Delicata e altamente complessa la situazione nel Mar Rosso, che ha spinto l’avvio di una missione internazionale. L’obiettivo è quello di riuscire a garantire un traffico mercantile sicuro nell’area, con gli Stati Uniti alla guida di dieci nazioni, tra le quali è presente anche l’Italia.
Un fronte comune con Canada, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito, Bahrein, Norvegia, Spagna e Seychelles. Impossibile infatti ignorare la serie di attacchi messi a segni dai ribelli Houthi nello Yemen. Tutto ciò ha trasformato lo stretto di Bab al Mandeb in una tratta di grande rischio. Un passaggio cruciale, che collega Mar Rosso e Oceano Indiano, sotto il controllo dal Gibuti e dello Yemen (quest’ultimo ha fronteggiato una guerra civile e dal 2014 è controllato dagli Houthi).
Il commercio mondiale ha, per ora, perso una delle sue “autostrade” marittime, il che costringe le navi commerciali e civili a passare attorno all’Africa. Tutto ciò sta avendo e avrà, ovviamente, un impatto sull’economia, italiana e non solo. Basti pensare che da questa tratta circolano il 12-15% delle merci mondiali, così come il 30%, circa, dei traffici dei container.
Porti italiani
I traffici delle merci nel Mediterraneo subiranno senza alcun dubbio un impatto economico gravoso. Le principali compagnie di navigazione stanno infatti evitando il Mar Rosso e il canale di Suez per ragioni di sicurezza.
Ecco la reazione di Rodolfo Giampieri, Presidente di Assoporti: “Abbiamo appreso che diverse compagnie del settore contenitori e di quello petrolifero hanno deciso di dirottare le navi su altre rotte, circumnavigando addirittura l’Africa. Sono decisioni che ci preoccupano, per gli effetti sulla movimentazione delle merci, i tempi di consegna e i prezzi dei noli. Tutto ciò avrà un conseguente riflesso sul costo dei beni al consumatore finale”.
Importante la formazione di un fronte internazionale, come indicato, dal momento che potrebbe consentire di ridurre i tempi di questo blocco navale in atto. Riuscendo a individuare una risoluzione in tempi brevi, i danni economici risulterebbero risibili. Uno stallo, invece, trasformerebbe gli scenari economici attuali del Mediterraneo.
Le parole di Crosetto
Dinanzi a tutto ciò, non poteva di certo restare in silenzio il ministro della Difesa. Nel corso della visita in Lettonia, Guido Crosetto si è espresso su questo delicato tema. Ha spiegato come avesse già espresso serie preoccupazioni nei primi giorni di dicembre. Un allarme che si è poi rivelato veritiero.
“Le navi non passano più nel Mar Rosso, quindi aumentano i costi, perché devono fare il giro dell’Africa. Aumentano i costi delle assicurazioni e poi tutto si riversa nella borsa della spesa di ognuno di noi, nel conto energetico”.
La minaccia è quella di fare un passo indietro, tuffandosi in uno scenario economico in pieno stile Covid. Negli anni scorsi la pandemia aveva di fatto bloccato numerose produzioni, portando a una penuria di componenti e un aumento dei prezzi.
Motivazioni differenti ma risultati identici all’orizzonte: il costo finale aumenterà, di questo passo. Crosetto dice qualcosa di assolutamente evidente: “Non possiamo permetterci una nuova crisi economica, pertanto dobbiamo intervenire. Abbiamo una nave all’interno di una missione. C’è chi ha parlato di una nuova operazione americana, ma sbagliano. Per farlo avremmo avuto bisogno dell’approvazione del Parlamento e invece si tratta di un dispositivo già operante. Si intende valutare come muoversi nei prossimi mesi”.
Cosa aumenterà in Italia
Scendendo nel dettaglio dopo aver fornito una panoramica sulla situazione, proviamo a capire cosa, effettivamente, aumenterà di costo. Preoccupa molto la situazione del mercato energetico. Dopo aver subito l’impatto della guerra Russia-Ucraina, si teme un ritorno al recente passato, con gas e petrolio in aumento.
Qualche segnale in merito c’è stato. Basti pensare alla scelta di BP Plc di interrompere temporaneamente i viaggi nel Mar Rosso. L’annuncio del 18 dicembre ha generato uno scossone nelle quotazioni del gas europeo, impennate fino al 13%.
L’Europa, e dunque l’Italia, dipendono particolarmente dal gas naturale liquefatto. Ciò proviene dalle navi cisterne, andando a sostituire ciò che transitava dai gasdotti connessi alla rete russa. Come precisato da Crosetto, inoltre, al costo finale andrà aggiunto anche quello delle assicurazioni e spedizioni, in chiaro aumento.
Ad oggi il gas preoccupa più del petrolio, la cui situazione però non va ignorata. Le spedizioni passano attraverso il canale di Suez e, non riuscendo a risolvere questa problematica entro i primi mesi del 2024, vedremo gli effetti di una riduzione dell’offerta. Tutto si connette a un prolungamento enorme del tragitto di tutti i trasporti, pari a 7-10 giorni. Statisticamente parlando si tratta di un incremento del 30%, in media.
In situazioni estreme, come nel caso di enormi dimensioni delle imbarcazioni impiegate, si potrebbe anche paventare un mese di ritardo, da tenere in conto in termini di spese. Numerorsi gli armatori che, in maniera preventiva, stanno applicando supplementi. Ciò si traduce in potenziali aumenti di spesa di almeno 400mila dollari per nave, fino a un milione.
Abbiamo citato il costo assicurativo e, stando alle analisi di Bloomberg, il valore è in aumento fino a quota 0,5% per singola nave. Ciò vuol dire che viene pagato lo 0,5% del valore della merce trasportata, mentre in precedenza era dello 0,1-0,2%. Ci si attende un impatto già nei primi due mesi del 2024.
Per il momento il settore del petrolio è ancora sotto controllo. Si prevede però una grande agitazione. Qualche modifica nelle quotazioni si è già registrata, ma ad oggi tutto rientra nelle normali oscillazioni dovute alle analisi internazionali. Dovesse però restare tale la situazione nei prossimi mesi, si vedrà di certo un aumento dei carburanti alla pompa notevole, già da marzo 2024.
E per le bollette invece? Si è espresso con toni mesti Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia. Si è augurato una risoluzione della situazione entro fine anno, il che appare ormai impensabile. Proseguendo con il blocco, si dovrà probabilmente dire addio al taglio delle tariffe del gas, che era atteso per gennaio. Un duro colpo per i cittadini, che nell’immediato saranno avvantaggiati, ma soltanto del 4%. Meno rispetto alle previsioni. E per l’energia: “Da un calo previsto dell’8% si scenderebbe a meno 4-5% nel conto dell’elettricità. Si rischia di interrompere la tendenza forte al ribasso”.