Auto, legale avere targhe estere: cosa cambia per il Fisco

Dal 21 marzo in vigore il nuovo regime. Le vetture immatricolate all'estero però non pagano Ipt e bollo. Cosa cambia dal punto di vsta fiscale.

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Redazione

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Dal 21 marzo è perfettamente legale per chiunque, senza alcun vincolo, circolare con targa estera, essendo in possesso di taluni documenti a bordo. Con la stretta sui “furbetti della targa estera” che era stata data con il Dl 113/2018, per adeguarsi alle norme europee, la Legge europea 2019 (la n. 238/2021) ha infatti modificato gli articoli 93, 94, 132 e 196 del Codice della strada ed è stato aggiunto l’articolo 93-bis. Alcune novità sono in vigore dal 1° febbraio, ma il nuovo regime è pienamente in vigore dal 18 marzo.

Il nuovo regime

Si è passati così da un divieto di guidare sul territorio nazionale veicoli con targa estera per chi risieda in Italia da più di 60 giorni a un obbligo di immatricolare con targa italiana (articolo 93-bis) il proprio veicolo entro tre mesi (chi era residente da prima del 1° febbraio deve mettersi in regola dal 1° maggio, secondo la circolare 9868U/2022 emanata dalla direzione centrale Specialità della Polizia il 23 marzo). Nel nuovo regime, l’immatricolazione in Italia si può evitare se il conducente residente in Italia non coincide col proprietario (residente all’estero): in questo caso, si è in regola se si tiene a bordo un documento con data certa firmato dal proprietario, che indichi a che titolo e per quanto tempo il conducente può utilizzare il veicolo. Se il diritto di questi a disporre del mezzo “supera un periodo di 30 giorni, anche non continuativi, nell’anno solare”, titolo e durata dell’utilizzo vanno registrati in un nuovo archivio, tenuto dal Pra: il Reve (Registro veicoli immatricolati all’estero).

Capitolo multe

Dunque, basta poter documentare un comodato, un noleggio o un leasing con una persona o un operatore stranieri e iscrivere il veicolo al Reve per poter circolare in Italia. Le multe potranno essere notificate all’indirizzo italiano dell’utilizzatore del mezzo, che sarà tenuto a pagarle.

Le conseguenze per il fisco italiano

Ad oggi non è richiesto il pagamento nè dell’Ipt (Imposta provinciale di trascrizione) né del bollo auto (che va alla Regione) e dell’eventuale superbollo, nonostante il nuovo comma 4-ter dell’articolo 94 del Codice istituisca nel Pra un elenco dedicato alle targhe estere, a fini fiscali. Inoltre, la targa estera porta con sé il fatto che la polizza assicurativa sia rilasciata nel Paese di immatricolazione. Quindi alle Province non va l’imposta sulla Rc auto, che è la loro principale fonte di introiti.

Superbollo

Nel caso di una vettura “potente” (il cui motore sviluppa più di 185 kiloWatt), lo Stato perde pure l’incasso del superbollo. Questo vale non solo per gli esemplari nuovi, ma anche per quelli già circolanti con età fino a 20 anni (oltre questa soglia, scatta comunque l’esenzione). La “liberalizzazione” delle targhe estere è un’ulteriore spinta a eludere questo tributo, esportando fittiziamente la propria auto e reimportandola con targa di un altro Paese. Salta anche il contributo al Servizio sanitario nazionale che è dovuto sulle polizze Rc auto emesse in Italia.

Assicurazioni rischiose

Sul fronte assicurativo si acutizza inoltre il problema delle compagnie estere che a volte non risarciscono i danni o lo fanno in modo tardivo o incompleto, magari perché fanno base in Paesi dove i costi di liquidazione dei sinistri sono ben più bassi che in Italia. Altrettanto bassi sono i prezzi delle polizze. Il risultato è che chi circola in Italia con la targa estera risparmia anche sull’assicurazione, a spese della collettività nazionale.