Attacchi nel Mar Rosso: perché il prezzo di benzina e diesel potrebbe salire di nuovo

Sì, il prezzo dei carburanti (benzina e diesel) potrebbe aumentare di nuovo, ma non solo: rischia salire il prezzo del petrolio e di altri beni

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Sì, il prezzo di benzina e diesel potrebbe aumentare di nuovo. Ma non solo carburanti, secondo gli analisti rischia salire il prezzo di altri beni. Lunedì 18 dicembre i prezzi del petrolio sono aumentati bruscamente in seguito agli attacchi del Mar Rosso, per poi registrare martedì un forte rimbalzo dai minimi. Ma cosa sta succedendo esattamente? E cosa dobbiamo aspettarci?

Qual è la situazione nel Mar Rosso e perché sta complicando le cose

Attacchi missilistici e droni su diverse navi in transito in Mar Rosso, attribuiti al gruppo yemenita Houthi, hanno spinto diverse compagnie navali a decidere di cambiare rotta percorrendone una molto più lunga attorno al Capo di Buona Speranza, così da evitare il Canale di Suez.

La decisione è stata presa per esempio dalla major petrolifera BP PLC (LON:BP) e il gruppo di spedizioni petrolifere Frontline Ltd (NYSE:FRO), cui navi eviteranno la regione così come faranno altre, preoccupati per la situazione in Mar Rosso.

Ovviamente, si tratta di una decisione che avrà un inevitabile impatto sugli approvvigionamenti. Il Canale di Suez è infatti una rotta marittima chiave e, così facendo, le forniture di greggio all’Europa e all’Asia subiranno una forte battuta d’arresto.

C’è da dire anche che, proprio perché le spedizioni di petrolio dal Medio Oriente seguiranno un percorso più lungo verso l’Europa e attraverso l’Atlantico, le interruzioni dell’offerta contribuiranno anche a far aumentare le tensioni geopolitiche, influenzando direttamente e indirettamente i prezzi del petrolio e quindi dei carburanti.

Gli effetti sui prezzi di benzina e diesel

Dopo i primi attacchi in Mar Rosso, già a inizio settimana (lunedì 18 dicembre) i prezzi del petrolio sono aumentati bruscamente. Lo stesso è avvenuto martedì, anche se in forma più moderata, il trend al rialzo non si è arrestato.

Giusto per dare qualche numero di riferimento: lunedì i future del petrolio Brent in scadenza a febbraio sono saliti dello 0,2% a 78,11 dollari al barile, mentre i future del greggio West Texas Intermediate sono saliti dello 0,1% a 72,93 dollari al barile alle 20:21 ET (01:21 GMT). Il greggio invece è salito di quasi il 2%, spinto dai timori per le interruzioni degli scambi commerciali attraverso il Canale di Suez, attraverso il quale passa circa il 12% del traffico marittimo mondiale.

Dunque, poiché benzina e gasolio si ottengono dal petrolio, l’aumento del prezzo del greggio inevitabilmente farà salire anche quello dei carburanti se la situazione non rientra nel breve termine.

Cosa c’entra la guerra tra Israele e Hamas

Gli effetti sui prezzi, ovvero il rischio di un loro conseguente aumento, non sembra un problema destinato a rientrare nel breve termine, perché ci sono ulteriori segnali che portano a pensare che ci sia l’intenzione di un’interruzione delle forniture da parte del Medio Oriente, soprattutto a seguito dell’escalation degli scioperi da parte del gruppo Houthi e l’offensiva dei suoi militanti, allineati con l’Iran, contro le navi nel Mar Rosso, che hanno interrotto il commercio marittimo e costretto le aziende a reindirizzare le navi.

Il gruppo infatti ha affermato che i recenti attacchi, tra cui quelli contro le navi della marina americana, non erano altro che una risposta all’aggressione israeliane contro Gaza.

Inoltre, il veto posto recentemente dagli Stati Uniti alla risoluzione delle Nazioni Unite per un cessate il fuoco immediato a Gaza non ha di certo disteso le tensioni, al contrario ha attirato molte critiche da diversi paesi e contribuito ad alimentare l’idea che la situazione in Medio Oriente possa degenerare da un momento all’altro.

Ciò ha visto i mercati risentire del rischio derivante dal conflitto, dato che può concretamente portare a interrompere le forniture di petrolio dalla regione.

Infine, l’aumento del prezzo del petrolio è stato sostenuto anche dalla Russia, che ha annunciato che a dicembre intensificherà i tagli alle esportazioni di petrolio fino a 50.000 barili al giorno, o più. In questo modo Putin ha confermato il suo sostegno all’Iran e si è schierato contro gli USA, contribuendo ad alimentare le preoccupazioni.

Cosa farà l’Italia?

Martedì 19 dicembre gli Stati Uniti hanno annunciato la creazione di un’operazione multinazionale per salvaguardare il commercio nel Mar Rosso. Tra le nazioni coinvolte figurano Italia, Regno Unito, Bahrein, Canada, Francia, Paesi Bassi, Norvegia, Seychelles e Spagna.

La nuova iniziativa di sicurezza, denominata Operazione Prosperity Guardian, mira a scoraggiare ulteriori attacchi Houthi mentre gli Stati Uniti osservano potenziali focolai di conflitto regionale nel contesto della guerra tra Israele e Hamas.

Secondo gli analisti di Goldman Sachs, l’impatto complessivo sarà limitato, perché è “improbabile” che l’interruzione abbia grandi effetti sui prezzi del petrolio greggio e del GNL, visto che ci sono “opportunità di reindirizzamento delle navi” che implicano che la produzione non dovrebbe essere “influenzata direttamente”.

Come riportato dal The Sun, tuttavia, Fawad Razaqzada, analista di mercato di StoneX, ha sottolineato che in questo caso bisogna comunque “considerare l’aumento dei costi di approvvigionamento” dato che “un numero crescente di petroliere è rimasto bloccato lungo lo stretto del Mar Rosso”.