Meloni: meno sovranismo, più agenda Draghi. Cosa ha detto a Cernobbio

La leader di Fratelli d'Italia ribadisce il no allo scostamento di bilancio proposto da Salvini. E con Draghi il clima è più che cordiale.

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Paolo Viganò

Giornalista di attualità politico-economica

Classe 1974, giornalista professionista dal 2003, si occupa prevalentemente di politica, geopolitica e attualità economica, con diverse divagazioni in ambito sportivo e musicale.

Matteo Salvini “armato” di slides torna a parlare di flat tax, propone di spostare a Milano il ministero dell’Innovazione e soprattutto, dopo le polemiche, spiega la sua posizione critica sulle sanzioni verso la Russia, che considera deleterie per la nostra economia. Giorgia Meloni prova al contrario a rassicurre il mondo dell’economia ribadendo il proprio No allo scostamento di bilancio chiesto dal leader leghista confermando un approccio sempre meno sovranista e sempre più ‘draghiano’ in vista delle elezioni politiche del 25 settembre. Una divisione tangibile emersa con forza durante il Forum Ambrosetti a Cernobbio, sul lago di Como.

“No a un nuovo scostamento di bilancio perché siamo indebitati oltremisura – chiarisce la leader di Fratelli d’Italia – ma penso si possa provare a parlare con l’Europa per perfezionare il Pnrr e usare le risorse della nuova programmazione europea. Non è impossibile, è previsto”.

Il siparietto

Quando Matteo Salvini lancia bordate contro le sanzioni alla Russia, Giorgia Meloni si mette le mani sugli occhi, in chiaro dissenso. Lui insiste sul sì allo scostamento di bilancio, subito, almeno 30 miliardi per aiutare le imprese. E sul sì alla flat tax, anche ai dipendenti. Lei lancia una stoccata sulla flat tax al 15% propagandata dall’alleato (“non faccio promesse che non posso mantenere, bisogna considerare i conti pubblici”) e rimarca che uno scostamento di bilancio è difficile, a questi livelli d’indebitamento.

Atlantismo e agenda Draghi

Come abbiamo avuto modo di spiegare, alla Meloni serve un garante in Europa come Mario Draghi per superare gli attriti del passato con Bruxelles e ‘rassicurare’ gli ambienti politici ed economici dell’Unione, e a Draghi potrebbe convenire mantenere buoni rapporti con la leader del partito probabilmente più votato alle prossime elezioni per restare in campo, da ministro o da futuro Presidente della Repubblica, come ipotizza il sito Dagospia.

Ecco perché, oltre che sullo scostamento di bilancio, la Meloni prende decisamente le distanze da Salvini e Berlusconi anche sulla fedeltà atlantica e sulle sanzioni alla Russia, crtiticate sia da Lega che da Forza Italia.

Secondo Meloni “se l’Italia domani non mandasse più armi e non partecipasse più alle sanzioni, che cosa farebbe il resto dell’Occidente? Niente, continuerebbe a mandare armi. E’ la nostra posizione che stiamo decidendo, la nostra credibilità. Se domani l’Italia si sfilasse dai suoi alleati, per l’Ucraina non cambierebbe niente, ma per l’Italia cambierebbe moltissimo. Una nazione seria che vuole difendere i suoi interessi deve avere una postura credibile”.

Niente sconti alla Russia (e alla Cina)

“Indipendentemente da quanto durerà questa guerra, la divisione fra blocchi durerà. Sono convinta che il conflitto in Ucraina sia la punta dell’iceberg di un conflitto molto più ampio il cui obiettivo è la revisione degli assetti mondiali. Se l’Ucraina cade e l’Occidente perisce, il grande vincitore non sarà la Russia di Putin, ma la Cina di Xi Jinping. E chi è più debole in Occidente, segnatamente l’Europa, rischia di trovarsi sotto l’influenza cinese. Quindi bisogna combattere questa battaglia”.

Dialogo aperto con Bruxelles

Senza risparmiare critiche all’Unione Europea, come sull’eccessiva timidezza sull’introduzione di un tetto al prezzo del gas, Meloni ha aperto all’interlocuzione con Bruxelles sull’utilizzo dei fondi della programmazione europea contro il caro energia e sul “perfezionamento” del Pnrr. Ma, tema caro al mondo economico italiano e agli osservatori internazionali, ha chiuso all’ipotesi di uno scostamento di bilancio per sostenere famiglie e imprese colpite dall’impennata dei prezzi dell’energia.

Il nodo ministri

Come anticipato, la Meloni cercherà anche la distensione con Quirinale con nomi ‘affidabili’ in ambito internazionale per quanto riguarda i quattri ministeri chiave (Economia, Difesa, Interni, Esteri), cosa che finirebbe per escludere Salvini dalla corsa al Viminale, cui il leader leghista non vuole rinunciare. Sarà con tutta probabilità questo il primi scontro nella nuva eventuale maggioranza.