Superbonus, c’è l’accordo: il Cdm approva il decreto legge ad hoc

Dopo una dura trattativa, il Governo trova l'intesa sul Superbonus per il 2024. Il 110% sarà disponibile per i redditi fino a 15mila euro, grazie a un "Fondo povertà". Ma attenzione: i conti potrebbero non tornare

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Maurizio Perriello

Giornalista politico-economico

Giornalista e divulgatore esperto di geopolitica, guerra e tematiche ambientali. Collabora con testate nazionali e realtà accademiche.

Grande escluso dal consueto Decreto Milleproroghe di fine anno, il tanto tormentato Superbonus è stato trattato dal Governo tramite un provvedimento ad hoc. L’intesa sul nuovo intervento sul contributo fiscale è stata raggiunta prima dell’avvio della riunione del Cdm che ha poi approvato il decreto.

Una misura mirata, dunque, con cui viene fissato un livello di stato di avanzamento lavori che rientrerà nell’aliquota del 110% da definire in base ai costi. In relazione ai cantieri avviati nel rispetto dei termini relativi alla normativa sul “Superbonus 110%”, sarà riconosciuto il credito d’imposta per tutti lavori realizzati e asseverati al 31 dicembre 2023. Per le opere ancora da effettuare, invece, a partire dal 1° gennaio 2024 si confermano le percentuali previste dalla legislazione vigente.

Come cambia il Superbonus: fondo per redditi fino a 15mila euro

Non è arrivata la proroga “nuda e cruda” del Superbonus, sulla quale il Ministero dell’Economia e delle Finanze aveva da subito opposto un muro invalicabile (che la conferma fosse molto difficile lo avevamo anticipato qui). Il Cdm ha però introdotto la possibilità, per chi ha un ISEE sotto i 15mila euro, di mantenere nei fatti l’agevolazione al 110% attraverso il Fondo povertà” introdotto col passaggio dal 110% al 90% avvenuto nel corso di quest’anno. Forza Italia ha espresso soddisfazione per il risultato raggiunto: “Saranno tutelati imprese e cittadini, soprattutto quelli più deboli”. Il vicepremier Antonio Tajani ha parlato di “trattativa dura, ma alla fine ha vinto il buonsenso”.

I contribuenti con redditi inferiori a 15mila euro potranno dunque avvalersi di un contributo sulle spese sostenute dal 1° gennaio al 31 ottobre 2024. Nel comunicato finale del Cdm si legge infatti che, “al fine di tutelare i cittadini con redditi più bassi e di consentire la conclusione dei cantieri Superbonus 110% che abbiano raggiunto uno stato di avanzamento dei lavori non inferiore al 60% al 31 dicembre 2023, è previsto uno specifico contributo, riservato ai percettori di redditi inferiori a 15mila euro, in relazione alle spese sostenute dal 1° gennaio 2024 al 31 ottobre 2024″. Il contributo sarà erogato, “nei limiti delle risorse disponibili”, dall’Agenzia delle Entrate, secondo criteri e modalità determinati con un successivo decreto che il MEF dovrà adottare entro 60 giorni. Il contributo non concorrerà alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi.

Cessione del credito e barriere architettoniche

A partire dalla data di entrata in vigore del decreto legge, sarà esclusa la possibilità di cessione del credito d’imposta “nel caso di interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici relativi alle zone sismiche 1-2-3 compresi in piani di recupero di patrimoni edilizi o riqualificazione urbana e per le quali non sia stato richiesto, prima della stessa data, il relativo titolo abilitativo”.

Nel comunicato del Governo si legge inoltre che, a tutela delle persone con disabilità e al fine di evitare l’uso improprio dei bonus per l’abbattimento delle barriere architettoniche, “si limita il novero degli interventi sottoposti all’agevolazione e i casi per i quali continua a essere previsto sconto in fattura e cessione del credito, salvaguardano la tutela delle persone con disabilità”. Sarà infine necessaria “un’apposita asseverazione per il rispetto dei requisiti e sarà richiesta la tracciabilità dei pagamenti, da effettuare con il cosiddetto bonifico parlante“.

