Caos ai seggi delle europee a Roma, il server andato in tilt costa 40 milioni all’anno

Un software che costa al Comune 40 milioni all'anno è il colpevole del grande caos di Roma, con i risultati delle europee che tarderanno ad arrivare e dovranno subire un riconteggio

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

Delle elezioni europee e dei risultati ottenuti si parlerà di certo ancora a lungo, soprattutto a Roma dove le operazioni di scrutinio andranno ancora avanti per qualche giorno. A causa di un problema al sistema digitale, infatti, le operazioni di conteggio e immissione dei dati hanno subito un rallentamento, costringendo di fatto a contare “alla vecchia maniera” tutte le schede. Una situazione che ha creato parecchio imbarazzo nella Capitale, soprattutto perché il server che avrebbe dovuto gestire la trasformazione digitale del risultato del voto costa ogni anno circa 40 milioni di euro.

Caos elezioni, sistema in tilt a Roma

Sembrava poter essere un guasto momentaneo, con l’impossibilità di accedere al server del Dipartimento Trasformazione Digitale per caricare i risultati di ciascuna sezione elettorale che non preoccupava. Ma ben presto a Roma ci si è resi conto che il danno era più grande di quanto previsto, con un ko informatico che è diventato motivo di imbarazzo per tutti in sede di scrutinio delle elezioni europee. Ma cos’è successo?

Dopo aver chiuso le operazioni di voto e aver iniziato a immettere i dati nel sistema digitale, quello che li trasmette al Viminale, solo 800 sezioni sono andate lisce. Successivamente, infatti, il sistema ha cominciato a fare i capricci, fino al ko definitivo. Il software, infatti, è andato in crash, rendendo di fatto impossibile inserire i dati del voto nel sistema digitale, rallentando di fatto l’arrivo dei risultati dai seggi.

Nel giro di qualche ora è stata trovata una soluzione per tamponare una situazione delicata, con le schede restanti che sono state trasportate in Fiera e, con l’aiuto di centinaia di dipendenti, si è proceduto a inserire manualmente ogni scheda attraverso le centinaia di postazioni digitali create in fretta e furia.

Il conteggio è terminato nella giornata di lunedì, ma non senza problemi. Infatti, 78 sezioni sarebbero irregolari, in quanto sarebbero emerse incongruenze tra voti e votanti nei verbali (più voti di quelli reali) o verbali consegnati in bianco. Una situazione che porterà a un riconteggio.

Un flop da 40 milioni

Un riconteggio che, di norma, spetterebbe alla Corte d’Appello che di solito entra in scena per le schede contestate o i ricorsi. Un riconteggio che poteva essere evitato, con un sistema che ha fatto flop. E in tanti sapevano che il rischio si sarebbe potuto correre, ma avrebbero preferito tacere.

Il software, gestito dal Dipartimento Trasformazione Digitale che opera sotto il diretto controllo del Direttore Generale del Comune, non è nuovo a guai che ingolfano il corretto esercizio della Pubblica Amministrazione. Un sistema che, lo ricordiamo, costa ogni anno 40 milioni di euro.

La brutta figura elettorale ha fatto accendere le luci dei riflettori sul Comune di Roma, che ha omesso di svelare il prezzo che paga per l’appalto dei Servizi Digitali: milioni in “fumo” per la gestione del software Sipo che ha creato imbarazzo.

Per funzionare ha infatti bisogno di server molto potenti e che, se non ha a disposizione un’infrastruttura tecnologica capace di rispondere alle esigenze, va in crash e si inchioda. Ed è quello che è successo e soprattutto quello che si era verificato già più volte in passato, dato che Sipo è lo stesso software in uso ai Sistemi Anagrafici del Comune che da mesi sta rallentando le Carte d’identità. Insomma, un flop quasi annunciato e che in tanti speravano non si verificasse.