IVA su asporto, scontro Fisco-Tesoro: in arrivo aliquota più bassa?

La Legge di Bilancio 2021 ha fatto finalmente chiarezza su quale aliquota Iva debba essere applicata al cibo da asporto e a quello consegnato a domicilio

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Alla buonora è giunta alla fine la diatriba sull’Iva sul cibo da asporto. Il problema è stato di non poco conto in un anno come il 2020, quando i ristoratori erano già particolarmente tartassati e non sapevano quale aliquota Iva dovessero applicare sul cibo consumato fuori dal locale.

Ma cerchiamo di capire un po’ cosa è accaduto nel tempo e perché il problema si è fatto così delicato. Nel 2020 è sopraggiunta l’emergenza sanitaria con le relative misure di contenimento. Le attività commerciali hanno dovuto chiudere: da quel momento hanno dovuto limitare, in alcuni periodi, la propria operatività. Potevano unicamente consegnare il cibo a domicilio e potevo permettere l’asporto. Essendo per asporto e domicilio esclusa l’aliquota Iva della somministrazione, i ristoratori dovevano applicare delle diverse aliquote.

Iva su cibo da asporto e a domicilio: la proposta del ministero dell’Economia

In tempi normali l’Iva al 10% è prevista solo al cibo in somministrazione. Cioè consumato al tavolo del ristorante o al bancone del bar. Il 22% invece è applicato per il cibo da asporto e la consegna al domicilio.

Il ministero di Economia e Finanza aveva previsto un’equiparazione delle percentuali, riducendo l’imposta al valore più basso, così da incentivare i consumi e dare anche la possibilità ai ristoratori di variare i prezzi per chi ritira il cibo o lo ordina tramite le app di “delivery” come Just Eat, Glovo o Deliveroo.

La proposta, presa in carico dal sottosegretario al MEF del M5s Alessio Mattia Villarosa, aveva ricevuto il via libera durante le interrogazioni a risposta immediata nella seduta del 18 novembre 2020 della Commissione Finanze della Camera.

Allo stato attuale, tenuto conto della riduzione dei coperti per il rispetto degli ingenti vincoli igienico sanitari per la somministrazione in loco degli alimenti, la vendita da asporto e la consegna a domicilio rappresentano modalità integrative mediante le quali i titolari dei suddetti esercizi possono svolgere la loro attività anche se dotati di locali, strutture, personale e competenze astrattamente caratterizzanti lo svolgimento dell’attività di somministrazione abitualmente svolta dagli stessi. Alla luce di quanto suesposto entrambe le ipotesi possono rientrare nell’applicazione delle aliquote ridotte” è stata la risposta all’interrogazione.

Iva su asporto, il Fisco smentisce il Tesoro: no ad aliquota più bassa

Una decisione che va in contrasto però con la successiva risposta all’interpello numero 581 del 14 dicembre 2020 da parte dell’Agenzia dell’Entrate, in cui si ribadisce che l’aliquota del 10% vale soltanto quando si effettua la somministrazione e si conferma quindi il 22% per l’asporto.

L’aspetto diventa fondamentale per le attività di ristorazione in vista di un regime da zona rossa durante le festività natalizie che verrà stabilito nelle prossime ore dal governo in tutta Italia. Per bar e ristoranti costretti a rimanere chiusi in uno dei periodi più redditizi dell’anno, asporto e consegna a domicilio rimarrebbero infatti le uniche possibilità di entrata, nelle quali dodici punti di percentuale sull’Iva fanno la differenza.

La Legge di Bilancio 2021 cambia le carte in tavola

A cambiare nuovamente le regole del gioco ci ha pensato l’articolo 1, sezione I, della Legge di Bilancio 2021, con la quale è stata assoggettata all’aliquota del 10% la cessione di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti. O che, ad ogni modo risulti essere pronti per il consumo immediato, per la consegna a domicilio o per l’asporto.