Gli errori sono dietro all’angolo e certe volte non sono la conseguenza di una dimenticanza. Può capitare, infatti, di versare le imposte o le tasse a un Comune sbagliato. Può succede ad esempio con la Tari o con l’Imu, che sono dei tributi locali. Basta poco: si inserisce un codice tributo sbagliato e il versamento invece di confluire nella casse della città di residenza va a finire chissà dove.
In certi casi si parla di importi non proprio piccoli, soprattutto quando sono coinvolte imposte come l’addizionale comunale all’Irpef. Ma come ci si deve comportare in caso di un versamento effettuato a un Comune sbagliato?
Indice
Come mposte versate a un Comune errato
A fornire una serie di indicazioni su come i contribuenti si debbano comportare in caso di versamento a un ente locale errato di una tassa o di un’imposta ci ha pensato il Ministero dell’Economia e delle Finanze, con la circolare n. 1/DF/2016.
Attraverso questo documento, il Dipartimento delle Finanze ha espressamente spiegato che il contribuente si deve fare parte attiva e presentare una comunicazione, che può essere redatta in carta semplice, ai due comuni interessati spiegando l’accaduto, in modo che possano risolvere la questione in autonomia.
All’interno della comunicazione devono essere indicati i seguenti dati:
- il Comune destinatario effettivo delle somme;
- il Comune che, per uno sbaglio, ha ricevuto l’importo;
- l’importo che il contribuente ha versato;
- gli estremi del versamento.
In linea teorica il Comune che erroneamente ha ricevuto il versamento deve riversare l’importo a quello corretto entro 180 giorni.
Una volta avviata questa procedura il contribuente è al sicuro: non gli verrà comminata alcuna sanzione, anche quando gli si dovesse contestare il mancato versamento da parte dell’amministrazione comunale che avrebbe dovuto ricevere l’importo.
Tra l’altro è necessario sottolineare che siamo di fronte a una violazione formale per la quale non sono proprio previste delle sanzioni.
Il caso analizzato dal Mef si focalizza sull’addizionale comunale Irpef, ma lo stesso ragionamento vale anche per l’Imu e la Tari.
Illegittimi gli accertamenti in caso di errori
L’orientamento del Mef è stato confermato, ai fini pratici, dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli, con la sentenza n. 636 del 18 gennaio 2023. Ha affermato che è illegittimo l’accertamento di un’amministrazione comunale nei confronti di un contribuente che ha effettuato un versamento a un comune errato.
La questione dev’essere risolta tra i diversi uffici, senza penalizzare il cittadino che ha commesso l’errore.
In questo caso a finire sotto la lente d’ingrandimento dei giudici è stato il pagamento della Tari, che ha fatto scattare un avviso di accertamento da parte del Comune a cui era dovuta la tassa.
Secondo il Ctr napoletano spettava all’amministrazione che ha ricevuto il pagamento riversare l’importo a chi di dovere, una volta incassato l’importo associato a dei dati catastali di un immobile che non insisteva sul suo Comune.
La negligenza dell’amministrazione comunale
La vicenda è stata, in prima istanza, analizzata dalla Ctp di Benevento e successivamente dalla Ctr di Napoli, dopo che a un contribuente è stata notificata una cartella di pagamento per il mancato versamento della seconda rata Tari del 2016. L’importo, tra l’altro, era stato addirittura versato in anticipo rispetto alla scadenza prevista. Ma ad un Comune errato.
Nella documentazione allegata al ricorso contro la cartella di pagamento, il contribuente ha allegato la ricevuta del Modello F24, con il quale ha attestato l’avvenuto pagamento e le istanze che ha presentato al Comune legittimo percettore del tributo e a quello a cui, per errore, lo aveva versato.
Purtroppo il Comune che ha ricevuto erroneamente la somma e che era obbligato a riversarla a quello giusto, non ha provveduto a sanare la situazione.
Che cosa si intende per riversamento e chi deve farlo
Le procedure, che permettono il riversamento di una somma incassata erroneamente da parte di un Comune, sono state normate chiaramente dall’articolo 1, commi da 722 a 727, delle Legge 147 del 27 dicembre 2013. In un primo momento era stata regolamentata esclusivamente l’Imu, poi l’articolo 1, comma 4, del Decreto Legge n. 16/2014 ha esteso questa procedura a tutti i tributi locali.
Le norme prevedono che, in caso di versamento ad un ente locale errato, spetti proprio a quest’ultimo riversare la somma all’ente locale competente. L’operazione deve essere effettuata nel momento in cui viene conoscenza dell’errato versamento.
Quanto previsto dal comma 722 dell’articolo 1 della Legge 147/2013 e dagli articoli 2 e 6 del Decreto del 24 febbraio 2016 sono di portata generale. L’errore deve essere sanato direttamente dai due enti locali coinvolti, senza andare a penalizzare in alcun modo il contribuente.
Queste disposizioni hanno avuto uno scopo ben preciso: andare a sanare una prassi giurisprudenziale farraginosa e, allo stesso tempo, penalizzate per il contribuente, che, a questo punto, non ha più ragione di sussistere.
A censurare il comportamento del Comune a cui originariamente era destinata la somma è stato lo stesso Mef con la circolare citata in apertura, nel momento in cui apre delle azioni nei confronti di un contribuente che si è fatto parte attiva a versare le imposte. E che, per un errore commesso
È solo l’inerzia a penalizzare i contribuenti
Le indicazioni fornite dal Mef e confermate dall’orientamento del Ctr napoletano fanno comprendere che, in caso di errore, il contribuente non deve temere nulla nel momento in cui dovesse ricevere un avviso di pagamento.
Nel caso in cui questo dovesse effettivamente arrivare è importante non pagarlo immediatamente e produrre nelle sedi opportune le ricevute di pagamento al Comune sbagliato e le comunicazioni attraverso le quali si è segnalato l’errore. In questo contesto è necessario sempre conservare tutta la documentazione con cura, per dimostrare la propria correttezza.