Crisi Mar Rosso, export italiano in frenata. A rischio 53 miliardi di euro per le imprese

Con la crisi nel Mar Rosso è a rischio una quota dell’import-export dell’Italia, con il pericolo che si aggravi il commercio internazionale

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

L’ultima minaccia alla stabilità dell’economia europea proviene dal Medio Oriente, soprattutto dalla regione a sud del Mar Rosso. Gli Houthi, un gruppo di ribelli yemeniti, stanno attaccando ripetutamente le navi mercantili che transitano attraverso il Canale di Suez, rappresentando un rischio significativo. A causa di tali attacchi, diverse aziende hanno già preso misure drastiche interrompendo le spedizioni o modificando le rotte. Secondo una stima del Kiel Institute, a dicembre il volume dei container spediti attraverso il Mar Rosso è diminuito del 66% rispetto alla media degli anni precedenti. Questa situazione potrebbe avere ripercussioni anche in Europa.

I primi Paesi che bloccano il transito di navi

Il commissario europeo all’Economia, Paolo Gentiloni, ha avvertito ieri durante l’Eurogruppo che non bisogna sottovalutare la possibilità che la tensione nel Mar Rosso abbia conseguenze significative. Al momento, non si sono ancora manifestati effetti tangibili, ma secondo l’ex premier italiano, potrebbero manifestarsi nelle prossime settimane.

Il settore dell’energia è particolarmente suscettibile alle tensioni in corso nel Medio Oriente. Il Qatar, primo esportatore mondiale di gas naturale liquefatto (Gnl), ha interrotto il transito delle sue navi gasiere attraverso il Mar Rosso. Dopo l’invasione russa in Ucraina e la conseguente rottura diplomatica con Mosca, il Qatar è diventato uno dei principali fornitori di gas liquefatto per l’Europa. La sospensione delle spedizioni genera nuove incertezze per i Paesi europei, ma gli esperti ritengono che non minaccerà la capacità di soddisfare la domanda durante i mesi invernali. Questo perché l’Unione europea dispone di riserve di gas significativamente elevate, una strategia concepita per affrontare eventuali interruzioni nelle forniture.

Secondo i dati di Gie Agsi, le riserve di gas italiane sono attualmente al 75% della capacità massima. Non si prevede un rischio immediato di carenza di gas. Tuttavia, l’attenzione si concentra sui prezzi. Recentemente, al Ttf di Amsterdam, il prezzo del gas è sceso temporaneamente al di sotto dei 30 euro a megawattora. Tuttavia, in caso di nuovi attacchi e ulteriori interruzioni delle forniture, i prezzi potrebbero nuovamente aumentare.

L’export italiano: quanto ci sta costando questa crisi

Oltre al settore dell’energia, le imprese sono particolarmente preoccupate per il rischio di un allargamento del conflitto in Medio Oriente. Secondo Confartigianato, il valore dell’import-export italiano che attraversa il Canale di Suez ammonta a 148,1 miliardi di euro ogni anno, di cui 93,1 miliardi riguardano le importazioni e 53 miliardi le esportazioni. Marco Granelli, presidente dell’associazione di categoria, afferma che gli eventi nel Mar Rosso stanno danneggiando il sistema del made in Italy e l’approvvigionamento di prodotti essenziali per la trasformazione della manifattura italiana.

In percentuale, le merci italiane che passano attraverso il Canale di Suez costituiscono il 15,2% delle importazioni totali dall’estero e l’8,7% delle esportazioni. A livello regionale, esistono notevoli differenze in termini di esposizione a una potenziale crisi.

La Lombardia risulta essere la regione più a rischio in termini assoluti, con esportazioni attraverso il Mar Rosso per 12,9 miliardi di euro nell’ultimo anno. Se si considerano invece le esportazioni in rapporto al PIL, le regioni più esposte sono l‘Emilia-Romagna, con merci dal valore del 5,3% del PIL regionale che transitano dal Canale di Suez, seguita dal Friuli-Venezia Giulia (4,7%) e dalla Toscana (3,7%).