La filiera agroalimentare italiana, dalla produzione agricola, all’industria di trasformazione fino alla distribuzione, si sta fermando. E le conseguenze economiche e sociali che ci attendono sono drammatiche. A lanciare l’allarme sono Coldiretti e Filiera Italia in una lettera inviata al premier Draghi e ai ministri Giorgetti, Cingolani, Franco e Patuanelli.
L’esplosione dei costi dell’energia, come conseguenza alla guerra della Russia in Ucraina, unitamente alla crisi climatica che ha fatto lievitare i prezzi questa estate, stanno letteralmente piegando la nostra economia. I numeri del settore sono impietosi: oltre 70mila imprese agricole, circa il 10% del totale, stanno continuando a lavorare in perdita e presto potrebbero essere costrette a chiudere a causa dell’impennata dell’inflazione.
Stessa sorte per circa 20mila aziende, soprattutto PMI, della trasformazione alimentare, con conseguenze sull’occupazione sempre più gravi, come evidenzia già adesso la costante crescita del ricorso alla cassa integrazione in una filiera che ha oltre 4 milioni di occupati.
In campo agricolo, c’è in particolare un mercato che nel nostro Paese rischia di esplodere: oltre a quello del latte e a quello del pane, si tratta di quello – storicamente fiorentissimo e fiore all’occhiello del Made in Italy – dell’olio di oliva.
Quanto vale il mercato dell’olio d’oliva in Italia
L’Italia possiede il più ricco patrimonio di varietà di olii a livello mondiale, con 533 varietà di olive coltivate dalle Alpi alla Sicilia, per un totale di 250 milioni di piante dalle quali nasce il maggior numero di oli extravergine a denominazione in Europa, con 42 Dop e 7 Igp, oltre a decine di produzioni a km zero legate ai territori.
Piante che tutelano l’ambiente e la biodiversità, ma anche un sistema economico che vale oltre 3 miliardi di euro grazie al lavoro di un sistema di 400mila imprese tra aziende agricole, frantoi e industrie di trasformazione.
L’Italia è anche fra i primi tre maggiori consumatori di olio extravergine di oliva al mondo, con circa 480 milioni di chili, subito dopo la Spagna e prima degli Stati Uniti, e rappresenta il 15% dei consumi mondiali.
Gli italiani usano in media 8 chili a testa di olio extravergine di oliva e ogni famiglia spende in media 117 euro all’anno per acquistare olio d’oliva, che è anche l’alimento più popolare sulle tavole nazionali, addirittura più di pane e pasta, utilizzato da oltre il 97% degli italiani nell’ultimo anno.
Tagli alla produzione dell’olio: cosa succede
Ma ciò a cui stiamo assistendo ora è il crollo della produzione nazionale di olive, a causa della quale rischia di sparire letteralmente dai supermercati circa 1 bottiglia su 3 di olio extravergine.
Il dato emerge dal report “2022, la guerra dell’olio Made in Italy” pubblicato da Coldiretti e Unaprol e diffuso proprio in questi giorni in occasione dell’avvio della raccolta delle olive 2022/2023.
La raccolta delle olive inizia dalla Sicilia per poi risalire lo Stivale fino a Nord, dove l’ulivo con i cambiamenti climatici è arrivato fino alle vallate alpine: qualcosa di impensabile fino a pochi anni fa, e oggi divenuto realtà.
La produzione in Sicilia è crollata attorno ai 330 milioni di chili di olio prodotto. Anche nelle altre storiche regioni dell’olio evo, Puglia e Calabria, che da sole rappresentano circa il 70% della produzione olivicola nazionale, la situazione è allarmante.
Specialmente in Puglia, cuore dell’olivicoltura italiana, avverte Coldiretti, si rischia un taglio fino al 50% a causa prima delle gelate fuori stagione in primavera e poi della siccità. Per non parlare del dramma della perdita di terreno in numerose zone del Salento a causa della Xylella, che ha bruciato un potenziale pari al 10% della produzione nazionale.
Nelle regioni centrali, come Lazio e Toscana, l’andamento è a macchia di leopardo con un leggero rialzo della produzione rispetto all’anno precedente, stimabile tra il 10 e il 20%. Sembra andar meglio invece nel resto d’Italia con il Nord, che segna un aumento produttivo attorno al 40-60% fra Liguria, Lombardia e Veneto.
Perché l’olio d’oliva rischia di sparire
La mazzata, spiega Coldiretti, con un taglio alla produzione stimato del 30%, è arrivata con la siccità devastante che abbiamo vissuto questa estate, la più calda degli ultimi 500 anni, che – dicono le previsioni degli esperti – potrebbe diventare la norma a partire dal 2035.
Le temperature bollenti, che hanno portato a una ondata si siccità che non si vedeva da 70 anni, ha messo in stress idrico gli uliveti, danneggiando prima la fioritura e poi le gemme, soprattutto in quelle zone dove non si è potuto intervenire con le irrigazioni artificiali.
Aumento dei costi dell’energia e delle materie prime
Il problema è anche che diverse aziende hanno deciso di non intervenire per gli elevati costi di carburante, elettricità, service e prodotti di supporto alla nutrizione dei terreni.
Con l’esplosione dei costi, aumentati in media del 50% nelle aziende olivicole – evidenziano Coldiretti e Unaprol nella loro analisi – quasi 1 su 10, cioè il 9% del totale, lavora in perdita ed è a rischio chiusura, secondo dati Crea.
A pesare, in particolare i rincari diretti e indiretti determinati dall’energia:
- +170% per i concimi
- +129% per il gasolio nelle campagne
- +30% per il vetro
- +35% per le etichette
- +45% per il cartone
- +60% per i barattoli di banda stagnata
- +70% per la plastica.
Olivicoltori e frantoiani sono costretti infine a fronteggiare l’incremento dell’elettricità, i cui costi sono aumentati di almeno 5 volte.
Truffe al Made in Italy e Nutri-score
A mettere ulteriormente a rischio la produzione nazionale dell’olio d’oliva, oltre ai ripetuti tentativi di truffa ai danni del Made in Italy, c’è poi anche Nutri-score, il sistema di etichettatura che le associazioni di categoria definiscono “fuorviante, discriminatorio ed incompleto”, perché finisce paradossalmente per escludere dalla dieta alimenti sani e naturali proprio come l’olio d’oliva, pilastro assoluto della dieta mediterranea conosciuta in tutto il mondo grazie ai benefici per la salute. E premiare invece cibi discutibili, come le patatine fritte che sarebbero più salutari proprio dell’olio evo.
Con i prezzi alle stelle delle materie prime per le imprese, la batosta arriva dritta anche per le famiglie nel carrello della spesa: per l’olio extravergine d’oliva si attendono forti rincari sugli scaffali in autunno con l’arrivo delle nuove produzioni.
Tutti i dati negativi sulla filiera dell’olio extravergine d’olia cozzano, tuttavia, con gli ottimi risultati che la filiera dell’olio d’oliva registra nell’export. Nonostante infatti cambiamento climatico e impatto della batosta sui prezzi dell’energia, il valore delle esportazioni di olio evo italiano sono cresciute di ben il 23%.