Qualora l’orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. Nelle ipotesi di cui al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo.

In assenza di una normativa di riferimento stabilita dai contratti collettivi, sarà dunque compito del datore stabilire la durata della pausa pranzo. Il tempo trascorso durante la pausa pranzo generalmente non è retribuito, salvo diversa disposizione dei contratti collettivi.

La durata della pausa pranzo è viene decisa dall’azienda, in considerazione delle esigenze produttive e organizzative del lavoro svolto. Di norma, per chi ha funzioni impiegatizie questa non è mai inferiore ad un’ora. Per gli operai invece, soprattutto quelli utilizzati nelle linee produttive, la pausa si può ridurre anche a mezz’ora. Ad ogni modo, la pausa pranzo ha una durata che non eccede normalmente le 2 ore.

Pagamento della pausa pranzo

Al di là della sua effettiva durata, la pausa pranzo è pagata? Ebbene, la retribuzione vale per i meri lavoratori che hanno diritto alla pausa, i quali, come sopra indicato, sono quelli che lavorano per più di 6 ore di seguito. In questi casi, la pausa pranzo è fatta rientrare nell’orario di lavoro. Si tratta della situazione tipica del dipendente che inizia il turno alle ore 9.00 e termina alle 17.00: nelle 8 ore retribuite sono incluse le pause pranzo.

Nella circostanza in cui, invece, il lavoratore o la lavoratrice abbiano un orario di lavoro spezzato – è il caso di chi lavora quattro ore al mattino e quattro al pomeriggio – non essendovi per legge diritto alla pausa pranzo, questa non sarà retribuita.

Attenzione però, è sempre preferibile leggere con attenzione ciò che in materia dispone il proprio Ccnl, perché potrebbero esservi ulteriori regole di dettaglio.

Lavoratori con contratto part-time

Leggendo l’art 8 del dlgs n. 66/2003 si deduce che chi ha un contratto di lavoro che prevede un orario di lavoro giornaliero inferiore alle sei ore, ovvero part-time, non ha diritto alla pausa pranzo durante il lavoro.

In altre parole, i contratti part-time per loro natura – a differenza di quelli full time – comportano un orario di lavoro ridotto che, di solito, non tocca le sei ore giornaliere.

Attenzione però, qualora il lavoratore – o la lavoratrice – abbia un contratto part-time orizzontale o verticale, con cui supera le sei ore giornaliere di lavoro, dovrà poter contare sulla pausa pranzo.

Qual è il numero massimo di ore consecutive di lavoro?

Nella maggior parte dei contratti collettivi nazionali l’orario di lavoro full-time si compone di 40 ore settimanali. Le 40 ore vanno distribuite per un massimo di 6 giorni settimanali di lavoro, dal momento che il dipendente ha diritto ad almeno un giorno di riposo a settimana.

Per quanto riguarda l’orario giornaliero di lavoro non ci sono limiti, se non quello di garantire al dipendente un riposo di 11 ore nell’arco delle 24 ore. Di conseguenza, l’orario massimo è pari a 12 ore giornaliere consecutive. Il datore di lavoro ha – ribadiamo – l’obbligo di garantire una pausa ogni 6 ore di lavoro consecutive, per permettere al dipendente di mangiare o riposarsi.

Quali sono le pause lavorative retribuite

Lo ribadiamo: non tutte le pause lavorative prevedono la retribuzione. Quelle retribuite sono:

  • le soste inferiori a dieci minuti, legate a cause di forza maggiore o ad esigenze fisiologiche del lavoratore o anche semplicemente di alleggerimento rispetto al carico di lavoro, poiché esse siano strettamente funzionali alla ripresa dell’attività lavorativa
  • soste legate alla tutela psico-fisica dei lavoratori, sulla base di disposizioni normative o di quanto previsto nel documento di valutazione dei rischi
  • le soste per cause non imputabili al lavoratore che nel loro complesso non superino i 30 minuti nella giornata

Sul punto sarà opportuno comunque leggere sul proprio Ccnl, tenendo conto del fatto che – se è compresa nell’orario di lavoro – la pausa dovrà essere pagata.

Le pause non retribuite

Salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi, per le aziende industriali e commerciali le pause e le soste non retribuite sono le seguenti:

  • i riposi intermedi non previsti sia che essi siano effettuati all’interno che all’esterno dell’azienda
  • il tempo impiegato per recarsi al posto di lavoro
  • le soste di lavoro di durata non inferiore a dieci minuti e complessivamente non superiore a due ore, comprese tra l’inizio e la fine di ogni periodo della giornata di lavoro, durante le quali non sia richiesta alcuna prestazione all’operaio o all’impiegato, come la pausa pranzo.

Ecco perché sicuramente quello alle pause pranzo, è un diritto di primario rilievo per i lavoratori, al pari di quelli ai permessi o alle ferie (in materia di riposi previsti dalla legge scopri altresì che fine fanno le ferie non godute a fine anno).