La Commissione europea, con le previsioni economiche di primavera, ha tracciato un quadro di crescita rallentata per l’Italia e l’intera Unione Europea rispetto a quanto stimato nello scorso autunno. A pesare sono principalmente l’indebolimento del commercio globale, le tensioni politiche internazionali e le relazioni commerciali tese con gli Stati Uniti.
Nel complesso, la crescita dell’economia dell’UE si conferma su basi più deboli rispetto alle attese, con un’inflazione in calo ma una dinamica complessa tra riduzione del deficit e aumento del debito. In parallelo, il mercato del lavoro resta stabile, anche se condizionato dalle incertezze globali.
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Pil dell’Italia a rilento: le cause
Secondo la Commissione europea, la crescita del Pil italiano sarà contenuta nei prossimi anni. Per il 2025 è prevista una crescita dello 0,7%, mentre nel 2026 si attesterà allo 0,9%. Queste stime rappresentano una revisione al ribasso rispetto alle previsioni autunnali, che indicavano una crescita dell’1% nel 2025 e dell’1,2% nel 2026.
Il deficit pubblico italiano è atteso in graduale riduzione: dal 3,4% del Pil nel 2024, al 3,3% nel 2025 e al 2,9% nel 2026. Nonostante questa discesa, il debito pubblico è previsto in aumento, passando dal 135,3% del Pil nel 2024 al 138,2% nel 2026. Questo incremento è dovuto, secondo Bruxelles, anche all’impatto ritardato dei bonus casa che hanno inciso sul disavanzo fino al 2023.
Il Pil dell’area euro
Le previsioni di primavera evidenziano una riduzione delle prospettive di crescita anche per l’Eurozona e l’intera UE. Il Pil dell’area euro è stimato in aumento dello 0,9% nel 2025 e dell’1,4% nel 2026, rispetto all’1,3% e 1,6% previsti in autunno. Per l’intera Unione Europea, le stime si attestano sull’1,1% nel 2025 e sull’1,5% nel 2026.
La Commissione ha sottolineato che questi dati rispecchiano l’indebolimento delle prospettive commerciali globali e una maggiore incertezza sulle politiche commerciali. Nel rapporto si legge che “i rischi per le prospettive sono orientati al ribasso” e che “un’ulteriore frammentazione del commercio globale potrebbe mitigare la crescita del Pil e riaccendere le pressioni inflazionistiche”.
Tra le ipotesi considerate, figura anche l’applicazione da parte degli Stati Uniti di dazi del 10% sulle merci europee, con esclusioni solo per acciaio, alluminio e automobili (che restano soggette al 25%). Bruxelles segnala però anche possibili fattori positivi, come “un’ulteriore distensione delle tensioni commerciali tra Ue e Usa” o “una più rapida espansione degli scambi con altri Paesi, anche grazie a nuovi accordi di libero scambio”.
L’inflazione è prevista in calo: nell’Eurozona passerà dal 2,4% del 2024 al 2,1% nel 2025 e all’1,7% nel 2026. A livello di Ue, l’inflazione potrebbe scendere sotto il 2% già nel 2026, sostenuta dalla discesa dei prezzi energetici e dal rafforzamento dell’euro.
Il mercato del lavoro e i principali indicatori
Il mercato del lavoro nell’Ue resta nel complesso stabile, nonostante le tensioni commerciali e l’incertezza politica internazionale. Secondo la Commissione, nel primo trimestre del 2025 l’economia dell’Ue ha registrato una crescita dello 0,3%, mantenendo una dinamica moderata ma positiva, dopo lo 0,4% del trimestre precedente.
A livello globale, la crescita dell’economia al di fuori dell’Ue è prevista al 3,2% tra il 2025 e il 2026, in calo rispetto al 3,6% stimato in precedenza. In questo contesto, le esportazioni Ue cresceranno solo dello 0,7% nel 2025, trainate principalmente dai servizi.
Gli investimenti, dopo un calo dell’1,8% nel 2024, dovrebbero aumentare dell’1,5% nel 2025 e del 2,4% nel 2026. La ripresa sarà sostenuta anche dai fondi europei come il Recovery Fund e il Fondo di coesione.