Ponte sullo Stretto di Messina, la class action per fermare i lavori presenta il ricorso

Sono 104 le persone che hanno dato vita a una class action contro il Ponte sullo Stretto di Messina: progetto vecchio e privo del rispetto dei requisiti ambientali, strutturali ed economici.

Foto di Riccardo Castrichini

Riccardo Castrichini

Giornalista

Nato a Latina nel 1991, è laureato in Economia e Marketing e ha un Master in Radio, Tv e Web Content. Ha collaborato con molte redazioni e radio.

Pubblicato: 18 Giugno 2024 21:36

Una class action di centoquattro persone ha presentato un ricorso alla Sezione Imprese del Tribunale di Roma contro la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. Il gruppo, nello specifico, ha dato vita a un’azione inibitoria contro la Stretto di Messina Spa, chiedendo al giudice di accertare le responsabilità della società e l’ingiusto danno causato “per la violazione del dovere di diligenza, correttezza e buona fede” dalla realizzazione dell’opera. Il gruppo, il cui numero è simbolico in quanto i richiedenti sarebbero molti di più, spinge il proprio operato con la motivazione che non vi sia una reale interesse strategico alla realizzazione del ponte che si è dimostrata essere “non fattibile sotto i profili ambientali, strutturali ed economici”.

La class action contro il Ponte sullo Stretto

Il ricorso è stato presentato in via telematica dagli avvocati scelti dalla class action lo scorso 13 giugno, con i ricorrenti che sostengono che il decreto Ponte sia costituzionalmente illegittimo e contrario alla normativa europea. Il gruppo rivolge un’accusa diretta alla Stretto di Messina Spa, denunciando la presunta violazione di norme interne, comunitarie e internazionali.

L’obiettivo dichiarato di questa class action è ottenere la cessazione immediata “di ogni atto o comportamento pregiudizievole dei diritti e degli interessi collettivi e diffusi e giuridicamente protetti, di ogni attività tendente all’approvazione del progetto definitivo ed esecutivo, di ogni comportamento relativo al riavvio dell’attività di progettazione dell’opera” svolti dalla società Stretto di Messina. Tale scelta dovrebbe portare per la class action alla fine “di ogni attività negoziale, della stipula di atti aggiuntivi, unilaterali e contrattuali, onerosi e non e di ogni deliberazione del CdA, di ogni atto o documento prodotto nel procedimento innanzi alla Commissione Via Vas e alla Conferenza dei servizi e ordinare la cessazione di ogni attività connessa e conseguente idonea a reiterare la condotta pregiudizievole degli interessi collettivi e omogenei meritevoli di tutela e vietarne la reiterazione”.

Il ricorso, come detto, è stato depositato al Tribunale di Roma, e si attende la fissazione dell’udienza.

La denuncia di scarsa trasparenza

La decisione degli oppositori alla realizzazione del Ponte sullo Stretto fa riferimento anche alla scarsa trasparenza del progetto, i cui documenti riportano delle tabelle sull’aggiornamento dello studio del traffico “materialmente non leggibili per problemi di caratteri”. La richiesta alla società è dunque quella di produrre “un documento revisionato”. Per la class action si tratta di “una parte rilevante del progetto e che ha un peso specifico ineludibile nell’analisi costi-benefici dell’opera. D’altronde i flussi di traffico stimati (o reali) sono un indicatore rilevante per tutte le infrastrutture stradali: si tratta di numerini che registrano una variabilizzazione dei corrispettivi dovuti allo Stato, parliamo ad esempio dei canoni di concessione che hanno tutti i gestori autostradali, che sono appunto in funzione dell’effettivo andamento del traffico”.

Un progetto vecchio che non convince

Nel ricorso presentato dalla class action contro il Ponte sullo Stretto di Messina si fa anche riferimento a un progetto vetusto, con specifico dettaglio anche sulle carenze dello stesso già evidenziate in passato. Viene citata la decisione della Commissione di esperti del Mit che nel 2021 in una relazione indicava che fosse necessaria una soluzione alternativa a quella del ponte a unica campata, visto che le attuali tecnologie non permettono la realizzazione di un’infrastruttura di questo tipo. Altro riferimento è fatto alla ricerca condotta dalle Università di Catania e Kiel che riporta di una faglia attiva di 34,5 km e mai mappata lungo lo stretto di Messina. Questa avrebbe deformato il fondale marino e potrebbe portare a terremoti di magnitudo 7,1.