Autostrade, pedaggi sempre più salati: nuovi rincari da gennaio 2023

Nuovo meccanismo previsto dall’Autorità di regolazione dei trasporti: quali tratte vedranno crescere le tariffe al casello e cosa farà il governo Meloni

Il 2022 sta per essere archiviato, l’anno nuovo è in procinto di iniziare e gli italiani sono alle prese con i festeggiamenti della notte di San Silvestro. La forte preoccupazione dilagante nel Paese a causa delle molte incertezze economiche lascerà spazio, almeno per qualche ora, alla spensieratezza e alla gioia di trascorre l’ultima sera di dicembre attorno alla tavola imbandita, in compagnia di amici e parenti.

Eppure, le novità che interesseranno il 2023 rischiano di generare nuove incognite sulla stabilità finanziaria di milioni di famiglie e migliaia di imprese. Tra i tanti argomenti che interessano le tasche dei cittadini, il tema di maggior dibattito rimane quello legato ai rincari del prezzo dell’energia elettrica che hanno fatto schizzare alle stelle il costo delle bollette. Le risorse stanziate dal governo nella legge di Bilancio aiuteranno gli italiani a superare i primi mesi fino a marzo, ma poi – come ammesso più volte dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti – sarà necessario trovare nuovi fondi.

Tariffe autostradali, come funziona il meccanismo dei rincari sui pedaggi

Oltre agli aspetti affrontati dall’esecutivo all’interno della Manovra (con alcune buone notizie che arrivano soprattutto dal taglio del cuneo fiscale per i lavori dipendenti), c’è un ambito che rischia di tornare di attualità per l’impatto che potrebbe avere sulle risorse degli italiani. Stiamo parlando della questione che riguarda i pedaggi delle autostrade presenti sul nostro territorio nazionale, da sempre uno dei capitoli più discussi dall’opinione pubblica del nostro Paese. In particolare, c’è grande attenzione per capire quali potrebbero essere i rincari delle tariffe al casello e quale effetto provocherebbero sulla spesa degli automobilisti.

Allo stato attuale, la situazione è di fatto congelata dal 2018, quando il crollo del Ponte Morandi di Genova (avvenuto nella mattinata del 14 agosto di quell’anno) portò il primo governo presieduto da Giuseppe Conte a modificare la normativa vigente fino ad allora. In sostanza, l’esecutivo sostenuto da Lega e Movimento 5 stelle decise di interrompere il meccanismo dei rincari automatici su cui, per lunghi anni, si era basato il sistema di sostentamento economico della rete autostradale.

La scelta venne attuata in conseguenza alle aspre polemiche suscitate da buona parte della popolazione nei confronti di Atlantia, azienda per larga parte di proprietà della famiglia Benetton e titolare della concessione per la gestione delle infrastrutture autostradali. La tragedia dello schianto della pila numero 9 che sorreggeva parte del viadotto Polcevera – con il decesso di 43 vittime – fece emergere in maniera palese l’incongruità del sistema: i soldi confluiti nelle casse delle società private avrebbero dovuto essere stanziati per gli interventi di manutenzione, ma in realtà sempre meno risorse venivano destinate ai cantieri per la conservazione e il rafforzamento.

Tariffe autostradali, la situazione di Aspi e la mossa del governo Draghi

In questi quattro anni, dunque, il sentimento avverso nei confronti della situazione ha avuto il sopravvento sulla necessità di innalzare i costi dei pedaggi autostradali. Anche le priorità dei governi sono state altre, a cominciare dall’emergenza pandemica per proseguire con la guerra in corso tra Ucraina e Russia. Oggi però l’ostilità pare essersi affievolita e il tema dell’incremento delle tariffe per chi viaggia è rientrato nell’agenda della politica.

Già durante lo scorso giugno, con Mario Draghi a Palazzo Chigi, l’ipotesi di un ritocco del 1,5% per la rete che fa capo ad Autostrade per l’Italia (Aspi) era stata esplicitata da Roberto Tomasi, amministratore delegato della società, che l’aveva previsto nel piano economico e finanziario dell’azienda. Oggi però, a differenza del periodo fino al 2018, il governo è coinvolto in prima persona nella questione, dato che l’azionista di maggioranza è diventato un ente pubblico, ossia l’impresa partecipata statale Cassa Depositi e Prestiti.

