Effetto Meloni, le banche bruciano 9 mld: chi perde di più

Crolla l'indice azionario delle banche che, in poche ore, bruciano miliardi dopo l'introduzione delle tassa sugli extra profitti approvata dal governo Meloni con il decreto Omnibus

Foto di Federica Petrucci

Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Con l’introduzione delle tassa sugli extra profitti approvata dal governo Meloni con il decreto Omnibus, crollano le azioni delle banche che, in poche ore, hanno bruciato miliardi di euro. La decisione del Consiglio dei Ministri di lunedì 7 agosto arriva in risposta all’aumento dei tassi di interesse che, nell’ultimo periodo, hanno assicurato profitti record alle banche, con il costo dei prestiti cresciuto vertiginosamente.

L’Italia ha inferto un colpo a sorpresa alle sue banche, impostando la tassa una tantum del 40% sui profitti ottenuti da tassi di interesse più elevati, dopo aver rimproverato gli istituti di credito per non aver premiato i depositi. La decisione ha però scatenato una reazione a catena che ha coinvolto tutta l’Europa. Paesi come Spagna e Ungheria hanno già imposto tasse straordinarie al settore e altri potrebbero ora seguire l’esempio. Intanto, però, significative perdite si sono registrate a livello economico. E la cosa potrebbe avere effetti spiacevoli per la stabilità finanziaria italiana.

Ma vediamo, nel dettaglio, che cosa sta succedendo e quali potrebbero essere le possibili conseguenze.

Una tassa del 40% sugli extra profitti delle banche: la decisione del governo Meloni

Il governo Meloni aveva lanciato l’idea della tassa sugli extra profitti bancari già all’inizio dell’anno, ma poi non era più ritornato sulla questione, portando molti a credere di aver abbandonato l’idea. Da allora, tuttavia, i risultati eccezionali del primo semestre delle banche hanno riportato la questione al centro dell’attenzione e hanno spinto l’esecutivo ad agire alla vigilia della pausa estiva del Parlamento (che riprenderà i lavori a settembre). Come le aziende operanti nel settore gas ed energia, anche le banche hanno tratto il loro vantaggio dalla crisi economica che ha attraversato il Paese negli ultimi tempi. Con i tassi di interesse ufficiali nettamente più elevati rispetto agli standard, le banche hanno prodotto profitti record, poiché il costo dei prestiti è aumentato vertiginosamente.

Tutti i principali istituti di credito italiani hanno riportato risultati migliori del previsto nei primi sei mesi del 2023 e hanno migliorato le loro prospettive di profitto grazie a tassi di interesse più elevati. A differenza di altri paesi europei, però, le banche italiane non hanno mai addebitato depositi quando i tassi ufficiali scendevano sotto lo zero. Inoltre, da quando i tassi sono cresciuti, gli istituti di credito hanno tagliato i costi dei conti correnti ma si sono rifiutati di premiare il denaro in deposito, sostenendo si trattasse di denaro per uso quotidiano e non di un investimento.

Come funziona la tassa sugli extra profitti

Lo Stato applicherà l’imposta solo nel 2023 agli extra profitti delle banche, che dovranno pagare quanto dovuto entro il 30 giugno 2024. La tassa introdotta con il decreto Omnibus si applica al margine di interesse netto (NIM), una misura del reddito derivante dal divario tra tassi attivi e passivi. La tassa sugli extra profitti pari al 40 percento si applicherà nello specifico al NIM guadagnato nel 2022 o nel 2023, a seconda di quale somma risulta maggiore.

Funziona così: l’imposta si applicherà al reddito da interessi netto “in eccesso” sia nel 2022 che nel 2023 derivante da tassi di interesse più elevati, e sarà applicata su NII che superano il 3% di crescita su base annua nel 2022 rispetto ai livelli del 2021 e che superano il 6% su base annua crescita annuale nel 2023 rispetto al 2022. Le banche sono tenute a pagare l’imposta entro sei mesi dalla fine dell’esercizio.

Crollano le azioni delle banche: a quanto ammontano le perdite

Subito dopo l’annuncio della tassa sugli extra profitti, martedì 8 agosto le azioni delle banche europee sono crollate, registrando il più grande calo giornaliero nel settore bancario da marzo, quando il Credit Suisse è precipitato.

Le banche italiane hanno guidato le perdite, sono cioè quelle che hanno perso di più. I due maggiori istituti di credito del paese, Intesa Sanpaolo e UniCredit, sono scesi rispettivamente dell’8,2% e del 7,2%. BPER Banca ha perso  il 10,5% e FinecoBank l’8,8%. Perdite significative anche per Mps (-10,83%), Banco Bpm (-9,09%), Mediolanum (-5,96%). Più caute invece  Banca Generali (-3,14%), Mediobanca (-2,48%) e Banca Sistema (-1,55%), meno Poste (-1,4%).  In termini di capitalizzazione di borsa, comunque, circa 1/3 dalle banche ha perso quasi 9 miliardi (8,96 miliardi di euro per la precisione).

