Boeing 737, dopo l’incidente valanga di cancellazioni: le compagnie che restano a terra

L'incidente senza conseguenze del Boeing 737 Max 9 di Alaska Airlines ha portato le compagnie internazionali a fermare gli esemplari e ordinare un controllo approfondito

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Giorgio Pirani

Giornalista economico-culturale

Giornalista professionista esperto di tematiche di attualità, cultura ed economia. Collabora con diverse testate giornalistiche a livello nazionale.

La Turkish Airlines ha annunciato oggi di aver messo a terra i suoi cinque Boeing 737 Max 9 in seguito all’incidente verificatosi venerdì sera su un aereo di questo modello di Alaska Airlines, dove si è staccato un portellone durante il decollo da Portland, negli Stati Uniti. “Come misura precauzionale in seguito all’incidente che ha coinvolto un Boeing 737 Max 9 di Alaska Airlines, la flotta di THY ha ritirato temporaneamente i suoi 5 Boeing 737 Max 9 per eseguire controlli”, ha dichiarato la compagnia di bandiera turca sul suo sito ufficiale.

La verifica avverrà direttamente sul luogo dell’atterraggio, dove gli aeromobili saranno ispezionati attentamente, ha spiegato THY. Con sede presso l’aeroporto internazionale di Istanbul, Turkish Airlines è la compagnia aerea con il maggior numero di Paesi serviti al mondo, con un totale di 120 destinazioni.

Le compagnie che utilizzano i Boeing 737

In seguito alla decisione della Federal Aviation Agency (FAA) degli Stati Uniti di sospendere l’operatività di alcuni velivoli del modello Boeing 737 MAX 9 dopo l’incidente dell’aereo di Alaska Airlines che ha perso un portellone in volo, anche le compagnie Copa Airlines di Panama e Aeroméxico hanno deciso di immobilizzare per controlli gli aeromobili presenti nelle loro flotte. In un comunicato, Copa Airlines ha precisato che questa misura coinvolge 21 dei 29 aerei che “rimarranno a terra fino al completamento dei necessari controlli tecnici di revisione”.

Dall’altra parte, Aeroméxico ha annunciato di aver adottato una simile precauzione per i suoi aeromobili Boeing 737 Max, i quali saranno “sottoposti a ispezione come misura precauzionale”. La compagnia aerea messicana ha dichiarato che tali velivoli rimarranno fuori servizio fino a nuovo avviso. Aeroméxico ha assicurato che il controllo sarà completato nel minor tempo possibile per riprendere regolarmente le operazioni programmate, lavorando in stretta collaborazione con Boeing e le autorità competenti.

Secondo i dati raccolti dal Corriere della Sera attraverso la piattaforma specializzata ch-aviation, attualmente sono in servizio nel mondo 209 Boeing 737 Max 9, compreso quello coinvolto nell’incidente. La maggior parte di questi aerei appartiene a due compagnie statunitensi, United Airlines e Alaska Airlines, con la maggior parte dei velivoli gestiti complessivamente da quattro vettori del continente americano. In Europa, ci sono 14 Boeing 737 Max 9 in servizio. Di seguito sono riportati i dati specifici per ciascuna compagnia:

  • United Airlines: 75
  • Alaska Airlines: 65
  • Copa Airlines: 29
  • Aeroméxico: 18
  • Scat Airlines: 5
  • Turkish Airlines: 5
  • Icelandair: 4
  • Flydubai: 3
  • Corendon: 2
  • Lion Air: 2
  • Air Tanzania: 1

Non sono presenti compagnie aeree italiane che utilizzano attualmente questo modello di aereo, e non risultano neanche ordini registrati per consegne future di Boeing 737 Max 9.

Le cause dell’incidente

L’incidente prolunga il periodo critico per uno dei modelli principali della Boeing, il gigante dell’aviazione con sede a Seattle (USA). Alla fine del 2023, la società ha consigliato ai suoi clienti di effettuare ispezioni sui 737 Max per individuare un “possibile bullone allentato” nel sistema di controllo del timone. Boeing ha suggerito queste ispezioni dopo che “un operatore internazionale ha scoperto un bullone con un dado mancante durante la manutenzione ordinaria di un meccanismo nel collegamento di controllo del timone”, come indicato in un comunicato diffuso dalla FAA. Il velivolo era stato rimesso in servizio all’inizio del 2023, quattro anni dopo i due incidenti aerei che, tra il 2018 e il 2019, hanno causato la morte di 346 persone.