Superbonus 70% e sanatoria: cosa cambia nel 2024

Lo Stato “pagherà la differenza tra il 70% e il 110%”, afferma Antonio Tajani. Il decreto ad hoc prevede anche la possibilità per i contribuenti che non hanno completato i lavori nel 2023 di non restituire i benefici maturati entro tale data. Salvi, dunque, tutti i lavori che sono stati certificati entro la fine del 2023.

Dal primo gennaio 2024 si passa al sistema del credito d’imposta che può essere richiesto sul 70% delle spese sostenute. In mancanza del doppio salto energetico, si entra nel regime ordinario al 50%. Resta che il Tesoro potrà comunque rivendicare lo stop nei fatti a partire dal prossimo anno alla misura che il ministro Giorgetti ha più volte definito “radioattiva” per i suoi effetti sul debito pubblico.

Checché ne dica Tajani, il calo dell’aliquota al 70% nel 2024 ormai alle porte scatenerà accesissime assemblee condominiali per decidere chi pagherà la differenza del 40% per il completamento dei lavori. Si prevede un massiccio ricorso a contenziosi, che paralizzeranno ulteriormente i cantieri avviati. E il tutto grazie alla sanatoria per chi non completa i lavori introdotta dal Governo per il 2023, che rischia di premiare i “furbetti”. Chi ha superato il 30% dei lavori, anche se non ha raggiunto la conclusione, non dovrà pagare nulla anche per eventuali omissioni. Una sorta di “liberi tutti” che potrebbe far implodere il sistema. “Quindi di fatto né l’impresa si rivarrà sui clienti, sui condomini, né dovrà versare una penale allo Stato, quindi restituire i soldi avuti”, ha spiegato ancora Tajani”.

Chi pagherà i costi del Superbonus?

Nonostante i toni entusiastici per il raggiungimento di un’intesa, molti esperti sottolineano come il Governo abbia scaricato il costo delle sue decisioni sul Superbonus sulle spalle di imprese edili e famiglie e come le risorse statali siano insufficienti per il 2024 (qui trovate tutte le novità). Attualmente il totale dei lavori non completati ammonta a ben 13 miliardi di euro. E solo una piccolissima parte di questo insieme potrà ancora godere dell’aliquota al 110%: parliamo dello 0,3% appena, e cioè circa 50 milioni su 13 miliardi di euro. Il fatto che tutti gli altri, che proseguiranno i lavori nel 2024, vedranno la copertura scendere al 70% paventa uno scenario di caos tra ricorsi, ritardi e crediti incagliati.

Le poche famiglie che conserveranno l’aliquota al 110% saranno quelle con “reddito di riferimento” fino a 15mila euro, al quale applicare il quoziente familiare introdotto per le villette. A patto, ricordiamo, che al 31 dicembre 2023 abbiano completato almeno il 60% dei lavori. E a patto che anticipino le spese per poi sperare di rientrare tra i fortunati che incasseranno il bonus dall’Agenzia delle Entrate. Ma non è finita qui: il Fondo per i contribuenti meno abbienti non è stato potenziato con il decreto ad hoc del Cdm e contiene soltanto 16 milioni dei 20 milioni di euro stanziati. Le risorse saranno erogate “a rubinetto”, cioè fino a esaurimento fondi. E tutto lascia presagire che il Governo non stanzi ulteriori soldi per il Superbonus nel 2024.

Dal M5S al Pd: le reazioni delle opposizioni

Come previsto, il decreto sul Superbonus ha scatenato le critiche delle opposizioni. Una nota del Pd parla di “teatrino indecoroso”, mentre fonti del M5S definiscono la maggioranza “in stato confusionale”. Dai 5 Stelle, che avevano partecipato alla manifestazione degli esodati del Superbonus al Pantheon, erano infatti arrivati emendamenti alla Manovra che prevedevano tra l’altro la proroga dell’agevolazione per il 2024. “Serve lo sblocco dei crediti fiscali. Un nostro emendamento in tal senso alla Legge di bilancio è stato bocciato”, ha riferito il deputato del Movimento Agostino Santilli.

Il Superbonus, sebbene rivisto al ribasso, è solo una delle misure confermate per il nuovo anno dal governo Meloni: scopri qui tutti i bonus 2024.