Pietro Barilla e la lotta per la sua azienda: a un passo dall’America

Il ricordo della battaglia di Pietro Barilla contro tutto e tutti, pur di tutelare l'italianità del celebre marchio Barilla nel mondo

Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato

Giornalista

Giornalista pubblicista e copywriter, ha accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. È esperto in materie economiche.

La storia di Barilla è decisamente interessante, ma soprattutto meno lineare e “semplice” di quanto ci si possa aspettare. In una fase in particolare il suo fondatore, Pietro Barilla, ha dovuto lottare con tutte le sue forze per riuscire a mantenere italiana questa creatura societaria tanto importante.

Oggi è ancora un vanto nostrano ed è merito di quello sforzo enorme, raccontato nei dettagli da suo figlio Luca Barilla, oggi vicepresidente del gruppo insieme al fratello Paolo. Il presidente è invece oggi Guido Barilla.

Barilla in vendita

Nel 1971 Pietro Barilla si ritrovò quasi costretto a vendere la propria amata azienda agli americani. Il motivo è da rintracciare nella scelta di suo fratello Gianni. Questi era socio al 50% e decise di cedere la propria quota.

Luca Barilla racconta di come il padre non avesse il denaro sufficiente per poter rilevare la parte del fratello, risultando così l’unico proprietario. Per questo motivo la compagnia divenne in parte a stelle e strisce.

A vendita avvenuta, però, l’imprenditore non smise di pensare al modo in cui avrebbe potuto rendere nuovamente italiano al 100% questo marchio. Gli ci vollero otto anni per riuscire in questa impresa, che fu tutt’altro che semplice.

La ricompra di Barilla

Non aveva i soldi e nessuno voleva prestarglieli”. Pietro Barilla, per quanto assurdo possa sembrare, veniva considerato un “folle”. Parla così suo figlio Luca, intervistato per il libro sulla leadership di Filippo Poletti.

Il periodo storico era di quelli particolarmente difficili e nessuno comprendeva questa sua necessità. Rischiare così tanto negli “anni di piombo” non era decisamente fiscalmente consigliato. Al di là dei tanti ventri contrari, però, l’uomo riuscì infine a ottenere i finanziamenti dalle banche (plurale). Mise tutto se stesso in questo progetto, completato nel 1979, impegnando qualsiasi cosa avesse. Rischiò la stabilità della propria famiglia. Una sorta di scommessa, se vogliamo, che lo spinse a impegnare anche le due case possedute.

Una scommessa decisamente vinta, la sua. Pietro Barilla ha sempre creduto in quest’eredità e non avrebbe permesso a nessuno di sottrarla alla sua famiglia. Dello stesso parere i suoi figli, evidentemente, totalmente immersi in questo mondo.

A dimostrazione di quanto fosse impegnato nel progetto, nel 1968, tre anni prima della vendita forzata, aveva inaugurato il moderno stabilimento di Pedrignano. Ciò a evidenziare quanto la scelta di suo fratello fosse giunta come un fulmine a ciel sereno. L’uomo ha scelto rapidamente di fare un passo indietro, spaventato dal periodo di crisi dell’industria italiana. La Barilla ha vacillato e così ecco l’iniezione economica americana, mal vista da Pietro.

A intervenire è la multinazionale Grace, che l’imprenditore ha tentato in ben due occasioni di spingere via. Nel 1978 fu una missione fallita, dal momento che la cifra da versare risultò essere troppo alta. A luglio 1979, invece, riuscì a riconquistare il controllo totale. Un rischio enorme, che lo ha però ripagato in pieno. Nello stesso anno, infatti, fondò le consociate Barilla France, Barilla España e Barilla Deutschland.