Quando la partita Iva è compatibile con il lavoro occasionale: come comportarsi col Fisco

Il lavoro occasionale è compatibile con la partita Iva. Ma deve essere gestito correttamente nella dichiarazione dei redditi

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Pubblicato: 16 Settembre 2024 09:32

Il libero professionista, in possesso di una partita Iva individuale, ha la possibilità di svolgere un lavoro occasionale. Entrando un po’ più nello specifico, ogni qualvolta il contribuente effettui una prestazione che fuoriesca dalla propria attività professionale è tenuto ad operare con una prestazione occasionale.

Il medico che presti una consulenza di marketing o l’avvocato che organizzi un matrimonio – solo per semplificare le situazioni che si potrebbero venire a generare – sono casistiche che devono essere gestite attraverso il lavoro occasionale.  Nel momento in cui si dovessero venire a verificare queste occasioni, l’aspetto che deve essere preso in considerazione è l’occasionalità di un’attività che esula completamente da quella che viene svolta normalmente dal libero professionista dotato di partita Iva.

Volendo sintetizzare al massimo, questo significa che così come un disoccupato, un dipendente anche un libero professionista può effettuare dei lavori occasionali.

Ma entriamo un po’ più nel dettaglio.

Il titolare di partita Iva può svolgere prestazioni occasionale

Il lavoro autonomo occasionale si distingue dall’attività professionale svolta con partita Iva sulla base di due importanti variabili:

  • per svolgere l’attività il contribuente si appoggia ad un’organizzazione professionale;
  • l’esercizio dell’attività viene svolto in maniera abituale.

Il lavoro autonomo occasionale si viene a configurare nel momento in cui non viene effettuato abitualmente e non è presente un’organizzazione. Inutile negarlo, nel corso del tempo i concetti di organizzazione e abitualità hanno dato adito a molti dubbi ed interpretazioni. Anche perché l’Agenzia delle Entrate non ha mai provveduto a definire un criterio oggettivo attraverso il quale possa essere definita l’abitualità o l’organizzazione. Volendo quindi tratteggiare un punto di vista strettamente metodologico, non è possibile far riferimento a dei parametri o a delle esperienze ufficiali.

La prassi

Fatte le premesse che abbiamo appena visto, ad ogni modo, sicuramente effettuare una consulenza informatica una tantum, non costituisce un’attività professionale. Indipendentemente da chi l’abbia fornita: un lavoratore dipendente o un disoccupato. La situazione, sicuramente, cambia nel momento in cui il soggetto in questione decide di aprire uno studio professionale: in questo caso l’elemento dell’organizzazione diventa prevalente. Anche quando la prestazione dovesse essere saltuaria, perché i clienti magari all’inizio sono ancora pochi, si rientra ad ogni modo nell’ambito dell’attività professionale ed è necessario aprire una partita Iva.

Soglia dei 5.000 ed obbligo della partita Iva

È obbligatorio aprire la partita Iva nel momento in cui si superano i 5.000 euro di reddito? No, la risposta è negativa. Non c’è alcun obbligo in questo senso.

Il limite vale esclusivamente per i contributi previdenziali. Non per quello fiscale. Superare la soglia dei 5.000 euro lordi l’anno di prestazioni occasionali obbliga il contribuente ad iscriversi alla gestione separata Inps. A questa gestione previdenziale devono fare riferimento tutti i professionisti che non siano dotati di una propria cassa previdenziale.

Nel momento in cui si fatturano 6.000 euro l’anno si può continuare a parlare di lavoro autonomo occasionale, anche quando si effettua un’unica prestazione per un solo committente. Il discorso cambia, però, se nei confronti dello stesso committente il rapporto diventa continuativo, magari effettuando una prestazione di due giorni ogni mese. Anche se determina un emolumento solo di 200 euro ogni mese. Viene a decadere completamente il requisito dell’occasionalità.

Non è possibile parlare di lavoro autonomo occasionale nel momento in cui emerge il fattore dell’organizzazione dell’attività, la quale inizia ad essere strutturata nel momento in cui è presente uno studio professionale e quando sono presenti dei collaboratori o dei dipendenti. Stesso discorso nel caso in cui il lavoratore dovesse promuovere la propria attività professionale attraverso un sito internet.

Lavoro occasionale a partita Iva sono compatibili

Ma torniamo sul punto di partenza: la partita Iva e il lavoro occasionale sono compatibili? Le disposizioni generali prevedono che i contribuenti che operano in maniera professionale – anche quando l’attività viene svolta in maniera individuale – debbano fatturare i compensi percepiti. Un qualsiasi professionista – quindi un medico, un avvocato o un ingegnere – devono sempre fatturare i compensi che scaturiscono dallo svolgimento della propria attività.

Ma cosa succede nel caso in cui un professionista svolga un lavoro autonomo che esula completamente dal proprio ambito? Pensiamo ad esempio ad un architetto che scriva un articolo per una rivista o un avvocato che sia chiamato ad intervenire ad un ciclo di conferenze. O ad un medico che realizza un sito internet. Come devono gestire fiscalmente queste attività?

Perché i professionisti possano usufruire delle prestazioni occasionali piuttosto che della consueta partita Iva si devono verificare alcune occasioni.

L’attività occasionale deve essere in un ambito diverso

L’attività occasionale deve essere prestata in un ambito completamente diverso rispetto a quello in cui si esercita l’attività professionale abituale. La situazione può coinvolgere, ad esempio, un medico che realizza il sito internet per un amico.

Nel caso in cui non vi sia estrinsecazione tra l’attività occasionale e la normale attività economica svolta, si può rimanere fuori dal campo dell’applicazione dell’Iva e dal requisito del lavoro autonomo.

Volendo sintetizzare al massimo, questo significa che quando l’attività professionale occasionale viene svolta in un ambito completamente diverso rispetto a quello dell’attività professionale abituale, non si rientra nell’ambito dell’applicazione Iva normale.

Lavoro occasionale svolto nell’ambito dell’attività professionale

In alcuni casi, però, le attività occasionali possono essere considerate un’estensione dell’attività professionale. È il caso dell’avvocato che effettua attività di relatore o di un medico che scrive un articolo per una rivista scientifica. Essere ad esempio un relatore giuridico può essere considerato una semplice estensione della normale attività forense.

In questo caso – da un punto di vista strettamente fiscale – si rientra nel campo dell’applicazione dell’Iva. Più che di prestazione autonoma occasionale è corretto parlare di esercizio dell’ordinaria attività economica.

Il lavoratore, a questo punto, deve utilizzare la stessa partita Iva e lo stesso codice attività prevista per l’attività professionale abituale.

Come comportarsi con il fisco

Ovviamente quando si percepiscono dei compensi per un’attività occasionale con ritenuta d’acconto è obbligatorio indicarli all’interno della dichiarazione dei redditi, utilizzando il quadro RL del Modello Redditi PF. I proventi dei lavori occasionali si andranno a sommare con quelli derivanti dal quadro RE relativi alle attività abituali.

Il reddito percepito sconta la tassazione Irpef a seconda dello scaglione di appartenenza.