Cos’è un G20, come funziona e cos’è stato deciso a Roma

Il vertice di Roma è il 16° G20 a livello di Capi di Stato e di Governo. Ma cos'è un G20 e cosa si decide esattamente? Tutte le cose da sapere su Roma

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

G20 a Roma. Ma cos’è il G20 e cosa viene discusso e deciso in questa due giorni romana? Il vertice di Roma è il 16° G20 a livello di Capi di Stato e di Governo. Il primo si è tenuto a Washington nel novembre del 2008 e l’ultimo, online causa pandemia sotto la presidenza saudita, nel novembre del 2020.

Cos’è il G20

Il G20 è il foro internazionale che riunisce le principali economie del mondo. I Paesi che ne fanno parte rappresentano più del 80% del Pil mondiale, il 75% del commercio globale e il 60% della popolazione del pianeta.

Il G20 si tiene ogni anno dal 1999 e dal 2008 prevede lo svolgimento di un vertice finale, con la partecipazione dei Capi di Stato e di Governo. Il vertice rappresenta il momento conclusivo del lavoro svolto durante l’intero anno nelle riunioni ministeriali, negli incontri dei cosiddetti sherpa, nei gruppi di lavoro e nelle riunioni degli engagement groups.

Gli sherpa sono diplomatici di alto livello che rappresentano i governi del G20, incaricati di portare avanti i negoziati, costruire il consenso tra i membri, discutere i punti dell’agenda del vertice e coordinare il lavoro del G20.

L’approfondimento di questioni specifiche di rilevanza internazionale è affidato ai cosiddetti gruppi di lavoro composti da esperti dei Paesi membri.

Il processo decisionale del G20, duramente contestato dai tanti movimento no G20 e no G8, è stato allargato via via coinvolgendo anche gli attori sociali, che si riuniscono nei cosiddetti engagement groups. Questi gruppi conducono i loro lavori in modo indipendente rispetto ai governi e coinvolgono diversi stakeholder della comunità internazionale che rappresentano la comunità imprenditoriale, la società civile, i sindacati, le accademie delle scienze, i think tank e i centri di ricerca, le grandi città, le donne e le associazioni giovanili.

Il G20 dell’Italia a Roma

La leadership del G20 ruota su base annuale tra i suoi membri. L’Italia ha assunto la presidenza del 2021 il 1° dicembre 2020. Poi c’è la “troika”, composta dal Paese che detiene la presidenza, il suo predecessore e il suo successore: quindi attualmente composta da Italia, Arabia Saudita e Indonesia.

Più di 170 eventi si sono tenuti in Italia, con l’obiettivo di valorizzare le eccellenze diffuse sul territorio. Il primo vertice G20 ospitato dall’Italia si svolge a Roma sabato 30 e domenica 31 ottobre, tra i Capi di Stato e di Governo delle principali economie del mondo, insieme a Paesi ospiti e rappresentanti di organizzazioni internazionali e regionali. All’evento partecipano anche di solito tutti i ministri dell’Economia.

Il summit si svolge nel quartiere dell’EUR, all’interno del centro convegni “La Nuvola”, riconosciuto come uno degli esempi più virtuosi di estetica contemporanea (qui noi di QuiFinanza abbiamo simulato quanto costa dormire negli hotel scelti dai leader mondiali).

Il lavoro della presidenza italiana si è basato su tre pilastri, le 3P:

  • People (persone)
  • Planet (pianeta)
  • Prosperity (prosperità).

I temi caldi al G20 di Roma

“Abbiamo affrontato il protezionismo, l’unilateralismo, il nazionalismo” ha detto il premier Draghi. “La pandemia ci ha tenuti distanti, e lo ha fatto con tutti i nostri cittadini. Ma non dobbiamo fare errori. Il multilateralismo è la migliore risposta ai problemi che affrontiamo oggi. Per molti versi, è l’unica soluzione possibile”.

Dalla pandemia al cambiamento climatico a una tassazione giusta ed equa, “fare tutto questo da soli, semplicemente, non è un’opzione possibile. Dobbiamo fare tutto ciò che possiamo per superare le nostre differenze. E dobbiamo riaccendere lo spirito che ci ha portati alla creazione e al rafforzamento di questo consesso”.

Draghi rimarca come, a circa 2 anni dall’inizio della pandemia, possiamo finalmente guardare al futuro con più ottimismo. Campagne vaccinali di successo e azioni coordinate da parte dei governi e delle banche centrali hanno permesso la ripresa dell’economia globale. Molti Paesi hanno lanciato dei piani di ripresa per dare impulso alla crescita, ridurre le diseguaglianze, promuovere la sostenibilità. “Insieme, stiamo costruendo un nuovo modello economico, e tutto il mondo ne beneficerà”.

