Italia post Covid: siamo alla vigilia di un nuovo boom economico?

Da Confindustria all'Ocse al ministro Brunetta, sono diverse le stime che indicherebbero una grande fase di crescita e posti di lavoro in arrivo per il Belpaese

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Siamo di fronte a un nuovo boom economico? In queste settimane sono diversi i segnali in questo senso, che ventilano l’arrivo di un’impennata della crescita nel nostro Paese.

Il 2020 è stato un annus horribilis, sotto tutti i punti di vista. L’emergenza sanitaria ha falciato via interi settori. Secondo un’indagine condotta dall’Istat, per cui sono state intervistate oltre un milione di imprese tra ottobre e novembre 2020 con riferimento al periodo giugno-ottobre, circa 73mila imprese, che incidono sull’occupazione nazionale per il 4%, sono rimaste chiuse.

Di queste, solo 55mila prevedono di riaprire nel 2021. Le altre 17mila hanno chiuso i battenti per sempre: tradotto, l’1,7% delle imprese, pari allo 0,9% degli occupati. Cifre drammatiche, cartina di tornasole di una crisi che ha spazzato via posti di lavoro e prospettive di crescita.

Le previsioni di Confindustria sulla crescita dell’Italia

Ma a scorrere l’ultima analisi di Confindustria, sembra che il futuro non sia affatto nero. Anzi, l’Italia dopo molto tempo potrebbe trovarsi di fronte a scenari estremamente positivi. A imprimere l’impennata ci sarebbero, naturalmente, le iniezioni di denaro in arrivo dall’Europa grazie al Recovery Fund. Ma non solo.

Le stime del Centro studi di Confindustria infatti evidenziano già i primi segnali di ripresa, che nel secondo e terzo trimestre dell’anno potrebbero subire nuovi sostenuti rialzi. Il lieve aumento nel secondo trimestre del 2021, che dovrebbe concludersi a giugno, secondo le stime degli industriali dovrebbe essere seguito da un rimbalzo decisamente più accentuato nel terzo e nel quarto trimestre dell’anno, quando il Pil dovrebbe raggiungere un valore positivo di 4 punti percentuali per ciascuno degli intervalli di tre mesi.

Sul fronte del mercato del lavoro, tra gennaio e aprile sono stati creati circa 130mila nuovi posti, al netto delle cessazioni, contro il disastroso -230 mila registrato negli stessi mesi del 2020, in piena pandemia.

A fare da traino soprattutto il settore dei servizi: consumi, bar e ristoranti, musei e spettacoli, viaggi. Un boom dettato dalle riaperture post Covid, quindi, ma anche alla campagna vaccinale che procede al ritmo di più di mezzo milione di somministrazioni al giorno.

Il ritorno alla libertà degli italiani potrebbe dunque coincidere con una nuova, inattesa, fase di crescita economica, che spingerebbe in alto i consumi, anche grazie ai risparmi che qualcuno ha potuto mettere da parte nei mesi di chiusure forzate.

Perché per il ministro Brunetta siamo alla vigilia di un nuovo boom economico

A pensarla così è anche il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, che in una intervista a Repubblica ha pronosticato, senza troppi giri di parole, che siamo di fronte a una straordinaria fase di crescita economica per il Belpaese. “Ho la sensazione, anzi è più che una sensazione, che siamo alla vigilia di un nuovo boom economico. Il rimbalzo, come tasso di crescita del Pil, sarà più vicino al 5 che al 4% previsto. E forse persino qualcosa più del 5%” rivela il ministro.

Le cospicue risorse che arriveranno grazie al Recovery europeo faranno molto. Ma ci sono anche altri segnali che potrebbero confermare la tesi di Brunetta.

Anzitutto “il clima che si sta creando”. Il Pnrr ancora non c’è, i primi 25 miliardi dovrebbero arrivare tra agosto e settembre, ma ci sono già stati il Next Generation Ue, “il momento Hamilton dell’Europa, con la decisione storica di fare debito comune”, e ovviamente “l’effetto Draghi, con un governo di unità nazionale guidato dalla personalità più credibile che l’Italia potesse mettere in campo”. Tutto questo, insieme al successo del piano vaccinale del generale Figliuolo, “sta producendo un clima molto, molto positivo. Stiamo vedendo all’opera gli “spiriti animali” della nostra Italia”.