Quali le conseguenze?

Gli analisti di Citi hanno calcolato che la tassa sugli extra profitti potrebbe cancellare fino al 12 percento dagli utili delle banche italiane nel 2023. Bank of America ha stimato proventi compresi tra 2 e 3 miliardi di euro per il governo. Stime queste in linea con quelle confermate da fonti interne a Palazzo Chigi, secondo cui il Tesoro prevede di raccogliere meno di 3 miliardi di euro dalla misura. Ciò sarebbe simile ai 2,8 miliardi di euro raccolti dalla tassa imposta alle società energetiche.  Gli analisti di Jefferies ed Equita hanno stimato invece che il governo potrebbe raccogliere più di 4,5 miliardi di euro dalla tassa, superiore ai 2-3 miliardi di euro suggeriti dai funzionari italiani. Intesa e UniCredit sarebbero i maggiori contributori, dicono gli analisti, ma l’impatto sul capitale sarebbe maggiore sulle banche più piccole.

Il crollo azionario di martedì 8 agosto ha generato però un effetto a catena che si è esteso oltre i confini. Per esempio, la banca tedesca Commerzbank ha riportato un calo di circa il 3,2% e Deutsche Bank ha registrato il 2% in meno. La ricaduta ha avuto conseguenze anche per altre banche, tra cui la francese BNP Paribas e Credit Agricole.

Il vice primo ministro italiano Matteo Salvini ha dichiarato lunedì in conferenza stampa che l’imposta del 40% sui profitti extra delle banche derivanti da tassi di interesse più elevati, pari a diversi miliardi di euro, sarà utilizzata per tagliare le tasse e offrire sostegno finanziario ai titolari di mutui. “Basta guardare agli utili delle banche del primo semestre 2023, frutto anche dei rialzi dei tassi della Banca Centrale Europea, per rendersi conto che non si parla di pochi milioni, ma si può ipotizzare di miliardi” ha detto. “Se [è vero che] il costo del denaro che grava su famiglie e imprese è aumentato e raddoppiato, non è altrettanto raddoppiato quello che viene dato ai correntisti”, ha poi aggiunto lo stesso. Ma i rappresentanti delle banche italiane hanno detto che la tassa sui loro profitti sarà “sostanzialmente negativa” per il settore.

“Si prevede che le banche italiane realizzeranno dal 50 all’80% in più di margine di interesse quest’anno rispetto al 2021” ha affermato un analista di Milano sentito dal Financial Times ma rimasto anonimo. “Tenendo conto di ciò, il prelievo del 40% avrebbe un “impatto devastante [sul capitale] per le banche più piccole“, ha spiegato lo stesso.

Chi perde soldi quando il mercato azionario crolla?

Un crollo del mercato azionario si riferisce a un drastico, spesso imprevisto, calo dei prezzi delle azioni nel mercato azionario. L’improvviso calo dei prezzi delle azioni può essere influenzato da condizioni economiche, eventi catastrofici o elementi speculativi che attraversano il mercato.

Per quanto possa sembra nobile la decisione di prendere dai ricchi (le banche) per dare ai poveri (i titolari di conti corrente e le famiglie che fanno fatica con il mutuo), i crolli del mercato possono durare un solo giorno o molto più a lungo, fino a generare pesanti perdite. Basta pensare a quello che è successo con il crollo del mercato azionario del 1929 o il crollo del mercato azionario di ottobre del 1987, oppure ancora il più recente il crollo del mercato azionario conseguente all’emergenza COVID-19 del 2020.

Se un investitore perde denaro durante un crollo del mercato azionario dipende dai suoi investimenti. Non tutte le azioni scenderanno durante un crollo. La maggior parte degli investitori probabilmente perderà un po’ di denaro se il mercato azionario crolla, ma tali perdite non saranno realizzate fino a quando gli investitori non incasseranno. In ogni caso, però, l’andamento del mercato azionario di un paese è il fattore chiave che può spingere o meno gli investimenti. Di conseguenza, un crollo dello stesso spinge gli investitori a fare un passo indietro.

Gli arresti anomali possono avere un impatto economico diffuso a cascata. Le aziende possono fallire o chiudere completamente se il Paese non è in grado di garantire una certa stabilità economica. Alcuni investitori potrebbero perdere l’intero patrimonio netto in un batter d’occhio, mentre altri potrebbero essere in grado di salvare alcuni o tutti i loro risparmi vendendo azioni prima che i loro prezzi scendano ulteriormente. In definitiva, un crollo del mercato azionario può portare a licenziamenti di massa e conflitti economici.