Pandemia, a che punto siamo con i vaccini nel mondo

Ma il problema è sempre lo stesso: i Paesi che rimangono indietro, i cosiddetti “in via di sviluppo”, con differenze enormi nella distribuzione dei vaccini (“moralmente inaccettabili” tuona Draghi) e che “minano la ripresa globale”.

L’obiettivo da centrare sulle vaccinazioni è il 40% della popolazione globale entro la fine del 2021 e il 70% entro la metà del 2022. Per farlo è necessario continuare a investire in ricerca, eliminare le barriere commerciali che riguardano i vaccini anti Covid, migliorare la prevedibilità nella loro consegna, e rafforzare le catene di approvvigionamento globali, aumentando al contempo la capacità produttiva a livello locale e regionale, conclude il premier.

Accordo sulla Global Minimum Tax

Trovato anche l’accordo sulla cosiddetta Global Minimum Tax: la Minimum Tax globale sulle multinazionali andrà a colpire in particolare i colossi del web cresciuti in questi anni, da Amazon a Facebook. La tassa avrà un’aliquota minima del 15% sugli utili delle grandi multinazionali per evitare che queste continuino a trasferire la propria sede fiscale in un Paese dove il trattamento è più favorevole.

L’intesa inoltre consentirà di riattribuire ai Paesi del mondo intero i benefici per oltre 125 miliardi di dollari realizzati da 100 aziende multinazionali tra le più grandi e più redditizie al mondo. Secondo uno studio indipendente la tassa genererà almeno 60 miliardi di dollari di introiti l’anno solo per gli Stati Uniti.

I leader mondiali si sono impegnati ad attuarla entro il 2023, data già fissata nel quadro Ocse dove era stata sottoscritta da 136 Paesi su 140.

Accordo su dazi acciaio e alluminio

Accordo raggiunto da Unione Europea e Stati Uniti sui dazi su acciaio e alluminio. La decisione conferma l’ulteriore rafforzamento in atto delle già strette relazioni transatlantiche e il progressivo superamento del protezionismo degli scorsi anni.

Il presidente del Consiglio Draghi ha espresso “grande soddisfazione” e auspicato che questo accordo sia un primo passo verso un’ulteriore apertura degli scambi tra Ue e Stati Uniti, per favorire la crescita di entrambe le economie.

Nodo clima

Tema clima, quello più caldo in agenda, nonché l’ostacolo più grande da superare come già si sapeva. India e Cina hanno remato contro, chiedendo tempo per centrare l’obiettivo delle emissioni zero.

Stride che uno dei protagonisti indiscussi del dossier sia proprio il presidente cinese Xi Jinping, intervenuto al summit di Roma in videoconferenza. Xi ha sollecitato i Paesi sviluppati a dare l’esempio sul fronte della riduzione delle emissioni. Per Xi, i Paesi a economia avanzata devono “accogliere pienamente le difficoltà e le preoccupazioni dei Paesi in via di sviluppo, attuare i loro impegni sui finanziamenti per il clima e fornire la tecnologia, le capacità e altro sostegno ai Paesi in via di sviluppo”. Detto in altri termini, prima devono agire i Paesi ricchi, poi forse ci penseranno anche Cina e gli altri.

Nonostante da tutti considerato una “minaccia esistenziale”, la data del 2050 non è stata esplicitata nel documento finale. L’obiettivo emissioni zero, con la contestuale fine del processo di decarbonizzazione, sarà raggiunto “entro o intorno a metà secolo”, si legge.

Tuttavia, è stato spostato l’obiettivo della temperatura media globale da 2 a 1,5, perseguendo gli sforzi già raggiunti negli Accordi di Parigi per limitarla a 1,5 gradi al di sopra dei livelli preindustriali, si legge nella bozza di dichiarazione conclusiva.

Nel comunicato finale del G20 si legge anche che i 20 big si impegnano “a ridurre significativamente le nostre emissioni collettive di gas serra, tenendo conto delle circostanze nazionali e rispettando i nostri Ndc (gli impegni presi da ogni Paese, ndr)”. E ancora: “Riconosciamo che le emissioni di metano rappresentano un contributo significativo al cambiamento climatico e riconosciamo, in base alle circostanze nazionali, che la sua riduzione può essere uno dei modi più rapidi, fattibili ed economici per limitarlo”.