Come verranno spesi i soldi del Pnrr

Il Pnrr “non è altro che un contratto che l’Italia stipula con tutti gli altri Stati europei che accettano di indebitarsi sui mercati per darci, a condizioni vantaggiose, i soldi che ci servono. Tanti soldi, sia a fondo perduto sia come prestiti. A un’unica condizione: che facciamo le riforme nei tempi giusti, fornendo puntualmente i Sal, gli Stati di avanzamento dei lavori” spiega.

E proprio per il Pnrr nazionale Brunetta si appresta ad assumere migliaia di tecnici (qui tutti i dettagli sul maxi piano di assunzioni nella Pa). “Dobbiamo spendere oltre 230 miliardi in soli 5 anni. Abbiamo trovato compagini ministeriali che, a livello tecnico e di funzionari, sono state desertificate da anni di blocco del turnover. Se vogliamo far ripartire il Paese dobbiamo ricominciare a fare assunzioni. Quelle temporanee, finalizzate al Piano nazionale, e quelle per rivitalizzare strutturalmente i ruoli dell’Amministrazione. Perché puoi anche assumere a tempo un super ingegnere, scegliendo il meglio sul mercato, ma poi ti serve anche il tecnico di qualità del comune che ci sappia interloquire alla pari”.

Le previsioni di crescita per l’Italia dell’Ocse

La riforma della Pubblica amministrazione è anche ciò su cui chiede di puntare l’Ocse. I dati appena pubblicati restituiscono segnali molto incoraggianti. Secondo le stime del report Prospettive Economiche presentato a Parigi, il Pil dell’Italia crescerà al 4,5% nel 2021, parallelamente alla campagna di vaccinazione contro il Coronavirus, e rimarrà sostenuto, al 4,4%, nel 2022.

Il governo italiano intende “continuare a condurre una politica di bilancio espansionista per un certo periodo”, scrive l’Ocse, facendo aumentare il deficit nel 2021 rispetto al 2020, prima di tornare progressivamente sotto alla soglia del 3% nel 2025, si legge nel report Ocse.

Si punta a un aumento delle spese legate agli investimenti destinato a completare i fondi del piano di rilancio Next Generation EU, con anche un netto stimolo alla creazione di posti di lavoro e all’investimento nel settore privato. L’investimento pubblico dovrebbe salire al 3,1% del Pil nel 2022 con un rapporto debito/Pil di circa il 160% nel 2021.

Per ridurre il livello del debito nel medio termine, prosegue l’Ocse, le autorità si appoggeranno essenzialmente su un’accelerazione della crescita, basandosi in parte sul rapido dispiegamento dei fondi previsti nel quadro di Next Generation EU.

Il Pil dell’Italia dovrebbe tornare ai livelli pre-pandemia del 2019 nella seconda metà del 2022: i consumi riprenderanno con la progressiva revoca delle misure restrittive. Gli “elevati” livelli di risparmio registrati attualmente caleranno gradualmente. Nuovi posti di lavoro, soprattutto per le persone poco qualificate, donne e giovani, torneranno nel 2022. Il tasso di disoccupazione sarà al 9,8% nel 2021 e al 9,7% nel 2022, mentre il debito calerà dal 159,6% del 2021 al 157,2% del 2022.

Il Pil dell’Eurozona crescerà del 4,3% nel 2021, per poi aumentare ulteriormente al 4,4% nel 2022. Il Pil mondiale crescerà invece del 5,8% nel 2021 per poi rallentare al +4,4% nel 2022. Per il G20, il dato è rispettivamente del 6,3% e del 4,7% mentre la media dei Paesi Ocse passa dal 5,3% del 2021 al 3,8% del 2022.

I dati (negativi) Ocse sulla disoccupazione

Ma altri dati Ocse pubblicati appena tre settimane fa puntano il dito proprio contro l’Italia per quanto riguarda le prospettive lavorative.

Nelle tabelle sulla disoccupazione nei Paesi dell’area Ocse si vede chiaramente che il tasso medio di disoccupazione è del 13,3%, in calo dal 13,6% di febbraio. La disoccupazione giovanile in Italia torna a crescere a marzo, dal 31,9% a 33%, e conquista la maglia nera, dopo la Spagna.

Il tasso di disoccupazione delle donne, soprattutto, nel nostro Paese schizza a marzo all’11,4%, in controtendenza rispetto a quanto accade nella maggioranza dei Paesi Ocse. A febbraio era all’11,3%, a fronte di un calo medio nei paesi Ocse dal 6,8% al 6,6%.