Tariffe autostradali, cosa prevede il nuovo meccanismo per le tariffe

La scorsa estate il provvedimento che avrebbe portato ad un rincaro dei pedaggi è stato poi congelato dall’esecutivo guidato dall’ex capo della Bce. Il motivo – oltre all’impopolarità degli aumenti tariffari – va ricercato nel nuovo sistema di concessioni elaborato dall’Autorità di regolazione dei trasporti (Art), l’ente indipendente fondato nel dicembre del 2011 con sede al Lingotto di Torino. Stiamo parlando di una modifica che riguarderà proprio la rete autostradale gestita da Aspi, con una sola altra eccezione.

Nello specifico, il piano stilato da Art prevede l’introduzione di un nuovo schema di concessione, costituito da un differente meccanismo di adeguamento delle tariffe autostradali. Entrerà in vigore dal 1° gennaio 2023 – come confermato anche dai vertici di Aspi – e riguarderà tutte le tratte di competenza di Autostrade per l’Italia, con l’aggiunta della Tangenziale Esterna Est di Milano, la cosiddetta A58, gestita dalla società Tangenziale Esterna spa del capoluogo lombardo.

Tariffe autostradali, la scelta del governo Meloni e l’opinione del ministro Salvini

Al momento risulta difficile prevedere quale portata avranno gli eventuali aumenti delle imposte per il transito sulla rete autostradale. Un elemento di incertezza è costituito anche da ciò che vorrà fare la maggioranza di centrodestra, con il ministro competente Matteo Salvini che non si è ancora espresso apertamente sulla questione.

Il titolare delle Infrastrutture e dei Trasporti si è sempre detto intenzionato ad abbattere le tariffe e ne ha parlato di recente con i vertici di Anas, ma solo per i pochi tratti di sua competenza, tra cui l’A24 Roma-Teramo e il Grande Raccordo Anulare della Capitale. Inoltre, per i prossimi dodici mesi, il dicastero ha in previsione l’utilizzo di un miliardo di euro per la manutenzione ordinaria e straordinaria di tutta la rete autostradale italiana, mossa che dovrebbe scongiurare almeno una parte dei rincari.

Tariffe autostradali, quali sono le tratte di competenza di Aspi

Ad oggi Aspi – il soggetto che verrebbe interessato maggiormente dall’aumento delle tariffe – controlla direttamente oltre la metà delle reti autostradali italiane. Di seguito vengono elencate nello specifico.

  • A1 – Autostrada del Sole / Milano-Napoli
  • A1 – Variante di Vallico / La Quercia-Aglio
  • A3 / Napoli Salerno
  • A4 – Serenissima / Milano-Brescia ovest
  • A7 – Autostrada dei Giovi / Serravalle Scrivia-Genova ovest dell’autostrada A7
  • A8 / Milano-Varese
  • A8 / Gallarate-innesto con A26
  • A9 / Lainate-Ponte Chiasso
  • A10 / Genova-Savona
  • A10 / Firenze-Pisa nord
  • A12 / Civitavecchia-Roma
  • A13 / Bologna-Padova
  • A14 / Bologna-Taranto
  • A16 / Napoli nord-Canosa di Puglia
  • A23 / Udine nord-Tarvisio
  • A26 / Genova Voltri-Innesto SS 33
  • A26 / diramazione A4 Stroppiana-Santhià
  • A26 / diramazione A7 Predosa-Bettole di Tortona
  • A27 / innesto A57-Pian di Vedoia
  • A30 / Caserta-Salerno

Le altre tratte d’Italia (A2, A19, A20, A24, l’Autostrada Catana-Siracusa, il Grande Raccordo Anulare di Roma e i raccordi secondari) sono in mano ad Anas, mentre tutti i tragitti rimanenti sono gestiti da diverse società locali.